16 Gennaio 2021

Condanneranno anche De Cecco per le tripoline?

Condanneranno anche De Cecco per le tripoline? Nelle scorse settimane il noto marchio alimentare La Molisana è stato attaccato violentemente via social da uno sorta di onda partigiana. La colpa dei produttori di pasta secondo i censori del web era aver prodotto una linea di pasta con richiami al ventennio fascista. Tra i tipi di pasta incriminati si annoverano tagli in realtà classici come le tripoline. Per il web invece era un chiaro tentativo di rivalutare il peggio dell’esperienza coloniale italiana in Africa. Tralasciamo il tema sul pulpito dal quale si predica, visto che buona parte di ciò che si consuma oggi (censori del web compresi) è in realtà prodotto da regimi come quello cinese (compresi gli smartphone con cui si indignano in tanti). Concentriamoci invece su due domande: perché non è stato sufficiente nemmeno l’intervento dell’Anpi in difesa de La Molisana? E condanneranno anche De Cecco per le tripoline? Già perché gli stessi tipi di pasta incriminati sono in vendita da tempo con i nomi di altri marchi alimentari. Forse hanno scritto meglio le etichette, oppure più probabilmente i censori non si informano prima di criticare e condannare qualcuno. L’importante pare essere scatenare l’odio contro l’untore di turno. Lo ripetiamo: pure l’Associazione nazionale partigiani ha difeso La Molisana, ma nessuno sembra averlo notato tranne il Gambero Rosso che giustamente ha pubblicato un articolo chiedendosi se qualcuno avrà il coraggio di chiedere scusa al marchio condannato dal tribunale del web. Però è un articolo lungo in cui si spiega punto per punto perché questa censura era quantomeno immotivata se non stupida. L’Italia ha raggiunto il triste record di un anno di “Stato d’emergenza”, cioè la sospensione di fatto della democrazia (fatto per altro previsto dalla Costituzione), ma il problema è un taglio di pasta reperibile in tutti i supermercati. Tra l’altro con diversi marchi storici come Rummo e molti siti che addirittura suggeriscono ricette con le Tripoline (evidentemente pericolosi fiancheggiatori per i censori della domenica). Come diceva Jack Sparrow “Sono miserie che si commentano da sole”.

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Lombardia zona rossa. Fontana: faremo ricorso

“Non condividiamo la scelta di inserire la Lombardia in zona rossa per cui, qualora dovesse arrivare questa ordinanza, proporremo ricorso”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana intervenendo in diretta a ‘Pomeriggio Cinque’. “Ho chiesto al ministro Speranza di ripensarci – ha aggiunto Fontana – e invieremo delle accurate note per spiegare le motivazioni della nostra opposizione. Sono stato cauto e ho preteso sempre il rispetto delle regole. Tuttavia ritengo fortemente penalizzante questo scenario, che darebbe un colpo devastante a una grossa fetta dell’economia lombarda. Più volte ho chiesto al Governo di rivedere i parametri perché basati su dati vecchi, in questo caso del 30 dicembre che, oltretutto, non tengono conto di importantissimi indicatori a noi favorevoli, come per esempio l’Rt sull’ospedalizzazione. Purtroppo non abbiamo ancora ricevuto risposta”. “In Lombardia – ha proseguito – negli ultimi 15 giorni la situazione è migliorata almeno per classificarci in zona arancione”.  “Attendiamo l’ufficialità dal Ministero – ha concluso – ma siamo pronti a presentare ricorso”. Sulla richiesta di deroga alla zona rossa da parte di alcuni sindaci lombardi il presidente ha sottolineato: “Comprendo bene le ragioni dei sindaci che, evidenziando come i loro territori sono al di sotto della media regionale, chiedono una deroga. Il problema è che tale parametro non è preso in considerazione dal Ministero della Salute e dal Cts nazionale, ma solo l’Rt. Se venisse utilizzato il tasso di incidenza dei positivi su 100 mila abitanti, infatti, oggi la Lombardia non finirebbe in zona rossa. Prendendo in considerazione quel dato la Lombardia ha un’incidenza ben al di sotto di gran parte delle altre regioni italiane, che oggi verranno classificate magari anche in zona gialla”.

