23 Novembre 2021

Valcepina (FdI): si accelleri il rinnovo e riordino delle concessioni gratuite per i dehors

“Si sta prolungando ben oltre il dovuto la Commissione Sviluppo Economico, nella quale si dovrebbe decidere se prorogare oltre la scadenza del 31 dicembre le concessioni gratuite per posizionare dehors e tavolini esterni, date a bar e ristoranti in seguito all’emergenza covid”, lo scrive in una nota Chiara Valcepina Consigliere Comunale di Fratelli d’Italia. “Si fa sempre più impellente – continua la Valcepina – la necessità di conciliare le esigenze dei commercianti che, in questo momento di crisi, non possono sostenere né un calo della clientela, né un aggravio di spese, e quelle dei cittadini, che chiedono sia posto un limite all’occupazione dei marciapiedi e, in particolare, alla sottrazione di posti auto”. “Temi che andavano affrontati per tempo – aggiunge la Valcepina – con un confronto in Consiglio Comunale, dopo avere sentito il parere dei municipi, prime sentinelle del territorio, che invece saranno probabilmente liquidati con una delibera di Giunta scaturita dalla discussione avvenuta in commissione”. “Per questo – conclude la Valcepina – ho presentato una mozione utile a sviluppare un dibattito fra tutti i consiglieri, in modo che alla Commissione arrivi anche il loro parere. Iniziativa mutuata dai colleghi Edoardo Bertolotti (Municipio 2), Gabriele Pandolfino (Municipio 4), Carlo Marnini (Municipio 5) e altri che auspico si aggiungeranno, per fare arrivare a Palazzo Marino anche l’opinione dei territori”. “Quella in favore dei commercianti è stata una battaglia che ho sostenuto da semplice cittadino – aggiunge Edoardo Bertolotti – mi è sembrato logico darvi seguito ora che sono consigliere di Municipio, soprattutto in vista di quanto potrebbe accadere nei mesi più freddi dell’anno”, “Da sanitario conosco l’importanza del distanziamento – gli fa eco Gabriele Pandolfino – per questo mi sembra doveroso spendersi per favorire l’aumento degli spazi disponibili nei locali pubblici, tenendo anche conto della presenza di quanti per motivazioni mediche o personali non hanno aderito alla campagna vaccinale”. “Ritengo – conclude Carlo Marnini – che il comune abbia il dovere morale di sostenere i negozianti prorogando la sospensione del pagamento della tassa sull’occupazione del suolo pubblico in un periodo ancora difficile dovuto alle conseguenze della pandemia da covid 19 e dal prolungamento dello stato d’emergenza”.

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Gli aiuti per la torre bruciata di via Antonini bloccati dalla burocrazia

Gli aiuti per la torre bruciata di via Antonini bloccati dalla burocrazia. Sembra assurdo, ma è così a sentire gli inquilini della torre di via Antonini? Ricordate? Era la torre bruciata in pochi minuti a fine agosto a Milano. Solo per una serie di miracoli concatenati non è stata una strage come alla Grenfell tower di Londa. Ma ottanta famiglie sono comunque rimaste per strada. Benestanti con una casa normale un giorno, senza tetto il giorno successivo. Gli inquilini del condominio in questi giorni hanno anche avuto la brutta notizia di dover pure pagare una multa ad Atm perché a causa dell’incendio è stato necessario spostare una fermata dell’autobus con annessi e connessi. Assurdo? No, è la burocrazia bellezza. Da quando hanno chiesto aiuto alle istituzioni i residenti di via Antonini 32 sono entrati in una sorta di limbo che tocca chiunque vanti un qualsiasi credito con la PA. Perché quando li devi tu agli enti pubblici o paghi quando dicono loro o sono guai grossi, invece quando la situazione si inverte non c’è fretta. E soprattutto è essenziale rispettare una miriade di leggi che se minimamente eluse fanno rischiare al dipendente pubblico anni e anni di carcere. Oltre ovviamente a una vita rovinata per sempre per aver sbagliato a compilare un modulo. E dunque ecco che non succede nulla, si aspetta. Ma può esser che gli aiuti per la torre bruciata di via Antonini bloccati dalla burocrazia? Come mai non c’è un politico che possa farsi carico del problema, anzi degli eventuali problemi connessi alla soluzione del problema? Per il momento non sembra perché la giunga delle leggi italiane spaventerebbe persino il leone più coraggioso della foresta.

