San Raffaele

Scoperti accumuli proteici nel sistema nervoso periferico di pazienti affetti da SLA

Scoperti accumuli proteici nel sistema nervoso periferico di pazienti affetti da SLA Grazie a un’innovativa biopsia del nervo motorio, i ricercatori del San Raffaele hanno dimostrato che gli accumuli proteici già identificati a livello cerebrale sono presenti anche nel sistema nervoso periferico e potrebbero avere un ruolo rilevante nella progressione della malattia Milano, 25 gennaio 2022 – Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha rilevato per la prima volta la presenza di specifici accumuli proteici nel sistema nervoso periferico dei pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Grazie a una tecnica diagnostica avanzata – la biopsia del nervo motorio – è stato riscontrato che la proteina pTDP-43 si accumula all’interno dei nervi motori dei pazienti con SLA prima che avvenga la degenerazione assonale tipica della patologia, suggerendo che questo evento precoce potrebbe contribuire alla patogenesi della SLA e costituire, in futuro, un possibile biomarcatore diagnostico. La ricerca – pubblicata sulla rivista Brain e coordinata da Nilo Riva, neurologo ricercatore dell’Unità Operativa di Neurologia San Raffaele, diretta da Massimo Filippi, professore ordinario di Neurologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, e da Angelo Quattrini, responsabile dell’Unità di ricerca di Neuropatologia Sperimentale – è frutto della collaborazione con altri istituti e ospedali italiani ed è stata possibile grazie al sostegno di Fondazione AriSLA, del Ministero della Salute e della Fondazione Giovanni Marazzina. Lo studio del San Raffaele La SLA è la forma più conosciuta e aggressiva delle malattie del motoneurone, patologie caratterizzate da una degenerazione precoce dei neuroni responsabili del movimento, localizzati a livello della corteccia cerebrale, del tronco encefalico e nel midollo spinale. Più del 95% del volume totale di queste cellule, altamente specializzate, è costituito dal prolungamento assonale, parte strutturale essenziale dei nervi periferici. I ricercatori del San Raffaele hanno deciso pertanto di concentrarsi sul ruolo del sistema nervoso periferico nello sviluppo della malattia, e in particolare sulla presenza di aggregati proteici all’interno dei nervi motori. “Siamo già a conoscenza, grazie ad analisi post mortem, della presenza di depositi della proteina pTDP-43 nel cervello dei pazienti con SLA. Ma mai questa indagine era stata condotta nei nervi periferici. Sfruttando una particolare tecnica precedentemente sviluppata sempre al San Raffaele – la biopsia del nervo motorio – è stato possibile analizzare gli accumuli di questa proteina in vivo, in pazienti valutati nella fase di inquadramento diagnostico” afferma Nilo Riva, primo autore dello studio. I ricercatori hanno raccolto retrospettivamente i campioni di nervo motorio prelevati da 102 pazienti affetti da SLA nella fase iniziale della malattia. L’accumulo della proteina è stato riscontrato sia negli assoni (oltre il 98% dei casi) sia nelle cellule di Schwann (oltre il 70%), le cellule che contribuiscono a formare la guaina mielinica intorno agli assoni stessi. Nuove prospettive di diagnosi e cura per la SLA “Gli accumuli di pTDP-43 sono stati trovati anche precedentemente al danno morfologico, ossia prima che avvenisse la degenerazione assonale. Questo significa che, in linea teorica, la presenza di pTDP-43 nel nervo potrebbe essere sfruttata come biomarcatore diagnostico specifico” spiega Nilo Riva. Data l’eterogeneità fenotipica della SLA, la sua diagnosi non è infatti sempre facile e immediata e normalmente avviene solo attraverso l’analisi dei sintomi. “La biopsia del nervo motorio rimane tuttavia una tecnica invasiva, seppur minimamente, e per questo sarebbe da considerarsi un esame di secondo livello, da eseguire in caso di diagnosi dubbie in centri specializzati come il nostro,” conclude Nilo Riva. Lo studio del San Raffaele getta anche nuova luce sui meccanismi biologici alla base della malattia e sulla rilevanza del sistema nervoso periferico per lo sviluppo di future terapie. “Il prossimo passo consiste nel cercare di comprendere sempre più nel dettaglio – attraverso modelli sperimentali della malattia – il processo di accumulo proteico che avviene negli assoni e nelle cellule di Schwann” spiega Angelo Quattrini, coordinatore e ultimo nome dello studio. “Se questi accumuli hanno un ruolo patogenetico, si potrebbe pensare in futuro di bloccare ed eliminare gli accumuli proteici per prevenire così la degenerazione: ricordiamo infatti che ad oggi non esistono cure risolutive per i pazienti affetti da SLA e che le terapie si limitano ad alleviare alcuni sintomi”. In una prospettiva più ampia: “La nostra ricerca apre nuovi scenari anche per altre malattie neurodegenerative associate all’accumulo di pTDP-43, come la demenza frontotemporale. La presenza di depositi proteici nel sistema nervoso periferico potrebbe costituire, anche in quel caso, un marcatore diagnostico e prognostico innovativo,” conclude il prof. Massimo Filippi.

