Nel cuore del quartiere Parioli, Villa Glori si estende per 25 ettari, imponendosi come uno dei polmoni verdi più ampi di Roma. Paragonabile per grandezza a Villa Borghese e Villa Ada, poiché questo parco pubblico, Villa Glori, è oggi conosciuto per la sua quiete, le installazioni d’arte contemporanea e il panorama che offre sulla città, ma ciò che molti ignorano, è che sotto i suoi viali alberati si cela un mondo misterioso, un cenote romano, una cavità sotterranea profonda oltre cinquanta metri ed in parte invasa dall’acqua. La storia di Villa Glori è intrisa di memoria e patriottismo. L’area fu teatro degli scontri del 1867 tra i garibaldini e le truppe papaline, durante i quali Enrico Cairoli perse la vita nei pressi del casale, oggi ancora visibile nel parco. Per questo, fu inizialmente conosciuta come Parco della Rimembranza, in onore dei fratelli Cairoli. Solo in seguito, passata di proprietà alla famiglia Glori, assunse l’attuale denominazione. Nel 1924 il parco venne ristrutturato e arricchito con opere d’arte contemporanea, mantenendo però il fascino selvaggio di alcune sue aree meno battute. Ed è proprio in una di queste zone, vicino ai resti di un antico tempio e seminascosto tra la vegetazione, che si trova l’ingresso del cenote, la cui moderna riscoperta si deve all’archeologo e speleologo Carlo Pavia nel 1992. Il termine “cenote” proviene dalla lingua dei Maya e indica una cavità naturale colma d’acqua. Sebbene legato al continente americano, il fenomeno è presente anche a Roma, dove queste voragini sotterranee venivano utilizzate, già in epoca antica, come luoghi sacri e depositi votivi e proprio all’interno del cenote di Villa Glori, l’archeologo Pavia recuperò parecchi ex voto romani, oggi studiati come testimonianza di riti antichi e dimenticati. Il celebre archeologo ha raccontato la sua esplorazione nel volume “Nel ventre di Roma. Dall’abisso Charlie ai sotterranei della Capitale”, dove battezza questa cavità con il nome di Abisso Charlie. Il nome, volutamente evocativo, si rifà al gergo speleologico e militare per indicare luoghi estremi o difficili da esplorare. “Charlie”, infatti, è anche la lettera “C” nell’alfabeto fonetico NATO, probabilmente usata per codificare il sito in modo non convenzionale. Il cenote di Villa Glori non è un caso isolato. A Roma si conoscono altre cavità simili, come quella sotto l’Ospedale San Camillo, nota come abisso di Monteverde-Forlanini, ma il primato assoluto per profondità spetta al Pozzo del Merro, nel comune di Sant’Angelo Romano, il cui abisso naturale raggiunge oltre 400 metri di profondità, secondo gli studi condotti dall’Università di Tor Vergata. Pertanto, Roma, ancora una volta, si rivela una città a più livelli, dove accanto alla bellezza visibile si nasconde un mondo sotterraneo fatto di misteri, riti e storia millenaria. Infatti, Villa Glori, con il suo cenote dimenticato, ci ricorda che ogni angolo della Capitale ha ancora molto da raccontare, basta saper scavare.
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