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Le mani della ‘ndrangheta su Malpensa e comuni limitrofi

Le cosche puntavano ai parcheggi attorno all’aeroporto di Malpensa e alla costruzione di nuove attività commerciali in aree nei comuni adiacenti. E’ uno degli aspetti che emergono dall’inchiesta “Krimisa” che ha portato all’arresto di 34 persone accusate a vario titolo di reati commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Il gip della procura di Milano ha disposto il sequestro di due parcheggi privati, “Malpensa Car Parking” e “Parking Volo Malpensa“, oltre a metà delle quote della società “Star Parkings“, che non si trovano nell’area aeroportuale. In totale il decreto ha consentito di sequestrare beni per un valore complessivo di 2 milioni di euro. I carabinieri sono riusciti a documentare summit criminali durante i quali, oltre alle questioni prettamente politiche, c’era anche la pianificazione imprenditoriale della cosca, i cui proventi erano investiti in parte nell’acquisto di ristoranti e di terreni per la costruzione di parcheggi poi collegati con navette all’aeroporto. “In ogni paese c’e’ una ‘ndrangheta“. E’ in questa frase pronunciata dalla voce roca dell’imprenditore edile Cataldo Casoppero (arrestato) la sintesi dell’ennesima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sulla ‘ndrangheta al nord. Le cosche sono dappertutto, anche nei piccoli centri dove tutto sembra immobile, e gli arresti non sempre bastano a curare un territorio. L’indagine ‘Krimisa‘ ne è la dimostrazione, molti dei 34 destinatari dell’ordinanza eseguita stamattina dai carabinieri sono gli stessi già condannati dieci anni fa per associazione mafiosa, vertici della locale di Legnano (Milano)-Lonate Pozzolo (Varese) che ancora comandano nella zona, indirizzano la politica e condizionano l’economia. Il voto di scambio e la gestione di tre parcheggi attorno all’aeroporto di Malpensa sono i punti focali di un quadro di malaffare endemico e radicato. A capire il business dei parcheggi e’ Emanuele De Castro, 58enne palermitano, condannato nel 2011 per associazione mafiosa e tornato libero il 14 ottobre 2015. C’è lui dietro il ‘Parking volo Malpensa‘, il ‘Malpensa car parking‘ e il 50% di “Star parkings srls” (tutti sequestrati). Dalla vicenda dei parcheggi emerge la figura di un imprenditore che ha deciso di opporsi alle cosche e di collaborare con gli inquirenti, raccontando le minacce subite affinchè rinunciasse a un lotto. Ma nell’indagine dei militari del comando provinciale di Milano, oltre ai boss, c’è anche un politico in manette per associazione mafiosa: Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Ferno (Varese) che è “uomo di fiducia e autista di Giuseppe Spagnolo, elemento di spicco della cosca Farao-Marincola“. Con quest’ultimo partecipa a due summit in cui vengono “definite strategie comuni e risolti contrasti interni al gruppo” tra cui la pacificazione tra Mario Filippelli (condannato nel 2010 per associazione mafiosa e tornato in libertà nell’agosto 2017) e De Castro. E’ sempre Misiano a intercedere con Filippelli affinchè ordini ai fratelli Cristoforo e Antonio De Novara (arrestati) di interrompere l’estorsione nei confronti del collega di partito Alessandro Pozzi (e del fratello di quest’ultimo), consigliere e membro supplente della commissione Commercio e attività produttive e membro supplente della commissione Bilancio e tributi. In cambio gli promettono “un loro generico interessamento per agevolarlo nell’imminente bando di gara per l’assegnazione della gestione dei campi sportivi di Ferno“. La locale di Legnano-Lonate Pozzolo, direttamente collegata a quella di Cirò Marina (Crotone) era stata “solo momentaneamente sopita” a causa della carcerazione dei vertici a seguito delle indagini ‘Bad Boys‘ (23 aprile 2009) e ‘Infinito‘ (18 agosto 2010). Con la scarcerazione di Vincenzo Rispoli (condannato per 416 bis e tornato libero il 24 febbraio 2017), Castro e Filippelli (elencati nell’ordine di importanza gerarchica) vengono ripristinati i ruoli che con la loro assenza erano stati insidiati dai fratelli Cataldo e Giovanni Cilidonio (entrambi arrestati), poi allontanati da Ferno come punizione per aver bruciato senza permesso l’auto di due persone “sbagliate“. Fondamentale nella fase di riassetto la figura di Spagnolo, che garantisce la formazione di “un’unica banda” e la spartizione dei guadagni destinati a confluire nella cassa comune che serve anche a supportare chi e’ in carcere. Il timore di finire dentro era diffuso, in molte intercettazioni si ipotizza di arresti imminenti e della paura dei pentiti. Tra i 34 destinatari dell’ordinanza emessa dalla Dda di Milano c’è anche Peppino Falvo, coordinatore regionale dei cristiano-popolari. Secondo quanto riferito dall’ex sindaco di Lonate Pozzolo, Danilo Rivolta (arrestato nel 2017 in un’altra indagine e non indagato in questa inchiesta), Falvo avrebbe avuto un ruolo di intermediario con le cosche per fargli ottenere un pacchetto di 300 voti in cambio dell’assunzione ad assessore alla Cultura di Patrizia De Novara, nipote del boss Alfonso Murano, ucciso il 28 febbraio del 2006 a Ferno. “Quando l’assessore è stata invitata a un incontro sulla legalità – hanno spiegato i pm – per coerenza con la propria storia ha preferito non partecipare“. ANSA  

