25 Gennaio 2021

Glovo dovrebbe spiegare perché Cinzia è diventata uomo

Glovo dovrebbe spiegare perché Cinzia è diventata uomo. Nei giorni scorsi è infatti tornata in prima pagina la questione dei rider, nome inglese per indicare chi consegna il cibo in bicicletta. Un lavoretto per chi è senz’arte nè parte, così sarebbe stato nel Novecento, divenuto la nuova frontiera della lotta di classe a quanto pare, tanto che l’avvocato dei centri sociali milanesi si è ritrovato a essere un difensore degli “schiavisti” secondo i novelli Lenin. Ma mentre loro combattono questa battaglia, Cinzia è diventata uomo. E nel giro di pochi minuti, circa 25. Un sogno per un chirurgo plastico? No, la differenza tra quando è stato preso il nostro ordine e quando Cinzia è arrivata. Incredibilmente Cinza era diventata un uomo piuttosto in carne tra i 30 e i 40, a spanne sudamericano. Cinzia però sembrava proprio una donna bianca dalla foto, la citiamo perché magari sul nome poteva esserci di mezzo qualche genitore originale. In pochi minuti, il tempo di prenotarsi per raccogliere la pizza e consegnarla è diventata un uomo. Allora Glovo dovrebbe spiegare perché Cinzia è diventata un uomo, ma citiamo quest’azienda perché è con loro che abbiamo verificato un fenomeno di cui si parla da tempo: l’affitto degli account dei rider. Se si guadagna così poco come dicono i comunisti del 21esimo secolo, come mai si affittano gli account? Sia chiaro, non suggeriamo niente di losco dietro a questo piccolo commercio. Anzi, noi siamo a favore della mancanza di regole in quel settore perché siamo convinti che debba rimanere un lavoretto e non un lavoro. Soprattutto per chi lo fa. L’esempio di Cinzia calza a pennello: c’è una donna probabilmente rimasta senza lavoro che ha trovato un nuovo sistema per guadagnarsi da vivere. Un lavoretto onesto. E in questo periodo è una buona notizia per tutti.  

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Il processo Rider scatena polemiche nella sinistra milanese

