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Attila, un successo, applausi anche per Mattarella

Alla prima della Scala, grande successo per l’Attila di Verdi diretto dal maestro Riccardo Chailly , cui al termine  il pubblico a tributato 14 minuti di applausi. Stesso apprezzamento manifestato nei confronti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a lungo applaudito dai milanesi quando ha salutato dal Palco Reale del Piermarini, prima dell’esecuzione dell’inno nazionale. “Milano vuole molto bene a Mattarella, tutte le volte che viene gli dimostra un grande affetto. – ha commentato il Sindaco Sala – Abbiamo bisogno di Mattarella e dimostriamo vicinanza al Presidente della Repubblica“. Il Sindaco ha poi commentato l’Attila, definendolo “Meraviglioso, sia per gli interpreti che per la regia e per le scene e il coro. È un’opera che esalta il coro, per ora non possiamo che essere soddisfattissimi mi pare che l’umore che si raccoglie è molto positivo“. “È una storia antica che è resa in maniera contemporanea con grandissimi interpreti“, ha proseguito. Sala ha poi ricordato la prima diffusa in 37 luoghi di Milano che, ha detto il sindaco “ha il senso di allargare la città” e “poi non nascondiamo che dal punto di vista dell’attrattiva e del turismo è molto importante“. La prima della Scala è stata infatti proiettata in vari luoghi di Milano, per dare a tutti l’opportunità di assistervi. Dal Pio Albergo Trivulzio, alla Galleria Vittorio Emanuele, al centro per senza Casa Jannacci, al Carcere di San Vittore…  l’apprezzamento per l’iniziativa e i commenti positivi per l’opera sono stati gli stessi. A completare il successo della serata vi è stato l’incasso del Teatro per l’opera inaugurato la stagione scaligera che è stato di 2.532.701 euro, mentre sono stati 1.888 gli spettatori presenti.

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Prima della Scala. Attila, storia dell’opera