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Verso Digital Compass 2030: “L’Età Ibrida della Pubblica Amministrazione – L’innovazione come metodo”

Verso Digital Compass 2030: “L’Età Ibrida della Pubblica Amministrazione – L’innovazione come metodo”. Il continuo e progressivo investimento nella digitalizzazione dei servizi pubblici come chiave per la semplificazione e sburocratizzazione della vita amministrativa delle imprese, in linea con gli obiettivi perseguiti e sostenuti dal PNRR e da Digital Compass 2030, trova riscontro nel sentiment di imprenditori e professionisti, che conferma la volontà di proseguire lungo il percorso di digitalizzazione dei servizi, intrapreso da tempo dalla Camera di commercio e per cui la pandemia ha fatto da acceleratore. Stando all’indagine promossa dall’Ente e somministrata ai suoi utenti, l’82% dei rispondenti è, infatti, favorevole alla digitalizzazione dei servizi e il 65% di chi già conosceva i servizi on line vorrebbe digitalizzare altre attività rispetto a quelle già presenti. Pandemia e restrizioni hanno certamente influito sulle abitudini di imprenditori e professionisti: se l’80% già conosceva i servizi on line e il 60% degli utenti li utilizzava prima di Covid-19 con la stessa frequenza di oggi, l’emergenza sanitaria ha spinto il 10% delle imprese rispondenti a digitalizzare per la prima volta le proprie attività mentre il restante 30%, delle imprese che già dialogava digitalmente con l’Ente, ha incrementato l’utilizzo dei servizi in rete. L’on line ha facilitato la gestione delle proprie esigenze per il 70% degli utenti, in primo luogo per gestire le procedure e consultare l’avanzamento delle pratiche in tempo reale; quindi, per comunicare con i diversi Enti da un unico punto di accesso, infine per ottenere in modo immediato indicazioni chiare e aggiornate su come portare a termine una specifica attività e per ricevere informazioni, aggiornamenti, notizie su opportunità dedicate. Pensando al futuro degli sportelli fisici, tra le attività alle quali imprese e professionisti non vorrebbero rinunciare “in presenza” ci sono, al primo posto, assistenza e tutoraggio dedicati proprio ai servizi digitali per apprenderne il funzionamento, quindi iniziative di formazione e apprendimento su tematiche di interesse e incontri di networking per confrontarsi su tematiche comuni del fare impresa. È quanto emerge da una indagine condotta dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi che ha coinvolto circa un migliaio di utenti dei servizi dell’Ente. Sentiment e desiderata degli utenti sono in linea con quanto rilevato dai numeri registrati dai Servizi on line: da gennaio a ottobre 2021 sono state circa 107mila le richieste di imprenditori e cittadini gestite digitalmente da Camera di commercio: +63% rispetto allo stesso periodo del 2019. Di innovazione e digitalizzazione dei servizi pubblici rivolti a cittadini e imprese si è parlato in occasione di “L’Età Ibrida della Pubblica Amministrazione – L’innovazione come metodo”, tenutosi lunedì 22 novembre presso il rinnovato Salone della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi di via Meravigli a Milano. Sono intervenuti: il Presidente Carlo Sangalli, il Segretario generale Elena Vasco, Roberta Cocco consulente del Ministro per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao, Simone Frigerio General Manager Gruppo Frigerio e Paolo Iabichino Direttore Creativo e Fondatore Osservatorio Civic Brands con Ipsos