ospedali

Attacco hacker agli ospedali Fatebenefratelli e Sacco

Un attacco hacker ha colpito dalle tre del primo maggio i presidi ospedalieri e territoriali dell’Asst Fatebenefratelli Sacco, ovvero dell’azienda ospedaliera. Da Regione Lombardia spiegano che data l’entità dell’attacco non si sa quando saranno ripristinati i sistemi.Di conseguenza oggi e domani i pronto soccorso e i punti prelievo dei presidi ospedalieri dell’Asst Fatebenefratelli Sacco (Fatebenefratelli, Sacco, Buzzi e Melloni) saranno in grado di accettare gli accessi dei pazienti in maniera limitata e solo attraverso modulistica cartacea e potranno esserci disagi per le prestazioni ambulatoriali. “Le visite ambulatoriali prenotate e le attività di pre ricovero sono comunque garantite” assicurano dalla Regione. L’attacco hacker sui server dei siti Fatebenefratelli e Sacco ha avuto conseguenze su tutte le sedi aziendali (Buzzi, Melloni e 33 sedi territoriali) e su tutti i sistemi aziendali attaccando anche i servizi di base “nonostante l’accrescimento delle misure di sicurezza poste in essere negli ultimi mesi”. E’ iniziato il lavoro di ripristino che però “non ha al momento tempi definibili”. Sul posto si trovano anche i tecnici dei servizi di sicurezza informatica regionali e la polizia postale. Di certo, spiega la nota dell’Asst, “sarà presentata denuncia formale”. L’azienda di Emergenza Urgenza è stata informata dei problemi e ha “già provveduto a dirottare tutte le emergenze su altri presidi ospedalieri milanesi”. ANSA

Attacco hacker agli ospedali Fatebenefratelli e Sacco Leggi tutto »

Fiera: arrivano rinforzi dagli altri ospedali

Regione Lombardia punta a rafforzare l’ospedale in Fiera (dove i ricoverati sono oggi saliti a 8) in vista del temuto dilagare dell’epidemia. Ogni ospedale adotta un modulo della struttura in Fiera e quindi invia anche proprio personale. In pratica, nell’attuazione del progetto, saranno coinvolti gli operatori degli ospedali Hub della Lombardia che “adotteranno” uno o più moduli degli ospedali in Fiera”. La gestione delle attivita’ assistenziali nei vari moduli della Fiera di Milano è affidata agli ospedali Policlinico, Niguarda, San Gerardo Monza, San Matteo Pavia, Varese, Legnano/Busto, Humanitas. In una fase successiva verranno coinvolti gli ospedali di Lecco/Como, Gruppo San Donato e Cremona. Intanto sono stati rimessi in evidenza sul sito della Regione gli avvisi pubblici per la ricerca di personale, avvisi che erano stati aperti il 18 marzo scorso. Gli ospedali lombardi iniziano a essere sotto pressione, e nelle terapie intensive si monitora con attenzione l’evoluzione delle prossime 48 ore. ANSA

Fiera: arrivano rinforzi dagli altri ospedali Leggi tutto »

Coronavirus, nessun problema negli ospedali milanesi

Gli ospedali di Milano al momento reggono nel fronteggiare il carico di pazienti, anche di coronavirus, mentre l’ospedale di Bergamo Papa Giovanni XXIII si è organizzato destinando 16 posti letto in più in terapia intensiva per il Covid-19. In particolare, al Policlinico i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono rimasti gli stessi dei giorni scorsi. I letti destinati al coronavirus, separati, sono sei, e di questi due sono occupati da pazienti arrivati nei giorni scorsi dalla zona rossa. Al San Raffaele, dove nei giorni scorsi è stato attivato un reparto di 14 posti letto solo di infettivologia, è arrivato in terapia intensiva un paziente da altri ospedali, mentre al Niguarda sono arrivati ieri 15 pazienti dall’ospedale di Lodi. A Pavia, presso l’Ics Maugeri, continuano ad essere ricoverati i pazienti provenienti dai reparti di cardiologia, pneumologia e medicina interna dal San Matteo. ANSA  

Coronavirus, nessun problema negli ospedali milanesi Leggi tutto »

Amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale

Amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale. Siamo arrivati a questo perché negli ospedali i parenti dei degenti, ma probabilmente anche molti addetti a vari livelli, si rubavano amuchine e mascherine. Nei principali ospedali lombardi l’unica soluzione per non vederle sparire del tutto è stata mettere sotto chiave i rifornimenti. Nel Paese del chemmenefregaamè siamo messi così, dopo l’assalto ai supermercati anche questo. Poi qualcuno si stupisce che nessuno abbia voglia di venire in Italia, o che in generale all’estero l’italiano era visto come un disonesto già prima della crisi da Coronavirus. Eppure si va avanti così, senza colpo ferire: c’è l’emergenza Coronavirus? E io intanto mi rubo le risorse che servono a tutelare chi deve curarci, tanto che mi frega? Basta andare per le strade e c’è la consistente sensazione che in realtà l’italiano medio ha raggiunto l’apice di alcune specie destinate all’estinzione. La serenità umana con cui si passa sui cadaveri degli altri è il segno che non c’è nessuna comunità, solo un insieme si persone che costringe chi se ne cura a chiudere l’amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale. Una follia in ogni Paese civile, la normalità in Italia. C’è voluta la crisi epidemica per scoprire che si può lavorare in smartworking, ma dubitiamo che la lezione servirà perché gli immobiliaristi come Manfredi Catella stanno riempiendo Milano di palazzi per uffici. Se non servissero, poi come vivrebbe il sistema macro parassitario?

Amuchina e mascherina sotto chiave in ospedale Leggi tutto »

Fumagalli, M5S: “Singolare: respingiamo le Ong, ma negli ospedali curiamo i militari libici”

Fumagalli, M5S: “Singolare: respingiamo le Ong, ma negli ospedali curiamo i militari libici”. La questione la riassume così Marco Fumagalli, consigliere regionale Cinque Stelle in Regione Lombardia. Oggi lo abbiamo intervistato sulla curiosa vicenda dei miliziani libici curati negli ospedali italiani negli ultimi anni. Una nebulosa faccenda su cui si sono accesi in parte i riflettori per un episodio di violenza accaduto proprio tra bande libiche ospitate nelle strutture del gruppo San Donato. Ad oggi si sa quanti sono i libici ospitati negli ospedali italiani?  I controlli disposti da Regione Lombardia sono talmente insufficienti e la risposta data dall’Assessore Gallera in Consiglio così banale, che non abbiamo idea di quante persone sono ricoverate e nemmeno se sono militari o altro. Non è una novità che la Giunta Regionale cerchi di sviare l’argomento e avere un atteggiamento reticente e non sorprende, nemmeno, che si comportino in modo superficiale. Se fossero stati precisi e puntuali i dati sul numero di questi soggetti ricoverati sarebbero stati resi noti fin dal mese di novembre 2019 quando ho fatto esplicita richiesta. Che lei sappia qualcuno ha controllato che non ci fossero criminali di guerra tra loro? Dalla risposta data dal Gruppo San Donato, in data 20 dicembre, alla mia richiesta di chiarimenti si riferisce “che non sono informati dello status – militare o civile – dei pazienti per note ed evidenti ragioni di privacy”. Dato che quando si viene ricoverati si devono fornire le generalità, anche per motivi sanitari legati ad eventuali malattie professionali, mi chiedo quali procedure adottino al San Donato in fase di accettazione e quali procedura siano state adottate in relazione a questi pazienti. Evidentemente in Giunta non fanno domande. Io invece le domande le faccio e voglio capire chi erano queste persone e perché Regione non ha indagato fin dalla mia richiesta di informazioni. Le reticenze alle legittime domande e le indagine coordinate dalla Digos non possono che far pensare al peggio. Non sappiamo chi erano questi violenti che avevamo a due passi da casa nostra e sorprende che tutto ciò sia avvenuto con il beneplacito di Regione Lombardia. Regione lombardia si sta muovendo in questo senso? Sembra che la cura di questi “pazienti” libici sia stata effettuata a seguito di una richiesta dell’Ambasciata libica presso la Santa Sede. Potrebbe essere che il Vaticano abbia concesso un “corridoio” umanitario per la cura di questi pazienti. E’ singolare che le ONG che operano sui mari vengano fermate per effetto del decreto sicurezza, come nel caso della ONG al comando di Carola Rackete, mentre non meglio specificati “militari” – come riporta la stampa – vengono curati a Milano con il consenso di Regione Lombardia. La cosa ancora più strana è che i morti e feriti nel conflitto civile libico sono qualche centinaia, come riportato da fonti di stampa e dalla relazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Stando, quindi, ai numeri riportati dai giornali di circa cento libici negli ospedali milanesi, pare, quanto meno, improbabile che siano venuti tutti a Milano a farsi curare. E’ per questo che occorre capire quante persone sono state realmente ospitate presso il Gruppo San Donato. E’ evidente che tutta questa situazione è molto strana e sorprende l’atteggiamento di Regione Lombardia che tenta di deviare l’attenzione mediatica concentrandosi sulle responsabilità del Gruppo San Donato. È stata, infatti, comminata una sanzione contrattuale a carico del Gruppo per un utilizzo improprio dei posti letto destinati in regime di accreditamento con il servizio sanitario regionale, senza tuttavia che sia stata citata la base normativa o regolamentare a sostegno della decisione e della determinazione del quantum. Lei ha presentato un’interrogazione per avere informazioni sul tema, ha intenzione di intraprendere altre iniziative con lo stesso scopo? Andrò a fondo di questa situazione perché coerenza vuole che se si è usato il pugno di ferro con le ONG nel Mediterraneo, e allora così deve essere fatto anche per coloro che curano non meglio precisati cittadini libici a Milano. I leghisti fanno i bulli con le ONG e poi calano le braghe con chi gestisce il 40 % della sanità lombarda. Qualcosa mi dice che occorre fare chiarezza intorno a questa vicenda.

