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Il valore del vino per l’Unione Europea

Il valore del vino per l’Unione Europea di Umberto Callegari – CEO Terre d’Oltrepò Genera ricchezza in tanti territori rurali, li preserva dallo spopolamento, tutela e incentiva la biodiversità, contribuisce al fisco e all’occupazione in maniera importante. Il valore del vino per l’Unione Europea è enorme. Così afferma sul suo sito WineNews. Ed è vero. Anzi, se con parole poetiche lo ha ben descritto, da tempo, il compianto Philippe Daverio, secondo cui “l’Europa è la patria della cultura del vino, primo elemento distintivo dell’essere europei”, come raccontò in un’intervista a WineNews, c’è chi lo ha messo nero su bianco in numeri, come il CEEV – Comité Vins, il Comitato Europeo delle Imprese del Vino, con uno studio condotto da PwC, che ha quantificato l’impressionante contributo socio-economico e ambientale del settore vinicolo all’Unione europea. “Con quasi 3 milioni di posti di lavoro e un contributo di 130 miliardi di euro al Pil dell’Unione Europea nel 2022, pari allo 0,8% del totale, il settore vitivinicolo svolge un ruolo fondamentale nella sostenibilità socioeconomica delle zone rurali dell’Ue. Una benedizione contro lo spopolamento delle campagne”, ha dichiarato Mauricio González-Gordon, presidente Ceev. Quella del vino è una filiera complessa, particolarmente sensibile alle fibrillazioni economiche del mercato e ai mutamenti geopolitici. Il 2023 è stato un anno caratterizzato da una significativa diminuzione degli scambi internazionali e, di conseguenza, del volume di prodotti esportati. Il conflitto tra Russia e Ucraina e il riacuirsi del conflitto israelo-palestinese hanno gettato i mercati e le economie di diversi Paesi nel vortice dell’instabilità economica e finanziaria. Gli investitori hanno deciso di indirizzare i propri introiti verso filiere più classiche e remunerative – come quella dell’oro – dal momento in cui, come stima il Fondo Monetario Internazionale, la maggior parte dei Paesi non tornerà alle condizioni pre-pandemiche fino al 2025[1]. Ma non è questo il punto. Per parafrasare Max Planck, l’evoluzione sociale non avviene perché le persone cambiano idea, ma in modo connesso all’avvicendarsi di nuove generazioni. Credo che questo shift culturale e generazionale stia investendo adesso il mondo del vino. Le regole del gioco stanno cambiando. Credo che sarà fondamentale la capacità di leggere e comprendere questi mutamenti e adattarsi ad essi. Ci troviamo in un settore più veloce, competitivo, polarizzato e capital intensive. Credo che a questa nuova realtà occorra rispondere in modo razionale seguendo principi economici oltre che valoriali ed etici. In particolare, vedo la necessità di aggregazione e approccio sistemico sia a livello europeo, che (soprattutto) a quello nazionale. I diversi Paesi produttori hanno diversi gradi di avanzamento e maturità sistemica (Francia molto bene, Spagna bene, Italia ancora divisa e quindi più debole in un mercato internazionale). Dopo questa premessa, riferendoci brevemente al tema italiano e alle ragioni economiche alla base dell’aggregazione, occorrerebbe condurla e strutturarla a livello regionale: in ipotesi, un centro egemone per regione che massimizzi leva operativa e marginalità. Dare vita possibilmente a una serie di scambi sul territorio porterebbe