Il processo Rider scatena polemiche nella sinistra milanese. A difendere in tribunale il colosso del cibo a domicilio c’è Mirko Mazzali, noto come “avvocato dei centri sociali” perché spesso ha difeso gli esponenti della sinistra radicale. Ma aver preso le difese del “padrone” non gli viene perdonato proprio da quella parte politica e il processo Rider scatena polemiche nella sinistra milanese. Ecco il lungo testo pubblicato dalla pagina Deliverance Project: UBEREATS E CAPORALATO. UN DIFENSORE SINISTRO: MIRKO MAZZALI Ieri a Milano si è tenuta la prima udienza del processo penale contro Frc e Uber Eats, che vede al banco degli imputati per intermediazione illecita di manodopera (caporalato) e altri reati i capi di Flash Road City e qualche dirigente di Uber Eats. Secondo la procura di Milano, Frc, in combutta con Uber Eats, aveva costruito un sistema di arruolamento e gestione di una flotta di rider (in larga maggioranza stranieri, per lo più reperiti nei centri della seconda e terza accoglienza e provvisti di permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari) caratterizzato da situazioni illecite e al limite dello schiavismo: paghe a cottimo da fame (3 euro a consegna a prescindere da carico, distanza, orario e condizioni meteo), punizioni arbitrarie, sottrazione di parti del salario, chiusure di account dei colleghi meno obbedienti, minacce di violenza fisica via telefono, mancati versamenti contributivi Inps e così via… fino al furto di 21.000 euro di mance (donate dai clienti ai fattorini e finite invece in tasca ai loro sfruttatori). Qualcun* tra noi ha lavorato in quelle condizioni o ha conosciuto colleghi che sono stati intrappolati in quel sistema infame e sa che tipo di gente siano i padroncini di Frc e quanto torbido e opprimente fosse il clima lavorativo di Uber Eats/Frc. Ci ha fatto abbastanza sorridere (amaramente) scoprire che a rappresentare come avvocato di fiducia Giuseppe Moltini (titolare di Frc – ma all’occorrenza si faceva passare per responsabile di Uber Eats al telefono), Leonardo Moltini (rampante figlio di Giuseppe, di fatto il gestore della flotta, ricordato per le miserabili soperchierie da ufficialetto ai danni dei colleghi –“voi come i bambini dovete essere minacciati togliendovi i soldi”) e Miriam Gilardi (madre di Leonardo e presunta contabile della cricca) sarà il penalista Mirko Mazzali. Un nome noto soprattutto negli ambienti della sinistra milanese più o meno radicale: infatti negli anni ha difeso molti attivisti e militanti incappati nelle maglie della repressione per fatti come il G8 di Genova, gli scontri in Valsusa o numerosi sgomberi di posti occupati, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “avvocato dei centri sociali”. Attivo nella politica istituzionale è stato eletto consigliere comunale sotto la giunta Pisapia con Sinistra Ecologia e Libertà e oggi detiene una delega alle periferie da parte del sindaco Sala. In virtù dei suoi incarichi e della fiducia che gode in diversi ambienti è diventato insomma una delle figure che rivestono quel ruolo, un po’ opaco, di “tramite” tra l’area (più addomesticata) dell’antagonismo milanese e le istituzioni che governano la città. Ora Mirko Mazzali ha deciso di legare il proprio nome e la propria professionalità a quello degli schiavisti e delle schiaviste di Uber Eats/Frc, la parte più sporca del già inglorioso ambiente dei manager del food delivery, una responsabilità grave che ci teniamo a sottolineare con queste righe. Grave dal punto di vista professionale, politico e umano. Non abbiamo infatti bisogno di sentenze (o patteggiamenti?) che attestino quanto marcio fosse l’ambiente di Uber Eats/Frc, l’abbiamo subìto e l’hanno subìto colleghi e colleghe vicin* a noi. Ci ricordiamo le minacce e gli insulti, le detrazioni di denaro dalle paghe, gli scompensi tra la paga di 3 euro a consegna imposta da FRC e quanto invece sarebbe spettato ai lavoratori secondo i calcoli dell’app di UberEats, gli ordini di Leonardo strillati via whatsapp, il rifiuto di consegnare il “contratto” (fasullo, scritto a penna su un foglietto) ad un collega che l’aveva firmato e ne faceva richiesta. Ricordiamo questo e molto altro. E la lettura delle carte della procura non ha fatto altro che confermare ed aggravare la percezione che avevamo di quella banda di manigoldi e manigolde che dai piani alti e puliti di Uber Eats alla manovalanza “rude” di Frc aveva costruito un vergognoso sistema parassitario e abusivo di spremitura del lavoro altrui. “Certo bisogna farne di strada da una ginnastica di disobbedienza, fino ad un gesto un po’ disumano a favor della padronal violenza…” Buon lavoro avvocato @Mirko Mazzali! Come postilla a questo breve comunicato accolliamo un edificante (e forse un po’ menagramo) discorso di capodanno 2020 dello sfruttatore e ambiguo ex pokerista Danilo Donnini (socio di Giuseppe Moltini, difeso dall’avvocato Andrea Marini): un compendio di aggressività passiva, lagnanze, ossessioni politiche di un certo livello e qualunquismo a non finire… Un quadretto quasi perfetto di quella tendenza ipocrita all’insegna del “chiagni e fotti” di certa imprenditoria “motore del paese”, coccolata da politici di ogni colore e che solo raramente incappa in incidenti di percorso. Questo è l’ambiente al servizio del quale l’avvocato Mirko Mazzali ha deciso di mettere le proprie competenze, buona visione (è un po’ lungo ma ne vale la pena…) Danilo Donnini Parte I https://fb.watch/3bMgw7OqFx/ Danilo Donnini Parte II https://fb.watch/3bMkU8s6Dn/ Un duro attacco a cui lo stesso avvocato si è sentito di rispondere: Post molto lungo, ma necessario. Ho sempre sognato di fare l’avvocato, perché credo che chiunque abbia diritto ad essere difeso, perché credo che il diritto di difesa sia sacro. Non mi sono mai ritenuto un avvocato militante, come si suole dire, anche se nel corso degli anni mi hanno definito l’avvocato dei centri sociali. Un avvocato difende l’imputato nel processo, non si deve identificare con il cliente, anzi l’avvocato che si fa coinvolgere nel processo difende male secondo me. Quindi difendo chi me lo chiede, se la linea difensiva è compatibile con quello che mi sento, cioè se il cliente vuole impormi una linea difensiva e a me non va bene, rinuncio per prima cosa per il bene del cliente. Ho difeso quindi nel corso degli anni assassini, delinquenti, gente