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Al San Raffaele il farmaco Anakinra riduce la mortalità

L’anti-infiammatorio Anakinra, usato per il trattamento dell’ artrite reumatoide, riduce la mortalità dei malati gravi di Covid-19 in modo significativo, se dato in fase precoce della malattia, a differenza di un altro anti-infiammatorio, il tocilizumab, sperimentato nei mesi scorsi. Lo indica uno studio dell’ospedale San Raffaele di Milano, pubblicato sulla rivista Lancet Reumathology. La ricerca, coordinata da Lorenzo Dagna e Giulio Cavalli, ha messo a confronto l’efficacia di due diversi tipi di anti-infiammatori su pazienti con forme gravi di Covid-19: anakinra (inibitore dell’Interleuchina IL-1), e tocilizumab e sarilumab (inibitori di IL-6). E’ così emerso che, a differenza di questi ultimi, solo con anakinra si ha una riduzione sostanziale della mortalità, ma se dato tempestivamente ai pazienti. “I tassi di mortalità del Covid-19 sono in buona parte associati all’emergere, nei pazienti con forme gravi della malattia, della cosiddetta sindrome da tempesta citochinica, uno stato iper-infiammatorio caratterizzato da una risposta immune eccessiva e dannosa”, spiega Dagna. “Fin dall’inizio si è ipotizzato che le citochine più coinvolte nel processo infiammatorio fossero IL-1 e IL-6 – continua – I primi tentativi di trattamento si erano concentrati sull’inibizione di IL-6, soprattutto attraverso la somministrazione di tocilizumab”, che però ha mostrato di avere una scarsa efficacia. Il San Raffaele è stato il primo istituto a testare anakinra, farmaco utilizzato abitualmente per l’artrite reumatoide e altre gravi malattie infiammatorie. La ricerca dimostra inoltre l’importanza di intervenire in fase precoce, quando i danni della malattia sono ancora contenuti. ANSA

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Covid19, al San Raffaele chiedono 450 per una visita

Covid19, al San Raffaele chiedono 450 per una visita. E per una singola telefonata i privati vogliono 90 euro, mentre per la visita domiciliare il costo sale a 450 euro. Un fatto che ha subito causato reazioni scandalizzate dal mondo politico visti i gravi problemi della sanità lombarda nella gestione dell’emergenza Covid. “È  una notizia che mi lascia sgomento. Come si fa a non pensare, se fosse esattamente come riportato dai media, che c’è chi si arricchisce col Covid? Ho predisposto un’interrogazione urgente per chiedere ai vertici dell’Assessorato al welfare e alla direzione generale della  sanità lombarda, se Regione abbia un qualche ruolo in tutta questa vicenda; nel qual caso chiederò all’ente istituzionale di sottrarsi e togliere qualsiasi tipo di permesso concesso per un servizio del genere. Nel tariffario è previsto: visita dominicale, prelievo ematico, radiografia toracica e misura dell’ossometria; se non si vuole una visita a domicilio la si fa a distanza, risparmiando 360 euro. Non si faccia business sul Covid. Occorre concentrarsi per potenziare la sanità pubblica, far crescere i presidi sul territorio e potenziare la cosiddetta medicina di prossimità. L’iniziativa del San Raffaele, se confermata, evidenzia il livello patologico raggiunto dall’offerta sanitaria regionale. Io sono per invertire la rotta”, così Luigi Piccirillo, Consigliere regionale del Movimento 5 Stelle e membro della III Commissione sanità. L’immagine del San Raffaele sembra dunque destinata a essere sempre più danneggiata dalla pandemia e dalle sue conseguenze. Il suo medico più famoso, Alberto Zangrillo, è diventato un “eroe” del negazionismo. Nei mesi scorsi aveva addirittura parlato di virus “clinicamente morto”, attirandosi le critiche di chiunque avesse il polso della situazione reale poi esplosa nella seconda ondata che sta travolgendo Milano. Oggi il San Raffaele torna al disonore delle cronache per quello che sembra il destino della sanità lombarda: chi potrà pagare, si potrà curare, chi invece non ha il portafoglio gonfio è destinato a pregare. Perché almeno quello per ora è alla portata di tutti.