al risultato di un valore pari al quadrato del valore dei player connessi, con una forza decisamente maggiore a livello internazionale. Penso, ad esempio, al caso del metodo classico in Italia che ad oggi rappresenta un’eccellenza limitata dalla divisione strutturale delle diverse zone e della mancanza di approccio sistemico con una piattaforma spumantistica capace di fornire operations as a service e garantisca la crescita di tutto il sistema. Penso che questo sia il ruolo, ad esempio, che possa e debba giocare a livello sia nazionale che regionale, l’Oltrepò che ad oggi possiede il 75% del Pinot Nero (fondamentale per le basi spumante metodo champenoise) in Italia. Al mercato del vino, sempre più polarizzato e capital intensive, occorre che alla dimensione di prodotto si aggiunga quella di servizio per garantire marginalità. Siamo all’alba di una nuova era nel mondo del vino. Dobbiamo evolvere o il rischio è quello di una disruption certa e dolorosa. Purtroppo la Commissione Europea nell’Outlook 2023-2025 ha stimato al ribasso le previsioni a medio termine per il settore vitivinicolo[2], delineando uno scenario di riduzione della superficie vitata e fluttuazioni nella produzione dovute ai cambiamenti climatici. In linea con una produzione mondiale in caduta libera rispetto al 2022, nei Paesi dell’Unione Europea la produzione di vino ha raggiunto il livello più basso dal 1961 in termini di quantità[3]. Per fare un confronto, tra il 2016 e il 2020 la produzione media annua è stata di 165 milioni di ettolitri; mentre nel 2020 rappresentava il 45% delle zone viticole mondiali, il 64% della produzione e il 48% del consumo[4]. Fattori come le malattie fungine, le inondazioni, e, specie nell’Europa del Sud, forti periodi di siccità, hanno causato stress idrici alle viti mettendo seriamente a rischio la vendemmia. Sono pochi difatti i Paesi che, godendo di condizioni metereologiche favorevoli, hanno effettuato raccolti nella media. La situazione produttiva italiana non si discosta da questa tendenza negativa. La produzione di 39 milioni di ettolitri è risultata tra le più scarse degli ultimi decenni a fronte, tuttavia, di un aumento delle giacenze (51 milioni di ettolitri al 31 luglio 2023)[5]. L’alto tasso d’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse attuato dalla Banca Centrale Europea hanno giocato un ruolo determinante nella diminuzione del reddito e, di conseguenza, del potere d’acquisto dei consumatori, ora più prudenti nella spesa e più orientati ad acquisti difensivi. A tal proposito, sono gli stessi dati a confermare questa tendenza negativa sul fronte della domanda interna. Nonostante si sia verificata una leggera ripresa dei consumi a partire dalla tarda primavera, i primi dieci mesi del 2023 hanno registrato un calo del volume prodotto del 3,1%[6]. Nello specifico, laddove i vini fermi evidenziano una diminuzione di volume del 4%, gli spumanti mantengono volumi superiori rispetto al 2022 (+1%). È inevitabile quindi come questa serie di variabili, dove è costante la persistenza del macro-tema del cambiamento climatico, abbia un impatto negativo sul mercato dei vini pregiati[7]. Sul fronte dell’export, i primi nove mesi del 2023 sono rimasti stabili, segnando una battuta d’arresto rispetto agli 8 miliardi di euro di esportazioni che l’Italia aveva incassato nel 2022[8]. Da segnalare, inoltre, un

