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Il ritorno del impero ottomano: Erdogan e l’Europa

Il ritorno del impero ottomano: Erdogan e l’Europa. La Turchia è un paese strategico: è un’arma a doppio taglio per noi e per i partner europei. Le relazioni economiche italo-turche sono sane ma a tratti insoddisfacenti, paesi che collaborano a una serie di progetti e firmano partnership in diverse materie, ma culturalmente diversi. L’opinione sulla Turchia, negli ultimi anni, è variata notevolmente: è il nemico del mediterraneo, considerata dalla Grecia pericolosa e inaffidabile, protagonista di scenari controversi con la Francia di Macron. Allo stesso tempo, in un quadro internazionale e storico, i rapporti Italo-turchi, hanno radici ben profonde, dalla fondazione di Costantinopoli nel 330 d.C fino al 1453 data che segnò il crollo dell’impero romano d’Oriente. Da lì fino ai giorni nostri gli scenari si sono evoluti inesorabilmente. Tutte le volte che notiamo una qualsiasi mossa da parte di Erdogan, inizia una polemica mediatica, uno scetticismo sociale, puntiamo il dito contro un nemico di cui, in realtà, non se ne può fare a meno, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista strategico. Se osserviamo bene la Turchia notiamo come la sua posizione strategica, tra Siria, Grecia, Iraq, Georgia e Armenia, riesce a mettere in grave difficoltà le decisioni e le mosse da parte dell’Europa, che da un lato vorrebbe intervenire in modo severo, più di quanto agisce attualmente, allo stesso tempo si sente particolarmente accerchiata dai players che corteggiano la politica turca, come Putin o Haftar in Libia (nella parte non riconosciuta dalle organizzazioni internazionali). Cercando di ricostruire, per quanto sia possibile, i legami storici italo-turchi, possiamo citare la costruzione della torre Galata, manodopera dei genovesi di Istanbul nel 1348, la torre più alta della città, tramite cui i costruttori italiani ringraziano e riconoscono i privilegi offerti in Turchia prima dell’arrivo di Mohamed II. Il pittore Zonaro, al quale, noi italiani abbiamo dedicato nel novembre 2005 una grande mostra presso il Palazzo di Dolmabahce ad Istanbul, nominato “pittore di corte” dal Sultano Abdul Hamid II e molto altro.  Insomma, si tratta di rapporti storici e fondamentali ma anche molto antichi e celati dalla stessa ideologia politica e sociale europeista. L’estraneità che riscontriamo di fronte alla cultura di Erdogan scuote il nostro animo così tanto da respingere, sottovalutare, dimenticare la storia stessa e le radici che legano il nostro territorio al loro. È indiscutibile: i legami con la Turchia devono essere revisionati, i comportamenti che sta assumendo sono ingiustificabili, sia nei confronti della Francia e Grecia, sia nella tutela dei diritti umani. Allora dobbiamo trovare una strategia che sia adatta al nostro paese e che abbia una visione ampia e intelligente così da evitare una partnership vuota, inutile e che non tuteli i cittadini. La Francia di Macron, a seguito di eventi che hanno sconvolto lo scenario politico sociale, come il caso Charlie Hebdo 2015 e i crudeli attentati tra Nizza, Parigi e altre zone, hanno fatto sì che la Turchia diventasse il suo peggior nemico. Il dinamismo con cui la Francia si muove negli ultimi tempi sulla scacchiera internazionale rende Parigi il perno centrale degli umori europei, sfrutta il dialogo per consolidare i suoi rapporti e assume il ruolo di mediatore per colmare dei vuoti internazionali molto rilevanti. Insomma un’ampia visione dell’Europa che Macron conosce molto bene così da crearsi amici e inevitabilmente nemici. C’è un limite a tutto ciò: la Turchia di Erdogan, un ostacolo onnipresente, un nodo difficile da sciogliere. La Francia ha dovuto adottare il cd. separatismo islamico: una legge dura che promuove ancor di più il principio di laicità e scissione con la religione estremista; oltre il principio di laicità negativa che vige da tempo, cioè una profonda scissione tra il mondo religioso e il mondo civile. La scorsa estate si crearono forti ansietà: una nave turca venne inviata in Grecia al fine di effettuare esplorazioni per ricerche di idrocarburi, da quel momento si creò una tensione tra Grecia, appoggiata dalla Francia, e Turchia. Atene condannò l’atto come minaccia alla pace e sicurezza internazionale, definendo la Turchia un paese inaffidabile e poco serio. Insomma un gioco tra grandi potenze che revoca il ricordo del 1920 con il trattato di Sevres che stabiliva la pace tra impero ottomano e le potenze alleate, trattato abrogato e sostituito con il trattato di Losanna nel 1923, quando già “l’impero ottomano” era solo un ricordo ma la Turchia occupava uno spazio non indifferente nel mondo e nel Mediterraneo. Allora c’è da chiedersi: l’impero Ottomano sta strategicamente ritornando?  