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‘Ndrangheta, otto arresti a Milano

I Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Milano stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Corte d’assise d’appello di Milano nei confronti di 8 persone accusate degli omicidi di Carmelo Novella, Antonio Tedesco e Rocco Stagno, tutti ritenuti appartenenti alla ‘locale’ di Seregno-Giussano e uccisi tra il 2008 e il 2010 tra le province di Milano e Como. I provvedimenti fanno riferimento ad un’indagine del Ros, che nell’aprile del 2011 aveva portato il gip del tribunale di Milano ad emettere un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 19 soggetti ritenuti responsabili di associazione mafiosa, omicidio, detenzione e porto illegale di armi, sottrazione e occultamento di cadavere. Le indagini, grazie anche alle dichiarazioni di Antonino Belnome, collaboratore di giustizia e capo della locale di ‘ndrangheta di Giussano, avevano consentito di accertare che l’omicidio di Carmelo Novella, capo della Lombardia, era avvenuto per bloccare il suo tentativo di emancipazione dalla ‘Provincia’ reggina, mentre quelli di Tedesco e Stagno erano da ricondurre alle dinamiche conflittuali interne alla locale di Guardavalle (Catanzaro). I provvedimenti sono scattati all’esito del processo di secondo grado che ha confermato la condanna all’ergastolo nei confronti degli 8 imputati, con la corte d’assise d’appello che ha ritenuto sussistente il concreto pericolo di fuga. L’indagine, chiamata “Bagliore”, e’ iniziata nel 2011 come una costola di Infinito e scaturita da quattro omicidi “illustri” avvenuti tra il 2008 e il 2010 in terra lombarda. A partire da quello di Carmelo Novella, ucciso a San Vittore Olona il 4 luglio 2008 in pieno giorno nel bar in cui era solito andare. Un commando formato da due persone a volto scoperto lo aveva finito per vendicarsi del suo tentativo di “allargarsi”: Novella, allora “capo” della Lombardia non voleva piu’ sottostare agli ordini dei clan calabresi, fra cui i Gallace di Guardavalle Centrale. Ad ucciderlo era stato Antonino Belnome, che si sarebbe poi convinto a testimoniare diventando il piu’ importante collaboratore di giustizia nel panorama lombardo; insieme e lui l’altro killer che aveva portato via il cadavere, le armi e recuperato la targa del motorino rubato con cui si erano recati sul luogo dell’esecuzione. Poi il cadavere era stato interrato in una buca. Cosi’ come quello di Antonio Tedesco, ucciso a Bregnano nel 2009, in Brianza, e il cui cadavere fu nascosto con le stesse modalita’. Tedesco era stato attirato con una trappola fingendo un rito di affiliazione e fatto arrivare in un circolo dove i clan erano soliti riunirsi; poi circondato: prima colpito alla testa con un’arma contundente e poi finito con una pistola. E’ dell’anno dopo invece l’omicidio di Rocco Stagno, ucciso a Bernate Ticino il 29 luglio del 2010. Per tutti questi episodi gli investigatori hanno quindi accertato colpevoli e responsabilità, mentre non sono ancora stati chiariti fino in fondo i contorni della morte di Rocco Cristello, avvenuta per cause violente a Verano Brianza nel 2008. La indagini, coordinate dalla Dda di Milano avevano portato alla sentenza dell’ergastolo per tutte le persone coinvolte, poi confermata in Appello, e qui tornata per vizi di forma dopo l’esame della Suprema Corte. Ritenendo pero’ concreto il pericolo di fuga per i 5 ancora non in carcere, i giudici togati e civili di Milano hanno ritenuto di confermare l’ordinanza, confermando la condanna per tre dei quattro omicidi. Risultano invece prescritti i reati di soppressione e sottrazione di cadavere.