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Commercialisti: “Dalla UE 5 miliardi per l’occupazione e i bisognosi”

Commercialisti: “Dalla UE 5 miliardi per l’occupazione e i bisognosi”. Il nuovo finanziamento è il risultato della modifica di due programmi operativi del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Il programma nazionale FSE dell’Italia dedicato alle “Politiche attive per l’occupazione” riceverà 4,5 miliardi di euro per sostenere l’occupazione nelle zone più colpite dalla pandemia. I fondi supplementari contribuiranno ad aumentare le assunzioni di giovani e donne, consentiranno ai lavoratori di partecipare alla formazione e sosterranno servizi su misura per le persone in cerca di lavoro. Contribuiranno inoltre a proteggere i posti di lavoro nelle piccole imprese delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato l’informativa periodica “Attività Internazionale”, una analisi approfondita sulle misure economiche adottate in ambito europeo ed internazionale per contrastare la pandemia. Con la quarta emissione di obbligazione per finanziare Next Generation EU, sono stati raccolti altri 9 miliardi di euro, la Commissione europea potrà così mantenere un flusso dei finanziamenti costante, utile all’economia e sostenere il rilancio di un’Europa più verde, resiliente e digitale. Inoltre con l’obiettivo di favorire una risposta più incisiva del nostro paese alla crisi e una ripresa socioeconomica sostenibile, la Commissione europea ha concesso all’Italia 4,7 miliardi di euro, a titolo di REACT-EU, il programma di Next Generation EU, che integra con 50,6 miliardi di euro di finanziamenti aggiuntivi i programmi della politica di coesione, concentrandosi sul sostegno alla resilienza del mercato del lavoro, all’occupazione, alle piccole e medie imprese e alle famiglie a basso reddito. Il nuovo finanziamento è il risultato della modifica di due programmi operativi del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Il programma nazionale FSE dell’Italia dedicato alle “Politiche attive per l’occupazione” riceverà 4,5 miliardi di euro per sostenere l’occupazione nelle zone più colpite dalla pandemia. I fondi supplementari contribuiranno ad aumentare le assunzioni di giovani e donne, consentiranno ai lavoratori di partecipare alla formazione e sosterranno servizi su misura per le persone in cerca di lavoro. Contribuiranno inoltre a proteggere i posti di lavoro nelle piccole imprese delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Molti i temi affrontati dall’informativa. Sempre a sostegno del mercato del lavoro, nell’ambito del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato, la Commissione ha approvato un regime di aiuti da 1,24 miliardi di euro notificati dallo Stato italiano per sostenere le imprese che nel 2021 effettueranno nuove assunzioni di giovani a tempo indeterminato, esonerandole dal pagamento dei contributi previdenziali. La Commissione europea ha inviato nei giorni scorsi un parere motivato all’Italia per non aver notificato le misure di recepimento nel diritto nazionale della direttiva “soluzioni rapide” in materia di imposta sul valore aggiunto, che armonizza e migliora alcune norme sull’IVA, fornisce chiarimenti per arrivare ad una soluzione rapida di quelle situazioni che gli Stati membri trattano in modo diverso, al fine di evitare possibili doppie imposizioni o non imposizioni e migliorare la certezza del diritto per le imprese, l’Italia ha due mesi di tempo per attivarsi. Infine l’informativa analizza gli ultimi dati dell’Euobarometro. L’atteggiamento nei confronti dell’UE, misurato a giugno e luglio, resta sostanzialmente stabile e positivo. L’ottimismo sul futuro dell’UE ha raggiunto il livello più alto dal 2009 e la fiducia nell’UE rimane ai livelli più alti dal 2008. Il sostegno all’euro resta stabile al livello più alto dal 2004. L’indagine indica inoltre un significativo miglioramento della percezione dello stato delle economie nazionali. Per i cittadini europei la situazione economica è la principale preoccupazione a livello dell’UE, seguita dall’ambiente, dai cambiamenti climatici e dall’immigrazione. La salute costituisce ancora il problema principale a livello nazionale, leggermente al di sopra della situazione economica del paese. La maggioranza degli europei è soddisfatta delle misure adottate dall’UE e dai governi nazionali contro la pandemia di coronavirus e ritiene che il piano di ripresa Next Generation EU sarà efficace per far fronte alle conseguenze economiche della pandemia. Quasi due terzi confidano che l’UE in futuro prenderà le decisioni giuste per rispondere alla pandemia. L’ottimismo sul futuro dell’UE è notevolmente aumentato dall’estate del 2020, con due terzi degli intervistati che esprimono ora un parere positivo (66%, +6 punti percentuali).

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L’ultima settimana di passione

A guardare il meteo, non ci aspetta un gran risultato tra una settimana. Il maltempo associato a temperature abbastanza basse rispetto alle medie stagionali lasciano infatti presagire un parlamento europeo dirompente. Una specie di tempesta politica. Tralasciando però le ipotesi, rimane un fatto: ci aspetta una settimana di passione. Sono anche passati i tradizionali arresti in periodo elettorale, quasi un voto di parte dello Stato per ricordare alla politica la sua presenza. Ora ci sono gli ultimi metri di corsa e sarà curioso anche vedere chi arriverà fino in fondo. Persino i due ragazzi terribili della politica attuale, Salvini e Di Maio, sembrano a tratti avere il fiato corto. Arriverà davanti il milanese o il napoletano? Staremo a vedere, l’importante è che si fermi l’escalation di dichiarazioni e di prese di posizione forti: il rischio infatti è che a rimetterci siano poi tutti. Milano e l’Italia hanno bisogno di una guida seria, in grado di portarla fuori dalla secche economico-sociali dove sembra ancora impantanata. E se non c’è tale guida il rischio di trovarsi come l’Argentina o la Grecia è concreto: la benzina a due euro dalle parti del lago di Garda in realtà c’è da anni anche se tutti se ne sono stupiti ora, ma qui il rischio è di trovarla a cinque euro al litro ovunque. Per non parlare di ospedali e infrastrutture varie. Prima di sapere cosa sarà la nuova Unione Europea, dovremmo avere qualche tranquillità in più sul futuro dell’Italia. Difficile che ce la daranno perché le dichiarazioni forti sono utili per raccattare voti, quindi non sembra esserci scampo: ci aspetta una settimana di passione.  