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Cronistoria riscontro errore in algoritmo ISS

[Dal 21 febbraio ad oggi] La Lombardia invia ogni giorno i dati Covid al Ministero della Salute, con le medesime modalità da inizio pandemia. 1 Tabella giornaliera dati Covid [15/01/2021] L’Istituto Superiore di Sanità esegue i nuovi calcoli settimanali e stabilisce per la Lombardia un Rt di 1,4 con risultato finale: Lombardia Zona Rossa. [15/01/2021] Speranza chiama Fontana per avvisarlo della Zona Rossa. [15/01/2021] Fontana risponde che la Lombardia è contraria a questa decisione perché tutti i parametri regionali sono buoni. (LNews – Milano, 15 gen) LOMBARDIA ZONA ROSSA, FONTANA: NON CONDIVIDIAMO ORDINANZA, MI RISERVO DI IMPUGNARLA [15/01/2021] Ministero della salute conferma Zona Rossa. (ANSA) – ROMA, 15 GEN – ++ SPERANZA, RISPETTO ORDINANZE O SI PERDE CONTROLLO CONTAGIO ++ “Le ordinanze sono costruite sulla base di dati oggettivi e indirizzi scientifici. Hanno la finalità di contenere il contagio in una fase espansiva dell’epidemia. Per questo rispettarle è decisivo se non si vuol perdere il controllo del contagio” lo afferma il ministro della Salute Roberto Speranza. (ANSA). BR 2021-01-15 20:10 S0B QBXB CRO CRONOSTORIA Settimana zona rossa 15/01/2021 – 23/01/2021 [15/01/2021] I tecnici del welfare e l’assessore Moratti confermano che i dati regionali non sono da zona Rossa e contestano i calcoli ai tecnici dell’ISS. [15/01/2021] Si apre un confronto tra i tecnici del welfare e del ministero della salute. [17/01/2021] L’assessore Moratti chiede ufficialmente una sospensione di 48h del provvedimento per un ricalcolo dei parametri. [17/01/2021] Il ministro Speranza non risponde. [19/01/2021] La Lombardia deposita ricorso al TAR contro la zona Rossa. [19/01/2021] All’istituto Superiore di Sanità capiscono che in questa particolare settimana, con dati ricevuti uguali a tutte le settimane precedenti, l’algoritmo che estrae i dati genera un Rt più alto. [20/01/2021] Il ministero della salute chiede al welfare di RL più dettagli, indicando di “forzare” la sintomatologia di diverse persone senza che vi sia effettivo riscontro di un medico. [20/01/2021] I tecnici di RL rispondono al Ministero della salute mandano le specifiche richieste per superare il problema dell’algoritmo. [20/01/2021] Il ricalcolo dell’istituto superiore di sanità conferma che l’Rt calcolato in precedenza era più alto del reale. CRONOSTORIA Settimana zona rossa 15/01/2021 – 23/01/2021 [20/01/2021] I tecnici di RL chiedono al Ministero della Salute se questa “forzatura” debba da ora in poi essere una regola fissa nella compilazione dei dati giornalieri. [20/01/2021] Il Ministero della Salute non risponde. [20/01/2021] La Lombardia chiede l’immediato passaggio in zona arancio con i nuovi ricalcoli. [21/01/2021] Il Tar del Lazio rinvia il giudizio per l’acquisizione di ulteriori dati. [22/01/2021] Nuova riunione della Cabina di Regia del Ministero della Salute per i calcoli settimanali. [22/01/2021] Il Ministro Speranza chiama Fontana dicendo che se la Lombardia