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Ndrangheta, colpo alla cosca che gestiva lo spaccio a Milano

Nuovo colpo alla cosca di ‘ndrangheta Barbaro-Papalia. Dall’alba i carabinieri della compagnia di Corsico stanno eseguendo a Milano, Como e Reggio Calabria un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 10 italiani e 4 marocchini ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga e in particolare cocaina. Le indagini sono dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano e hanno consentito di accertare che il gruppo, costituito e organizzato da 4 fratelli della famiglia Barbaro-Papalia, gestiva lo spaccio di cocaina servendosi di una fitta rete di pusher di origine magrebina.  

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Aggredirono debitore, cinque arrestati per estorsione

A Legnano, alle porte di Milano, si è intrecciato un inedito rapporto tra colletti bianchi e ‘ndrangheta: sono i professionisti questa volta a coinvolgere la cosca locale, per farsi aiutare a riscuotere un presunto credito. Il risultato è un violento pestaggio. L’imprenditore paga e non denuncia, ma la vicenda giunge alle orecchie degli investigatori della Dia di Milano, impegnati nelle operazioni ‘Linfa’ e ‘Kerina 2’, che i mesi scorsi hanno portato al sequestro di 150 chilogrammi di sostanza stupefacente e all’arresto di 17 persone, per lo più di origine calabrese, per associazione finalizzata al traffico e alla detenzione di droga. Tra queste ci sono tre degli autori del violento pestaggio, avvenuto il 20 gennaio 2017. Si tratta di Giuseppe Morabito, Massimo Emiliano Ferraro e Federico Ciliberto, già condannati in primo grado per i reati di narcotraffico. Il ruolo preminente nella vicenda, però, è di una donna. Paola Galliani, classe 1969, lombarda, è una professionista che lavora nell’ambito economico-finanziario, incensurata e senza legami familiari o personali con la ‘ndrangheta, con solo una denuncia della Guardia di Finanza risalente al 2016, per esercizio abusivo della professione di broker finanziario. Eppure, dopo aver tentato – come dice in un’intercettazione – di riscuotere il suo presunto credito, di circa 60mila euro, “con le buone maniere”, decide di “scatenare la belva“. Così infatti definisce la ‘ndrangheta, dimostrando – come spiega in conferenza stampa il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Alessandra Cerreti – “di conoscere ed essere consapevole della violenza di queste persone“. Il pestaggio avviene proprio nello studio della professionista, dove l’imprenditore vittima di estorsione viene attirato con l’inganno dalla Galliani e dal suo collaboratore, Enrico Verità, che gli dicono di voler parlare del presunto credito vantato. Lì l’uomo trova ad attenderlo Morabito e i suoi uomini, che lo picchiano a sangue. Dopo l’episodio, la Galliani scherza al telefono sul pestaggio con Morabito (“un soggetto – spiega la dottoressa Cerreti – contiguo alla ‘ndrangheta, perché non ha una sentenza definitiva di condanna, ma che per rapporti personali e familiari riteniamo una persona vicina alle cosche ‘Pesce’ e ‘Bellocco’ di Rosarno“), “manifestando – sottolinea il sostituto procuratore – anche in questo una comunanza con la tipologia mafiosa“. Dopo l’aggressione, la ‘ndrangheta subentra alla professionista nel vantare il credito, che Morabito riesce in parte a riscuotere. Un dettaglio, questo, che gli investigatori vengono a sapere da un’altra intercettazione ambientale, che ha per protagonista Edoardo Novella, figlio di Carmelo Novella, il reggente della struttura ‘Lombardia’ della ‘ndrangheta ucciso in un agguato a San Vittore Olona (MI) il 14 luglio del 2008, e che a sua volta rivestiva secondo la Dia un ruolo di rilievo nell’organizzazione di narcotraffico sgominata, dal momento che aveva messo a disposizione per la droga i locali di una sua società. Paola Galliani, che non aveva più il suo studio di Legnano ed era ora dipendente di una società, è stata arrestata con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso ed è ora in carcere, così come Giuseppe Morabito e Massimo Emiliano Ferraro, finiti in manette nelle operazioni ‘Linfa’ e ‘Kerina’. Sono invece agli arresti domiciliari il collaboratore della broker Enrico Verità e Federico Ciliberto, un giovane classe 1994, fidanzato con la figlia della Galliani e considerato dagli inquirenti il braccio destro di Morabito.

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