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Una copertina di Charlie Hebdo scatena la furia di Erdogan

Una copertina di Charlie Hebdo scatena la furia di Erdogan. Abbiamo deciso di riproporvela perché sul tema della concezione della libertà di stampa per l’Islam ci siamo scottati. Proprio Charlie Hebdo divenne il simbolo di questa relazione complicata quando la redazione del periodico francese fu sterminata da fanatici che colpivano per vendicare l’onore di Maometto. Oggi lo stesso settimanale ha causato una vera e propria crisi diplomatica: il capo di Stato turco ha minacciato ripercussioni legali e diplomatiche per la pubblicazione della prima pagina che vi riportiamo. Poi bisognerà vedere quale tribunale potrebbe imporre a un giornale europeo di adeguarsi a un sultanato di fatto come quella turca. Rimane comunque un fatto che incrina i rapporti con la nazione musulmana proprio a pochi giorni dalla decapitazione del professor Samuel Paty, il 16 ottobre, avvenuta sempre per aver mostrato vignette ironiche su Maometto. La tensione non sembra dunque destinata a scemare, specialmente adesso che la Francia ha avviato un nuovo lockdown. Un nemico esterno su cui scaricare la tensione potrebbe essere utile per i francesi, però le comunità musulmane sono molto inserite nella società. La stessa Turchia può contare su reti di moschee amiche su tutto il territorio francese. Quindi da conflitto col nemico esterno, si rischierebbe di virare verso uno interno lacerando ancora di più il tessuto sociale. Intanto l’Europa si ritrova di nuovo davanti al dubbio Carlie Hebdo: hanno ragione o no a pubblicare prime pagine volgari e insultanti per qualcuno? Sono domande essenziali in un’epoca in cui le statue vengono abbattute. Saremo ancora un continente dove si può parlare e comunicare liberamente le proprie idee? Oppure l’ansia di non offendere nessuno verrà posta prima della necessità di essere liberi nel parlare e nel pensare. Il mondo è cambiato molto, non ci sono più solo due blocchi, ma un magma mutevole. Quindi per non irritare nessuno bisognerebbe limitare moltissimo ogni comunicazione.

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Contestazione di Pap contro Erdogan

Contestazione di PaP contro Erdogan. Un presidio di protesta si è tenuto ieri per le strade di Milano. A seguire le motivazioni della protesta spiegate dai responsabili del partito di estrema sinistra e il video del presidio: È di ieri la notizia del via libera di Trump a Erdogan per l’invasione del Nord della Siria. Una mossa sconsiderata, di cui faranno le spese i curdi, che hanno già lasciato sul campo un enorme tributo alla guerra contro l’ISIS. Non solo: l’invasione rischia di innescare una spirale di violenza che, tra gioco di potenze e un rilancio del terrorismo islamista, può arrivare a toccare il mondo intero. Per questo abbiamo scritto il testo che segue indirizzandolo al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. È impensabile che il nostro Paese rimanga silente, mentre il governo degli USA, che Di Maio ha incontrato proprio l’altro giorno nella persona di Pompeo, apre le porte al massacro e al caos. Il governo deve prendere parola, schierarsi dalla parte della pace, della giustizia e dei diritti dei popoli del mondo. Non solo a parole, ma coi fatti: per questo rivendichiamo l’immediata sospensione sia dell’esportazione di armi alla Turchia che del fondo che l’UE dal 2016 regala a Erdogan affinché tenga i migranti lontani dalle città europee. Non basta una lettera a smuovere un governo il cui indirizzo è chiaramente tutt’altro, in piena continuità con la storica subalternità del nostro Paese a Washington. Serve l’azione concreta, serve costruire mobilitazione. Serve la solidarietà dei popoli del mondo. Noi siamo pronti a scendere in piazza sin da subito e a fare la nostra parte: per salvaguardare l’esperienza del confederalismo democratico, difendere la vita dei popoli della regione, batterci perché sia garantito ad ogni comunità il diritto all’autodeterminazione e ad un futuro di pace e giustizia. https://poterealpopolo.org/lettera-a-di-maio-fermiamo-linv…/ Ringraziamo per l’immagine il Partito della Rifondazione Comunista

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