Fumagalli, M5S: “Singolare: respingiamo le Ong, ma negli ospedali curiamo i militari libici” Leggi tutto »

Rozza (PD): 1.704 aggressioni negli ospedali milanesi negli ultimi tre anni

Spinte, botte, schiaffi, insulti e minacce verbali: sono le aggressioni che si registrano nelle strutture ospedaliere a danno del personale medico e sanitario. Il fenomeno non è nuovo, ma si fa ancora fatica a stabilirne appieno le dimensioni, perché manca un sistema di procedure univoco ed omogeneo di raccolta e monitoraggio dello stesso. E allora ad accendere i riflettori ci prova il Pd di Milano. Ad esempio tirando fuori dai cassetti i dati forniti dalle strutture, 1.704 aggressioni totali registrate a Milano dal 2016 all’1 settemnbre del 2019; e si tratta di numeri ancora parziali e disomogenei. Per quanto riguarda gli ambiti in cui risultano concentrarsi le aggressioni i più colpiti sono i posti di Pronto soccorso (462 casi dal 2016 all’1 semestre 2019) e i reparti di psichiatria (195 episodi). Nel primo ambito un legame ci sarebbe con scarsezza del personale, con conseguenze che si ripercuotono sulle ore di attesa. Nel secondo caso invece la causa andrebbe ricondotta alla mancanza di formazione specifica per gestire la tipologia di paziente. Corsie che si svuotano, medici e operatori sempre a ranghi ridotti si trovano a farsi carico di un numero sempre maggiore di pazienti, col risultato di liste e tempi di attesa ai Pronto soccorsi che si allungano. A farne le spese sono purtroppo gli infermieri, secondo i numeri nell’80% dei casi di aggressione. Messi in fila numeri e problemi, per la consigliera regionale Carmela Rozza si può dire che se “fino ad oggi ci sono state solo raccomandazioni, adesso ci vuole una legge“. Per Rozza, infatti, “solo con la forza di una legge possiamo obbligare tutte le Aziende sanitarie a mappare il fenomeno delle aggressioni in maniera omogenea e secondo un sistema univoco“. Dai numeri raccolti, continua la consigliera Dem, “emerge approssimazione e noncuranza nei confronti di un fenomeno troppo importante. Gli operatori socio-sanitari arrivano a sentirsi responsabili di inefficienze e ritardi, cosa che li spinge spesso a non segnalare episodi di cui sono vittime“. Un progetto di legge promosso dal gruppo Pd in Consiglio regionale (prima firma Rozza), prova allora a intervenire sulla formazione del personale, mette in fila obblighi, procedure e responsabilità coinvolgendo Istituzioni, dirigenti, operatori e cittadini, in una grande operazione di riequilibrio, rinnovamento e messa in sicurezza dei luoghi della cura e dell’assistenza. In più detta la necessità di istituire un tavolo dove tutti gli attori, dai sindacati alle Forze dell’ordine, dall’assessorato ai tecnici del settore, possano contribuire a definire le linee pratiche alle Ats, e un fondo economico di 400mila euro per la prima annualità. “Il tema della sanità è vastissimo, ma purtroppo di sicurezza negli ospedali non si parla mai – denuncia Silvia Roggiani segretaria metropolitana del Pd – si tratta di un fenomeno che tocca da vicinissimo la vita delle persone ma è troppo poco indagato. Per questo motivo il Pd, attraverso i suoi rappresentanti nelle Istituzioni, vuole accendere un faro e andare nella direzione di garantire maggiori garanzie ai pazienti, da una parte, e sicurezza e tutele a medici e operatori sanitari ritenuti, a torto, responsabili di attese ritardi e disservizi”. Un buon lavoro, in termini di mappatura e conoscenza del fenomeno, è stato avviato dall’Asst Policlinico, i cui risultati stanno dando dei frutti significativi in termini di interpretazione dei numeri. Ancora diverso è il caso della Asst Lariana (che ci lavora nel 2007) dove grazie alla sensibilità di dirigenti e operatori si sono stabiliti regole e protocolli ben precisi che consentono una lettura molto più approfondita del fenomeno. Azienda ospedaliera dove, peraltro, è possibile individuare una riduzione in numeri assoluti delle aggressioni.  

Rozza (PD): 1.704 aggressioni negli ospedali milanesi negli ultimi tre anni Leggi tutto »