Italia. “L’emergenza sanitaria, oltre ai danni umani e materiali, ha provocato anche una accelerazione di alcuni processi innovativi come la digitalizzazione. Se prima, infatti, il digitale era un’opportunità per crescere, con la pandemia è diventato indispensabile per sopravvivere e superare la crisi – ha dichiarato Carlo Sangalli Presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi – Ed è per questo che la Camera di commercio sta investendo sempre più nella digitalizzazione con l’obiettivo di potenziare e semplificare i servizi destinati alle imprese. Lo dimostra – ha continuato Sangalli – il nuovo Salone con lo sportello “ibrido”, umano e digitale che, grazie a processi organizzativi innovativi, è in grado di offrire servizi sempre più efficienti, veloci e accessibili.”   “Oggi anche in considerazione delle trasformazioni digitali che riguardano l’intero Paese che saranno ulteriormente sostenute dal PNRR e da Digital Compass 2030, abbiamo due sfide importanti – ha dichiarato Elena Vasco Segretario generale della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi – In primo luogo, un continuo e progressivo investimento nella digitalizzazione dei servizi pubblici, come chiave per la semplificazione e sburocratizzazione della vita amministrativa delle imprese. Al tempo stesso, siamo chiamati a creare nuove occasioni di incontro ad alto valore aggiunto per imprese e professionisti all’interno di spazi che, sfruttando le dotazioni logistiche e tecnologiche innovative come il nuovo Salone, possano diventare luoghi ibridi, in cui digitale e fisico si integrano e generano nuove opportunità per le imprese.” i numeri dei servizi on line della camera di commercio di milano monza brianza lodi Da gennaio a ottobre 2021 sono state circa 107mila le richieste di imprenditori e cittadini gestite digitalmente da Camera di commercio: +63% rispetto allo stesso periodo del 2019. Un aumento che, seppure accelerato dalle restrizioni Covid, rappresenta una tappa importante nel percorso di digitalizzazione dei servizi dell’Ente, percorso finalizzato a costruire un dialogo digitale con gli utenti e integrato da un parallelo ripensamento degli spazi fisici destinati all’erogazione delle prestazioni. L’integrazione tra fisico e digitale emerge dalle richieste del servizio Agenda (56mila): l’utente scegliendo servizio e sede, può prenotare un appuntamento presso lo sportello fisico nel giorno e nell’ora disponibili. A seguire ci sono oltre 27mila richieste che riguardano le attività del Registro Imprese, oltre 14mila quelle riguardanti i servizi a sportello e più di 9.500 sono state le interazioni on line degli utenti in merito alle attività promozionali dell’Ente (tra cui bandi, assistenze specialistiche, eventi e webinar di formazione gratuiti). il nuovo salone: spazio istituzionale, informativo, digitale, Business to Business. Il nuovo Salone raccoglie e declina le nuove esigenze sia in termini architettonici che tecnologici per avvicinare utente e operatore, rende disponibili servizi self-service, crea spazi di accoglienza moderni, confortevoli ed adatti a diventare aree di confronto e divulgative, con lo scopo di creare spazi interni ospitali ed innovativi, sia per il pubblico che per i dipendenti. Il Salone, totalmente ripensato, assume il ruolo di spazio di incontro a diversi livelli: istituzionale, informativo, digitale, Business to Business. Al progetto del nuovo Salone hanno preso parte le imprese affidatarie di lavori e servizi, il