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Ue, il 70 per cento dei milanesi non ha mai avuto contatti diretti con Bruxelles

Una Europa distante dai cittadini, che non sa comunicare e non porta alcun beneficio alla comunità soffocata dall’eccessiva burocrazia e dalla scarsa presenza dell’UE sui territori. Il sondaggio commissionato dall’europarlamentare Angelo Ciocca (Lega) attraverso Fondation pour une Europe des Nations et des Libertés (FENL) fa emergere una generale insoddisfazione da parte degli intervistati rispetto alla capacità dell’UE di intraprendere azioni in grado di portare benefici diretti agli stati membri e ai loro cittadini. Andando nello specifico emerge che oltre il 70% dei cittadini intervistati percepiscono come insufficienti i benefici, di questo 70% quasi il 30% li percepisce come nulli. D’altra parte richiamando l’attenzione sui risultati attribuiti all’intervento dell’UE in ambiti quali l’economia, la sicurezza o la disoccupazione, la maggioranza dei cittadini ritiene che in nessuna di queste aree l’intervento dell’UE abbia portato alcun beneficio diretto, ne a loro ne ai loro paesi. Fanno eccezione i cittadini polacchi rispetto ai benefici economici al proprio paese riconducibili ad un’azione diretta dell’UE. La percezione è che tale situazione sia appesantita. Solo il 19% degli intervistati giudica non eccessiva la burocrazia interna all’UE, mentre oltre il 65% degli intervistati è convinto che maggiori presenza e vicinanza al loro territorio migliorerebbero l’azione dell’UE. Alla percezione di un’eccessiva distanza dell’UE rispetto ai territori contribuiscono il fatto che secondo i cittadini le occasioni di incontro con le istituzioni europee sono poche mentre l’attività di comunicazione svolta è ritenuta inadeguata. Entrando nello specifico dei dati sul territorio, è emerso che la percezione dei milanesi rispetto all’Unione non si discostano molto dai dati nazionali. Il 72,1% degli intervistati di Milano non ha avuto contatti diretti nell’ultimo anno con un europarlamentare e il 50,8% non ha avuto occasione di assistere alla presentazione da parte di un rappresentante dell’Ue delle opportunità proposte dalla stessa Ue. Il 66,2 % dichiara di non aver avuto benefici diretti a seguito di interventi sui temi di sicurezza, disoccupazione ed economia da questa Europa. Il 70,1%, invece, dichiara che i rappresentanti dell’Eu non comunicano in modo adeguato con i cittadini, il 60,1% ritiene che la burocrazia dell’Ue sia eccessiva. Il 76,3% dei milanesi crede che una maggiore vicinanza dell’Ue potrebbe migliorare sul territorio la propria azione. Il 68,1% ritiene che l’attività svolta dall’Ue porti benefici non sufficienti sul territorio. Il 55% dice di non aver avuto percezione di alcun beneficio per il proprio Paese dagli interventi dell’Ue sui temi di sicurezza disoccupazione ed economia. Dati chiari da cui emerge una generalizzata insoddisfazione. «Viviamo in un mondo sempre più complesso e in rapida trasformazione. In carenza di una classe dirigente saggia e autorevole, vince chi propone ricette semplici, chi individua colpe esterne, chi rassicura promettendo ai cittadini che gli altri non avranno di più, anziché fornire strumenti attivi, abilitanti, avanzati per crescere tutti assieme. – ha spiegato Angelo Ciocca, europarlamentare della Lega candidato alle elezioni del 26 maggio -. L’Europa può rinnovare il proprio progetto solo se sa essere convincente e coinvolgente verso i giovani». Da qui la scelta dello slogan “Ribaltiamo Questa Europa” per la campagna elettorale. «In prima persona in questi anni dai banchi di Bruxelles e Strasburgo ho capito e testimoniato che l’Europa così come è oggi non funziona – ha proseguito Ciocca -. La gestione fallimentare nella difesa delle frontiere e del Made in Italy sono sotto gli occhi di tutti. E’ scoccata l’ora della Nuova Europa, serve una sveglia! Infondere nuovo sangue nelle vene a un’Europa che punta solo a fare gli interessi delle Banche e della Finanza. Le facce che siedono ai posti di potere e nei gruppi di maggioranza, ormai da anni al Parlamento europeo, sono sempre le stesse e rispondono da troppo tempo a ordini che non tutelano certo gli interessi dei cittadini».

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