ammette di aver “rettificato” i dati, lui può dare la zona arancione alla Lombardia. [22/01/2021] Fontana risponde che non c’è stata nessuna “rettifica”, perché sono loro ad aver calcolato un Rt sbagliato, e sono loro ad aver chiesto dati in più per superare l’errore dell’algoritmo. [22/01/2021] Sull’online di una nota testata giornalistica esce la notizia del ricatto di Speranza alla Lombardia per concedere la zona arancione. [22/01/2021] Iniziano gli attacchi per “l’errore della Lombardia”. Settimana zona rossa 15/01/2021 – 23/01/2021 [22/01/2021] L’istituto superiore della Sanità conferma che i dati della Lombardia sono da zona gialla. Nel verbale riportano unilateralmente e a più riprese di essere arrivati a questo “nuovo risultato” in seguito alla “rettifica” della Lombardia. [23/01/2021] La Lombardia passa in zona arancio (per la regola che da rossi si passi in arancio e poi gialli) [23/01/2021] Fontana conferma che la Lombardia non ha fatto nessuna rettifica dei dati mandati, ma che sono stati implementati altri dati per superare l’errore nell’algoritmo del ministero della salute, su richiesta dell’ISS. [23/01/2021] La Lombardia continua il ricorso al Tar e impugna il Verbale della Cabina di regia, del Cts e l’Ordinanza del ministro Speranza nella parte in cui si dice che la Lombardia ha rettificato i dati. (LNews – Milano, 23 gen) ZONA ROSSA, FONTANA: SONO INDIGNATO. SE SIAMO IN ZONA ARANCIONE LO DOBBIAMO SOLO AL NOSTRO RICORSO, ANDREMO AVANTI Il presidente Fontana ha confermato che la Lombardia non rinuncerà al ricorso al Tar. “Certamente – ha spiegato – salterà l’udienza di lunedì prossimo che era sulla sospensione dell’ordinanza del ministro Speranza del 16 gennaio che è già stata sospesa dallo stesso ministro oggi, ma andremo avanti perché la verità dei fatti sia acclarata anche a livello giudiziario. Per questo impugneremo anche il verbale della Cabina di regia, del Cts e l’Ordinanza di oggi del ministro Speranza nella parte in cui si dice che la Lombardia ha rettificato i dati”

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Sala: Regione mostri i dati

“Buttare in rissa la questione dell’Rt lombardo certamente contribuisce a non fare emergere la verità. E i cittadini lombardi, questa volta più che mai hanno il diritto di sapere come stanno le cose”. Ne è convinto il sindaco di Milano Beppe Sala che su Facebook, dopo la polemica sui dati che hanno portato erroneamente la Lombardia in zona rossa, domanda i dati. “La cosa più semplice per chiudere la questione è che la Regione Lombardia faccia vedere i dati”. “Una cosa è chiara – aggiunge -. Il sistema è collaudato, essendo in funzione da mesi, una sola Regione (la Lombardia per l’appunto) sostiene che l’algoritmo di compilazione ha una falla mentre per tutte le altre Regioni ha sempre funzionato senza problemi”. “Possibile che ci abbia visto giusto solo la nostra Regione? La cosa più semplice per chiudere la questione – conclude – è che la Regione Lombardia faccia vedere i dati. Il calcolo dell’Rt è un fatto eminentemente tecnico, non politico!”. ANSA