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Berlusconi ricoverato al San Raffaele

Berlusconi ricoverato al San Raffaele. La notizia ha spiazzato la mattinata dopo che in serata lo stesso fondatore di Forza Italia aveva ammesso di aver avuto anche la febbre. Nei giorni scorsi si era scoperto che era positivo al Covid, a quanto pare contagiato da uno dei figli. Dicono Barbara. “Sono anch’io vittima come tanti italiani del contagio del covid, una malattia di cui non ho mai sottovalutato l’importanza, né i rischi che comporta e la conseguente necessità di misure rigorose di tutela della salute pubblica. Mi è capitato anche questo. Non ho più febbre, non ho più dolori e voglio rassicurarvi sto abbastanza bene e continuo a lavorare” ha detto ieri l’ex premier. Si scopre oggi invece che è ricoverato. Una misura precauzionale dicono i suoi fedelissimi, perché a 83 anni pure uno spericolato come Silvio procede con prudenza. Bisogna però ammettere che il San Raffaele si è fatto notare per una comunicazione omissiva che sicuramente è un valore per i pazienti, specialmente se abbienti, ma lascia sempre aperto un dubbio per chi si occupa di informazione. E sono in tanti a temere per la salute di Berlusconi senior, perché tra posti in Parlamento e posti di lavoro l’ex Cavaliere vale migliaia di stipendi. E poi molti equilibri si reggono finché Silvio è vivo, ma una volta scomparso non è detto che le sue aziende resistano. Solo la figlia Marina sembra donna di polso, una in grado di portare avanti l’impero. La tensione insomma sale in tutti gli ambienti perché Berlusconi ricoverato al San Raffaele è una notizia che in qualche modo colpisce tutti. Si prevede dunque un capannello di giornalisti in formazione di fronte all’ospedale non appena avranno finito di ascoltare le rassegne stampa registrate del mattino.

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L’ospedale conferma: “Briatore positivo al Covid”

L’ospedale conferma: “Briatore positivo al Covid”. Avevano provato a negarlo sia lui che altri suoi storici amici come Daniela Santanché, ma alla fine l’ospedale ha dovuto diramare una nota esplicativa in cui ammetteva che il noto personaggio è stato trovato positivo al Covid. “Flavio Briatore si e’ rivolto all’Ospedale per una specifica patologia diversa da Covid-19 e che e’ stato sottoposto prima del ricovero, come tutti i pazienti, al tampone rinofaringeo per il rilevamento del Coronavirus SARS-Cov-2. Il tampone e’ risultato positivo e di conseguenza al signor Briatore e’ stato applicato il protocollo standard che prevede l’isolamento e l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale necessari in caso di positivita’, sia per la sicurezza del paziente, sia per la tutela del personale di reparto e degli altri pazienti ricoverati”. Come specifica l’Ansa, lo rende noto l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. L’ospedale ribadisce che “la modalita’ di ricovero applicata risponde a tutti i requisiti di sicurezza necessari nel rispetto delle norme anti-contagio”. La nota e’ firmata da Giulio Melisurgo, medico curante, IRCCS Ospedale San Raffaele, e da Pasqualino D’Aloia, direttore professioni sanitarie, IRCCS Ospedale San Raffaele. Uno smacco per i negazionisti e per lo stesso Briatore che era appena uscito malconcio dalla polemica contro il sindaco di Arzachena dopo la chiusura del Billionaire. Il primo cittadino aveva risposto alle critiche dell’imprenditore ricordandogli che “le misure servono per tutelare gli anziani come lei”. Quando è stato ricoverato ha voluto ribadire che la causa era una prostatite, smentendo di avere il Covid e di essere in un reparto non preparato per il Coronavirus. Invece ora il San Raffaele ha dovuto ammettere entrambe le questioni: Briatore è positivo al Covid ed è in un reparto non predisposto per il Covid, ma secondo l’ospedale gli ambienti sono stati adattati all’esigenza.

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Zangrillo e San Raffaele nel mirino per l’uso degli specializzandi

Zangrillo e San Raffaele nel mirino per l’uso degli specializzandi. Su Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele tornato sulla bocca di tutti per aver affermato che clinicamente il Covid19 non esiste più, pende un’accusa pesante: l’ospedale e lui in particolare sono accusati di aver frodato il sistema sanitario nazionale per 28 milioni di euro. E come? Per essere rimborsati dal SSN i privati come il San Raffaele devono erogare servizi secondo dei parametri precisi. Ad esempio: in sala operatoria ci devono essere un numero dato di infermieri, medici, ecc. Secondo gli inquirenti alcuni medici risultavano presenti contemporaneamente in più sale operatorie e dunque l’ospedale ha potuto richiedere i 28 milioni di cui sopra alle casse pubbliche. Ma come i camici bianchi come avrebbero potuto essere ubiqui? Usando gli specializzandi, cioè i giovani medici che stanno completando il percorso di studi. Medici abilitati, ma di fatto ancora studenti che avrebbero sostituito in sala i colleghi più anziani. Un’operazione gravemente irregolare perché vuol dire mettere a rischio la salute di chi va sotto i ferri, la carriera e la vita del giovane buttato in prima linea senza coperture (se muore il paziente a chi resta il cerino in mano?) e prendere più soldi pubblici del dovuto. Forse domani verrà fuori che la tesi dei magistrati è campata in aria, ma per ora Zangrillo e San Raffaele nel mirino per l’uso degli specializzandi. Proprio quei giovani su cui si è spesa tanta retorica nei mesi passati.

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