Attila di Giuseppe Verdi inaugura oggi la Stagione d’Opera 2018/2019 del Teatro alla Scala. L’opera andrà in scena alle 18. Sul podio il Direttore Musicale Riccardo Chailly, che prosegue la sua ricognizione del repertorio italiano ripercorrendo – spiega la Scala – gli anni giovanili di Verdi: Attila segue Giovanna d’Arco, che aprì la Stagione 2015/2016, e prelude a Macbeth. L’allestimento è affidato a Davide Livermore, che dopo il debutto scaligero con Tamerlano di Händel ha già collaborato con il Maestro Chailly nei mesi scorsi per Don Pasquale di Donizetti. Con lui la squadra formata da Giò Forma per le scene, arricchite dai video di D-WOK e illuminate da Antonio Castro, e da Gianluca Falaschi per i costumi. In scena Ildar Abdrazakov, al suo terzo 7 dicembre, veste i panni del protagonista; Saioa Hernández, che invece debutta alla Scala, è Odabella; Fabio Sartori è Foresto e George Petean Ezio. Francesco Pittari e Gianluca Buratto rivestono i ruoli brevi ma non secondari di Uldino e Papa Leone. Il Coro del Teatro alla Scala e il Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala sono diretti dal Maestro Bruno Casoni. L’opera viene presentata per la prima volta alla Scala nell’edizione critica curata nel 2012 da Helen Greenwald per University of Chicago Press e Casa Ricordi, Milano. Attila è la nona opera di Verdi e andò in in scena al Teatro la Fenice di Venezia il 17 marzo 1846. Nel 1845 erano andate in scena Giovanna d’Arco alla Scala e Alzira al San Carlo di Napoli, nel 1847 sarebbe stata la volta di Macbeth al Teatro della Pergola di Firenze, I masnadieri al Her Majesty’s Theater di Londra e Jérusalem all’Opéra di Parigi. L’opera si colloca quindi in un punto nodale dello sviluppo di un Verdi che aveva già alle spalle opere come Nabucco o Ernani e si preparava a debuttare sulla scena europea; anni di sperimentazione e ricerca sui soggetti come sulla forma drammaturgica. Fonte del libretto è la tragedia Attila, König der Hunnen (1809) di Zacharias Werner, singolare figura di poeta romantico che divenuto sarcerdote cattolico infiammò con i suoi sermoni le platee del Congresso di Vienna. Verdi, venutone a conoscenza attraverso le citazioni contenute in De l’Allemagne di Madame de Staël (che susciterà nel compositore anche l’interesse per Don Carlos di Schiller), incarica dapprima Francesco Maria Piave e quindi Temistocle Solera di trarne un libretto, che però non lo soddisfa: inoltre Solera, riparato a Madrid in un nuovo capitolo della sua esistenza rocambolesca, tarda a consegnare la versione definitiva. Verdi richiama allora il Piave che rivede tutti i versi e stende per intero l’ultimo atto. Rispetto al dramma di Werner il libretto definitivo, radicalmente semplificato, attenua (ma non elimina) il contrasto tra la brutale integrità di Attila e le moralità contraddittoria dei suoi avversari italiani. Verdi sbalza sullo sfondo storico le interazioni tra i personaggi su cui si concentra ricercando sotto lo slancio eroico un sottotesto di fragilità o ambiguità psicologica. Così dopo la celebre entrata che prefigura i furori di Lady Macbeth, Odabella mostra nel corso dell’opera tratti di lirismo e vulnerabilità, e ugualmente la hybris spavalda di Attila è destinata a fare i conti con gli incubi e la forza del sovrannaturale. Del tutto inedita l’ambiguità di Ezio, valoroso generale romano che si scopre più che disponibile al compromesso, mentre più convenzionale risulta il solo Foresto. Per lui esistono due arie raramente eseguite per l’ultimo atto: Verdi scrisse infatti la romanza “Sventurato! Alla mia vita” per il tenore Ivanoff (amatissimo da Rossini) che la eseguì a Trieste nell’autunno 1846 e “Oh dolore!” per Napoleone Moriani in occasione della prima scaligera: quest’ultima tornerà nel presente allestimento, insieme ad alcune battute scritte scherzosamente da Rossini per l’inizio del III atto e oggi conservate nella collezione del Museo Teatrale. Attila rappresenta un punto nodale anche per quanto riguarda il coinvolgimento diretto del compositore nelle scelte riguardanti l’allestimento. Verdi indicò l’inserimento di particolari effetti di luce in corrispondenza della scena della tempesta e sorgere del sole nel Prologo e dedicò particolare attenzione alle grandi scene di massa, forse anche in vista di una possibile ripresa di Attila all’Opéra di Parigi. La descrizione del succedersi in scena di differenti condizioni metereologiche fu ispirata a Verdi dall’ode sinfonica Le désert di Félicien David che dopo aver furoreggiato a Parigi approdava a Milano, alla Canobiana, nella traduzione del Solera. La prima assoluta, il 17 marzo 1846 a Venezia (città lusingata da Verdi con la scena della tempesta e levar del sole a Rialto, anzi Rio Alto), fu un successo cui seguirono riprese a Trieste (città ancora più vicina ad Aquileia, dove si finge l’azione) e a Milano, dove il 26 dicembre 1846 aprì la Stagione di Carnevale. L’entusiasmo del pubblico garantì ben 31 rappresentazioni e il ritorno tre anni più tardi in un nuovo allestimento, sempre per l’inaugurazione, che si inseriva in un clima accesamente patriottico dopo l’abdicazione di Carlo Alberto a Novara il 23 marzo e la resa di Venezia all’assedio austriaco (22 agosto).

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Per la prima della Scala: Attila, un Verdi con contaminazioni Rossiniane

Conterrà anche un po’ di Rossini l’ Attila verdiano che inaugurerà la stagione della Scala, il 7 dicembre prossimo, con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Davide Livermore. Lo ha rivelato questa sera lo stesso Chailly, presentando l’opera insieme a Sandro Cappelletto, direttore della Rivista di Studi Verdiani, con una conversazione a due davanti al pubblico degli ‘Amici della Scala‘. Si tratta delle “5 battute per Attila” che il Pesarese scrisse come “omaggio” a Verdi nel 1865, tre anni prima di morire, che Cappelletto ha mostrato in una diapositiva tratta dalla pagina originale con la scritta autografa “salvo la approvazione di Verdi” e che in seguito Rossini regalò a Giuseppina Strepponi, la celebre soprano che fu seconda moglie di Verdi. Ma non è la sola novità: c’è anche un’aria di 3 minuti e mezzo (“Oh dolore! ed io vivea”) che Verdi scrisse per il tenore scaligero Napoleone Moriani, interprete di Foresto nella prima esecuzione alla Scala il 26 dicembre 1846.

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