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The Gangs of Rizzoli Street

“Ci vediamo a Cre”, “Alle 16 alle Popo”. Quest’angolo di estrema periferia Nord Est di Milano con il Covid ha scoperto la popolarità. Adesso è una zona che richiama adolescenti da via Feltre, Quartiere Adriano, Segrate e anche Vimodrone. Parliamo di una porzione davvero piccola di città, ricompresa tra la stazione di Crescenzago (da cui Cre) e le ultime case popolari sulla sinistra della strada, fino al civico 87. Due complessi di case popolari (le case Popo) e tre di case private. Epicentro di tutto l’arena delle case popolari che vanno dai civici 13 al 45. Dove il fenomeno è nato, in maniera apparentemente innocua. La zona è popolare anche tra i ragazzi di comunità, quando hanno due o tre giorni “liberi”, per esempio sotto natale. Insomma, è un luogo dove si può incontrare più o meno di tutto. Primavera ed estate Con la chiusura delle scuole ed i pochi casi di Covid, i giovani avevano bisogno di un posto dove trovarsi. L’arena delle case popolari è ideale. Lontana dalla strada, protetta su tre lati da edifici con doppie porte che consentono di entrare ed uscire dal complesso facilmente (non sono quasi mai chiuse) e con una popolazione straordinariamente accogliente. I ragazzi passano parola. E i numeri salgono. Parliamo di una cinquantina fissi dentro e qualche decina attorno. Milano, effettivamente, pare restia a fermarsi. Autunno ed inverno Il problema degli assembramenti dei giovani, oltre che sanitario, è che se non controllati non spingono il meglio di loro ad emergere. Chi frequenta le Popo non è necessariamente un cattivo ragazzo. Ma la pressione dei coetanei è forte. E comincia a girare la droga. Conseguentemente, alcuni gruppi più agguerriti iniziano ad imporsi. Già dalla fine dell’estate iniziano i primi episodi di violenza. Dal complesso di case popolari 13-45 ci si sposta verso le case private. Si verificano piccoli furti. Ma il clima diventa pesante. Così alcuni gruppi iniziano ad esplorare. Arrivando all’altro blocco di case popolari di via Rizzoli, il 73-87. Qui il clima è meno accogliente. Le case si sviluppano orizzontalmente, danno direttamente sulla strada. La popolazione è meno accomodante. Insomma, i numeri non raggiungono mai nulla di paragonabile. Però la preoccupazione per gli atteggiamenti serpeggia. Le avvisaglie A Capodanno la prima bravata. Nell’androne di uno dei civici viene fatta esplodere una fontana., il tipico botto di capodanno. L’unica vittima è una pianta incolpevole. Ma ovviamente si sviluppano delle fiamme e l’incendio va domato con un estintore. È un primo atto che serve, oltre che a sconfiggere la noia da lockdown, a vedere fin dove arriva l’impunità. Nel frattempo la compagnia nelle altre case popolari aumenta di numero e le passeggiate sono più lunghe e più frequenti. Qualcosa bolle in pentola. L’incendio Il 10 gennaio, come vi abbiamo riportato, succede un alterco tra uno dei gruppi più agguerriti e qualcuno dei residenti storici. Nulla di grave, pare sul momento. Ma qui si tratta di mostrare chi è il più forte. Così, individuato un divano in un sottoscala, si passa alle vie di fatto. Si dà fuoco al mobile e parte il delirio. Nessuno per fortuna si fa male. Ma il rischio c’è stato. I giorni successivi Complice la zona rossa, l’aumentata presenza della polizia e la generale sensazione che stavolta la si sia fatta grossa, la pressione sull’intera via Rizzoli cala. Ma è calma apparente. Già sette giorni dopo il numero e la frequenza dei passaggi è tornato quello di prima. I ragazzi arrivano già nel primo pomeriggio