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Stresa non si ferma

Stresa non si ferma. Perché se c’è qualcosa di appena emerso dalle indagini sulla strage della funivia del Mottarone, è che l’impianto è stato manomesso apposta per evitare che si stoppasse. Perché? Perché si rischiavano disservizi durante la stagione delle riaperture, perché Stresa non si ferma è diventato un must da milanese imbruttito. Come Beppe Sala rilanciava Milano non si ferma nel pieno dello scoppio della pandemia, pare che abbiamo pensato le stesse idiozie anche a Stresa e sono morte 14 persone. Un bambino è senza famiglia, ma vuoi mettere come ha viaggiato bene il turismo per famiglie a Stresa? Ieri sera i gestori dell’impianto sono crollati di fronte alle domande serrate degli investigatori ammettendo il sospetto che avevano in molti: sono andati oltre le prescrizioni di sicurezza per guadagnare più soldi possibile. Perché se la funivia si fosse fermata per un guasto, avrebbero dovuto rifondere i biglietti a chi restava bloccato sulla funivia e avrebbero perso diverse corse mentre i tecnici rimettevano a posto le cose. E allora hanno preferito rischiare la vita dei turisti, manomettendo l’impianto. Così anche in caso di guasto non avrebbero avuto problemi particolari a farlo ripartire. Perché l’essenziale è Stresa non si ferma. Cosa vuoi che sia il rischio della vita altrui, in fondo avranno pensato: “Non mi ricordo di una funivia caduta”. Eh già, perché magari quelli prima di voi un filo di morale lo avevano. E pur avendo meno mezzi, non avrebbero messo in pericolo le persone per avidità. O almeno non così stupidamente. E allora ecco che arrivano le vendette e le richieste di vendette, come se 14 persone potessero tornare in vita se piazziamo una palla in testa ai responsabili della funivia. Quello che andrebbe appreso da questa ennesima tragedia è che Stresa, come Milano, se necessario si ferma. Altrimenti si muore in modo stupido. Molto stupido. E che non possiamo più permetterci di vivere in un Paese che funziona per eccezioni ed aggiustamenti. Servono leggi chiare ed applicabili, serve uscire da una nazione retta dal decreto milleproroghe perché continuiamo a rimandare un presente normale con deroghe e rinvii. Con frasi imbecilli come “qui si è sempre fatto così” o “Stresa/Milano non si ferma”.

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Seguite i bonifici della funivia

Seguite i bonifici della funivia. Perché oggi, come sempre, la funivia non è di nessuno. Fino a ieri erano tutti felici di partecipare all’affare funivia del Mottarone. Chi forniva i materiali, chi lucrava sui servizi ai turisti, chi seguiva la manutenzione, una lunga lista di persone interessate. Ma ora che si tratta di pagare il conto perché sono riusciti nella non semplice impresa di far spezzare un cavo d’acciaio, la funivia non è di nessuno. La sindrome Jack Sparrow (ricordate? Non era mai lui ad aver chiesto un prestito o ad aver sparato a qualcuno) ha colpito ancora. A Stresa ci aspettiamo a breve si sentire dire “funivia? Quale funivia?”. Perché quando c’è da spartire bottini va tutto bene e sono tutti una comunità, ma quando il giochino si spezza e causa una strage improvvisamente nessuno sa nulla. Manco fossimo nella mitologica Corleone di 50 anni fa. Invece siamo nei possedimenti dei ricchissimi e potentissimi Borromeo, famiglia di cardinali e imprenditori che ancora domina la zona in un modo o nell’altro. Nella civilissima Lombardia nessuno si è preso subito le responsabilità, perché si sono riscoperti simili a quelli che chiamano terroni: bravi a prendere soldi a ufo, pessimi nel caricarsi le responsabilità sulle spalle. Allora mentre nella tragedia riscopriamo un carattere comune a tutti gli italiani tra le alpi e l’Etna, forse è il caso di cercare nel modo giusto i responsabili del disastro: seguite i bonifici della funivia, perché fino a ieri i bonifici partivano di sicuro. Quindi per gli investigatori la pista dovrebbe essere facile da seguire. A mano che non fosse gestita in nero la funivia, tutti i pagamenti sono tracciabili. E i responsabili rintracciabili.

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Non è un caso: l’Italia ha bisogno di cure

Non è un caso: l’Italia ha bisogno di cure. Tutto lo Stivale è pieno zeppo di infrastrutture vetuste che avrebbero bisogno di una mano di bianco o di essere abbattute e ricostruite. La funivia del Mottarone è solo un esempio: strutture, specialmente nel sistema trasporti, vecchie e da rivedere perché sono cambiati i climi e le esigenze. L’aspetto peggiore però è che va tutto bene. Anche il ponte Morandi di Genova sulla carta era a posto, con la manutenzione della famiglia Benetton che procedeva come un orologio. Sulla carta però, tant’è che nella realtà si è sbriciolato. Così come si stanno sbriciolando tutti i sistemi sociali perché sono proprio come le infrastrutture: sono ancora basati sulla generazione boomers e i le loro idee. Una generazione che non ha saputo adattarsi ai tempi, così come non vuole mettere in discussione le proprie certezze e abitudini. E poi crolla tutto. Abbiamo visto ieri che la generazione successiva ha il problema di non avere morale, perché chi ce la fa come Genovese e Di Fazio si dedica a stuprare le donne. Sono borghesi talmente mancanti che probabilmente senza droghe non saprebbero come conquistare una donna e soddisfarla. Ma quelli prima non hanno più la forza di un tempo, perché checché se ne dica dopo i 60 anni sei anziano. Il fisico non risponde più anche se in teoria è sano, così come la testa fatica ad adattarsi a nuovi schermi. Esattamente come il nostro sistema di trasporti: in teoria andrebbe rivisto, spesso smantellato, ma è ancora troppo importante per chi ha meno da vivere di quanto ha vissuto. E dunque si procede per tragedie, perché se davvero anche i trucchi che lo tengono in piedi venissero scoperchiati, un sacco di proprietari di seconde case a Capalbio perderebbero lavoro e prestigio. Ma allora la tragedia del Mottarone non è un caso: l’Italia ha bisogno di cure.

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