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Atelier Musicale: l’arpa jazz e “surrealista” di Marcella Carboni sabato 27 novembre alla Camera del Lavoro di Milano

Atelier Musicale: l’arpa jazz e “surrealista” di Marcella Carboni sabato 27 novembre alla Camera del Lavoro di Milano. Insieme a Paolino Dalla Porta e Stefano Bagnoli, la musicista sarda presenterà “This is not a Harp”, album la cui struttura è concepita come un quadro di Magritte: contrabbasso, batteria e arpa si muovono in un continuo gioco di ruoli intercambiabili, creando così un “inganno dei suoni”. Che possono essere morbidi e rotondi, ma anche graffianti e carichi di groove. MILANO – L’Atelier Musicale, la rassegna in bilico tra jazz, classica e contemporanea organizzata dall’associazione culturale Secondo Maggio, concluderà la prima parte della XXVII stagione sabato 27 novembre alla Camera del Lavoro di Milano (ore 17.30, ingresso 10 euro con tessera associativa a 5/10 euro) con un trio insolito e di grande interesse: quello dell’arpista Marcella Carboni, la figura più rilevante dell’arpa jazzistica europea, che si presenterà con due fuoriclasse della scena continentale quali Paolino Dalla Porta (contrabbasso) e Stefano Bagnoli (batteria). Fin dal titolo “surrealista” dell’album (“This is not a Harp”, etichetta Barnum for Art) che verrà presentato in prima esecuzione a Milano, si comprende che non siamo di fronte, come dice la stessa Carboni, «all’arpa angelica, magica e rilassante», ma al suono personale della musicista sarda, esaltato anche dall’uso dello strumento elettroacustico, che non perde le sonorità tradizionali, ma ne acquista di altre, a volte simili a quelle della chitarra, altre del tutto inedite. Il programma del concerto, che ricalca fedelmente le tracce contenute nel disco, è interamente basato su composizioni originali dei tre musicisti, a cui si aggiungono alcuni momenti di improvvisazione radicale. Quella di Marcella Carboni è una formazione che dialoga costantemente e nella quale i ruoli vengono spesso rovesciati, in onore all’impostazione surrealista di un progetto dedicato al grande pittore belga René Magritte, ma anche a quella dinamica articolazione del trio che nel jazz cominciò dal pianista Bill Evans, dal chitarrista Jim Hall e dal sassofonista Sonny Rollins, capaci di creare un dialogo costante e paritario tra gli strumenti. I tre musicisti realizzano così un jazz contemporaneo, ma forte della conoscenza della tradizione, e mettono in campo effetti timbrici, contrasti dinamici e imprevedibilità di percorso in un contesto assolutamente originale. Marcella Carboni è arpista, compositrice, improvvisatrice e didatta che, oltre al diploma in arpa classica e alla laurea in jazz, ha collaborato con nomi di punta della scena europea come Bruno Tommaso, Enrico Pieranunzi, Rosario Giuliani ed Enrico Intra, che spesso hanno scritto composizioni pensate per il suo strumento, ma anche con americani del livello di Butch Morris e Anthony Braxton. Conoscitrice del mainstream, ma con l’anima di una improvvisatrice radicale, ha portato la sua arpa elettroacustica in trasmissioni televisive e radiofoniche di grande popolarità. Da sempre in prima linea per l’affermazione dell’arpa come strumento capace di inserirsi a pieno titolo nell’ambito jazzistico, Marcella Carboni conduce da oltre dieci anni un’intensa attività didattica e divulgativa, portando l’arpa jazz nei conservatori e nelle scuole di musica italiane ed estere. ATELIER MUSICALE/RISVEGLIO IN MUSICA, XXVII stagione Marcella Carboni trio – “This is not a Harp” (prima esecuzione a Milano) Marcella Carboni (arpa elettroacustica), Paolino Dalla Porta (contrabbasso), Stefano Bagnoli (batteria). Programma: M. Carboni: The Treachery of Sounds; The Wheel; M. Carboni/P. Dalla Porta: The False Mirror; P. Dalla Porta: La follia italiana; M. Carboni/S. Bagnoli: Decalcomania; P. Dalla Porta: Il Piccolo Principe; M. Carboni: Mindful; M.Carboni/P. Dalla Porta/S. Bagnoli: Personal Values; M. Carboni: Reasonance; Background Noise (So What?). Presentazione dell’album “This is not a Harp” (etichetta Barnum for Art). Introduce Marcella Carboni. Dove: Camera del Lavoro, auditorium G. Di Vittorio, corso di Porta Vittoria 43, 20122 Milano.
Ingresso: biglietto (10 euro) con tessera associativa (5/10 euro). Obbligo di green pass. Per informazioni: 348-3591215; 02-5455428. Email: secondomaggio@alice.it; eury@iol.it On line: www.secondomaggio.org Direzione e coordinamento artistico: Giuseppe Garbarino e Maurizio Franco. Organizzazione: associazione culturale Secondo Maggio (presidente Gianni Bombaci; vicepresidente Enrico Intra).