e restano fino a sera. Il picco si ha tra le 15 e le 17. Il freddo non incoraggia a restare durante la notte. Per ora. I problemi Intanto, e senza rimuginarci troppo, non esiste una sola norma anticontagio che venga rispettata seriamente. Se dovesse scoppiare un focolaio avremmo un terreno ideale per la ripresa dell’epidemia. Non ha senso chiudere le superiori per lasciare aperte le arene delle case popolari. Ovviamente c’è un altro problema non secondario. I residenti sanno, vedono, ma parlano molto poco. Qui qualcuno ha trovato un mercato di adolescenti annoiati alla ricerca di sensazioni forti. In un’area in cui, anche nei migliori di periodi, c’erano quattro o cinque centri importanti di spaccio. Che, al momento, saranno anche contenti. Ma che non sono in grado di gestire la situazione e potrebbero decidere di risolvere il problema dei piantagrane con metodi decisamente spicci. E c’è una grande incognita. Vista la predisposizione alla prevaricazione, c’è da domandarsi se questo non stia diventando un terreno fertile per la nascita di bande organizzate. Minorenni che rischiano poco, vicino ad adulti con zero scrupoli. Cosa potrebbe mai andare storto? Ecco, forse è il caso di rivoltare questa zolla prima che dia origine a un verminaio. Le forze dell’ordine hanno fatto molto. In questi giorni sono fisicamente presenti e controllano. Ma Milano è grande, non si può creare un presidio fisso in questo lembo di terra. C’è bisogno di un’azione decisa, radicale. Non è mai auspicabile che davanti a dei sedicenni si facciano tintinnare le manette, ma in 9 mesi di tempo la situazione ha fatto a tempo ad incistirsi. Qualcuno deve pagare, se vogliamo che non esploda il bubbone. E forse un po’ di sano timor panico potrebbe risvegliare qualche coscienza che tende all’atrofia. Le paure I cittadini sono sempre più spavgentati. Non per la delinquenza o il piccolo spaccio. Ma per l’assoluta mancanza di scrupolo nell’uso della violenza. L’età media è avanzata. C’è stanchezza, tanta. Per difendere questi pochi metri di asfalto nella campagna con vista San Raffaele, molti di loro per anni hanno fatto la ronda. Per proteggere le proprie famiglie ed i propri figli. Ora l’età e l’umidità sconsigliano di riprendere i giri. Ci vorrebbe un aiuto qualificato. Senza lasciare la cosa all’improvvisazione. Prima, soprattutto, che il fenomeno si cronicizzi ed invada le cantine. Se questo dovesse succedere e i giri di ricognizione guardano sempre più spesso in basso, non se ne uscirebbe più. E da una versione pandemica dei Ragazzi della via Pal, rischieremmo di passare a qualcosa di più

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Piazzale Cuoco. Sardone (Lega): Comune inesistente

“Anche oggi – commentano Silvia Sardone, eurodeputata e consigliere comunale a Milano e Davide Ferrari Bardile, referente di alcuni comitati della zona – tra Piazzale Cuoco e Viale Puglie, come ogni domenica, decine e decine di immigrati hanno messo in piedi un vero e proprio suk di merce rubata, contraffatta o usata. Ormai è una prassi consolidata che non viene assolutamente contrastata dal Comune di Milano attraverso la Polizia Locale”. “Eppure – aggiungono – soprattutto ora di fronte ai pericoli di epidemia di Covid, sarebbe utile bloccare questi assembramenti, soprattutto se non autorizzati. Ma evidentemente al Comune di Milano non interessa combattere questi abusi e l’illegalità che è un tratto distintivo di questo mercato. Sala continua a essere assente – concludono – la sua ossessione per le periferie è un miraggio”.

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