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Schiavi digitali

Schiavi digitali di Alessandro Capezzuoli funzionario ISTAT e responsabile osservatorio dati professioni e competenze Aidr I grandi cambiamenti, nella storia dell’umanità, hanno causato spesso enormi discriminazioni e hanno creato fratture profonde tra coloro i quali erano pro e colori i quali erano contro. Basti pensare all’invenzione della carta e agli innumerevoli detrattori a favore del papiro, che, pur di non cedere alla novità, hanno rallentato di molti anni il processo di trasformazione, paventando pericoli inesistenti e iatture di ogni tipo nei confronti degli utilizzatori del nuovo. In generale, il progresso tende a creare una divisione netta tra i beneficiari dei suoi lati positivi e chi ne subisce le conseguenze negative. Il benessere di una parte della popolazione è sempre compensato dallo sfruttamento di chi, per contribuire al suddetto benessere (altrui), è costretto a subire varie forme di schiavitù, diverse nella forma ma uguali nella sostanza. Poiché l’egoismo è tra gli sport sport preferiti dagli esseri umani, lo sfruttamento del lavoro altrui, la sottomissione e le vessazioni degli individui vengono spesso tollerati (anche se sarebbe più corretto scrivere “ignorati”), quando c’è di mezzo un certo status quo da mantenere. Al centro di numerosi egoismi ci sono loro, le cose. E le cose, oggi, sono legate indissolubilmente ai servizi, un po’ come è legato il WC allo sciacquone. La domanda da porsi, per capire meglio il modello di società che stiamo costruendo, è: “A cosa servono le cose, oggi?”. Domanda insidiosa, che si presta a milioni di risposte diverse, a cui proverò a rispondere, tentando di superare i pregiudizi rispetto al consumismo, che mi porterebbero a scrivere di getto “per raggiungere, attraverso il consumo, una felicità illusoria che dura il tempo di un prelievo al bancomat”. Le cose, in una società globalizzata e capitalista, non sono più associate ai fini pratici, al loro utilizzo, ma servono a dare un senso all’esistenza, a colmare vuoti, a creare appartenenza a gruppi elitari, a riempire di superficialità le insoddisfazioni e, perché no, le profonde carenze culturali in cui siamo sprofondati. Siamo continuamente alle prese con una bulimia da acquisto compulsivo che serve evidentemente a colmare una qualche mancanza. Non importa quale sia l’oggetto, non importa se serva e a cosa serva: l’importante è averlo. L’idea di “nuovo”, secondo me, serve per dare una infinitesima spinta vitale a vite sempre più spente Non è sempre stato così, ovviamente, e per accorgersene basta guardare la vita condotta negli anni ‘70, quando gli oggetti erano fatti per durare come i progetti di vita. Non c’è nessun richiamo nostalgico in questa osservazione, si tratta di una considerazione che induce a riflettere sul ruolo delle cose nel progetto di vita dell’uomo moderno, sul legame oggetto-progetto. Diciamo che, richiamando alla memoria il buon Heidegger, gli esseri umani si distinguono dagli animali per un aspetto essenziale: la consapevolezza dell’essere attraverso l’esistenza. E l’esistenza è costituita dalle infinite possibilità di esserci, a cui ognuno dà forma attraverso un progetto di sé stesso. Sì, lo so, il concetto è un po’ difficile e anch’io mi sono dovuto rileggere due volte per capirmi meglio… In ogni caso, le cose, gli oggetti, più che un valore intrinseco, hanno il valore che gli viene attribuito dagli individui rispetto al proprio progetto esistenziale. Così, per qualcuno l’auto può essere un semplice mezzo di trasporto, per qualcun altro un simbolo da esibire per dimostrare il proprio status e per altri, i piloti, una componente fondamentale dell’esistenza. La digitalizzazione, seppur in un primo momento, con l’avvento dei primi telefoni cellulari, è stata anche sinonimo di status, adesso è diventata qualcos’altro. La digitalizzazione è essenziale per i progetti esistenziali. Lo smartphone è diventato una presenza imprescindibile, un surrogato della vita, un oggetto che sta sostituendo il progetto individuale heideggeriano: l’esserci, l’esistenza. La vita di un numero consistente di persone viene scandita dai ritmi digitali, che hanno creato un precedente probabilmente unico nella storia: gli oppressori sono diventati anche schiavi di loro stessi. Ma andiamo avanti per gradi… Pur essendo un sostenitore della digitalizzazione, e conoscendone bene le potenzialità (che ho ampiamente descritto in altri articoli), credo di averne sottovalutato le insidie: conoscerle, può aiutare a fare scelte più consapevoli. In pochi anni siamo passati da una socialità reale a una socialità virtuale, da un consumo reale, caratterizzato da un rapporto “fisico” con gli oggetti, a un consumo virtuale dalle possibilità illimitate. Rapporti umani e consumo sono diventati forme di schiavitù che coinvolgono contemporaneamente gli sfruttatori e gli sfruttati. E i dispositivi. ovviamente. La colpa, se di colpa si può parlare, è da attribuire non alla digitalizzazione ma alla sua applicazione, che ha accentuato i lati peggiori degli esseri umani: il profitto incontrollato delle numerose industrie (tech, artistiche, farmaceutiche) e il bisogno del superfluo amplificato dalla velocità con cui si propagano le informazioni, i messaggi e le azioni incontrollate, che prevalgono spesso sulle facoltà cognitive e riflessive. Così, mentre alcune sparute minoranze fuggono dalle grandi città per scandire la propria vita al ritmo della lentezza, la vita digitale viene scandita dalla velocità e dal bisogno. Basta un clic per dar seguito a un acquisto, non serve più neanche inserire la carta di credito. E la velocità con cui si acquista un prodotto, per i venditori e per gli acquirenti, deve trasformarsi automaticamente in una consegna immediata. La velocità “virtuale” con cui viaggiano le informazioni nella rete ha indotto nelle persone un inconscio desiderio di velocità “reale” insostenibile per chi si trova a dover soddisfare un delirio simile: i lavoratori. Fattorini, magazzinieri e spedizionieri sono diventati i nuovi schiavi, costretti a ritmi insostenibili, a pause programmate, anche per andare in bagno, a contratti precari, a rischi di ogni genere e a salari inadeguati. Se è vero che queste discriminazioni sono sempre avvenute è anche vero che, dal mio punto di vista, una golosa cena all you can eat può anche essere consumata al ristorante, evitando che il viziato digitale si avvalga del fattorino che effettua le consegne pedalando sotto la pioggia. Questo tipo di schiavitù, poco attinente alla digitalizzazione, può essere fronteggiato,

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