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Sardone: tram bloccato da albero pericolante già segnalato

“Oggi si è verificato quanto già avevamo ripetutamente denunciato al Comune di Milano: un albero pericolante ha bloccato la linea del tram in via Pascoli, di fronte al civico 56, e solo per pura fortuna nessuno si è fatto male. L’assessore Maran aveva risposto a una mia interrogazione dicendo che le potature messe in atto avevano risolto il problema: menomale…”. Così Silvia Sardone, europarlamentare e consigliere comunale della Lega. “La scarsa attenzione della giunta Sala ai problemi segnalati dai cittadini è molto preoccupante: minimizzare per poi fare finta di nulla è quanto di più sbagliato si possa fare. Questa situazione, sollevata anche da numerosi dipendenti Atm, era facilmente risolvibile se solo ci fosse stata una volontà politica di rapido intervento. Invece, come al solito, la sinistra si riempie la bocca con la mobilità green solo quando ci sono da tagliare i nastri delle ciclabili, poi ci sono gli alberi che cadono sui tram interrompendo la circolazione…”.

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De Corato: sottopasso Boccioni occupato da extracomunitari e balordi

“L’uscita di sicurezza del sottopassaggio dello svincolo autostradale di Viale Certosa in via Mambretti-Stephenson e il sottopasso pedonale di via Boccioni sono, ancora una volta, occupati da extracomunitari e balordi”. A denunciarlo è il consigliere comunale di Milano di Fratelli d’Italia, Riccardo De Corato, già vice Sindaco della città e Assessore regionale. “Si tratta di una situazione ciclica, alla quale il Comune di Milano, come dimostrano anche i fatti, non sa dare una risposta esaustiva. Le immagini, che il Comitato Milano Sicura ha girato, parlano chiaro: un degrado diffuso, che ha trasformato i sottopassi in un dormitorio e in una cloaca a cielo aperto. Mi chiedo se anche questo faccia parte del “piano freddo” del Comune di Milano: gli ospiti che ARCA non accoglie in via Aldini possono occupare indisturbati i sottopassi? Ogni sera potrebbe accadere una tragedia visto che per scaldarsi, gli occupanti accendono fuochi, come testimonia il materiale infiammabile depositato negli anfratti. In via Stephenson sbandati e balordi hanno occupato anche un deposito di A2A. Il silenzio ed il voltar la testa di Sala & co. sono intollerabili! Questa situazione non è altro che la cartina tornasole che certifica il disinteresse di questa Giunta di centrosinistra e del primo cittadino di Milano alle problematiche legate al decoro e alla sicurezza delle periferie della città. Presenterò a Palazzo Marino – conclude De Corato – un’interrogazione per sapere quanto sia stato fatto in passato in merito alla situazione e quanto la Giunta intenda fare nei prossimi giorni per far sì che i cittadini possano transitare nel sottopasso senza correre il rischio di essere importunati come, tra l’altro, è già successo e senza dover soprassedere a ciò che di disgustoso giace a terra!”

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Don Lisander da oggi aperto ai clienti

La protesta dei ristoratori italiani arriva anche al Don Lisander, storico ristorante nella centralissima via Manzoni aperto dal 1947. “Io apro” si legge in un cartello esposto all’entrata dell’esercizio, ma ieri è stata un’apertura simbolica con luci accese, tavoli preparat e cucina chiusa, mentre invece da oggi il locale sarà aperto ai clienti a pranzo e a cena e si registrano già delle prenotazioni.  “La gente non ne può più, vuole uscire – ha detto Stefano Marazzato, proprietario del locale -. Mi devono spiegare perché all’autogrill si può andare e al ristorante no. Siamo ammassati alle poste o al supermercato, ma i locali devono rimanere chiusi”. La richiesta del ristoratore è quella di capire il motivo per cui “alcune categorie devono essere massacrate e considerate responsabili di una pandemia, quando poi vengono create delle sacche di privilegio che possono continuare a percepire lo stipendio”. Da domani, dunque, il Don Lisander sarà aperto: “Ho aderito con piacere all’iniziativa “io apro”. È arrivato il momento di far vedere che l’intero settore dell’ospitalità deve essere preso in considerazione in maniera corretta. Non siamo il settore da penalizzare per arginare il virus, perché i fatti smentiscono le decisioni prese dal governo”, ha continuato Marazzato. “Aprendo posso garantire un compenso ai miei dipendenti e anche ai fornitori. Bloccare il settore dell’ospitalità significa fermare un quarto del Pil italiano”. Al proprietario del Don Lisander si sono uniti anche Monica Brioschi e Marco Fuzier, del ristorante Boeucc: “Noi non apriamo perché la nostra struttura è molto grande ed è una spesa impegnativa, ma appoggiamo Stefano al 100%” hanno raccontato. “Siamo vincolati alla nostra clientela che è molto business e con lo smart working il parco utenti è diminuito dell’80%: è difficile fare numeri così. Andiamo in appoggio dei colleghi e vedremo cosa accadrà nelle prossime ore. ANSA

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Protesta degli albergatori davanti alla Prefettura

Decine di lavoratori del settore alberghiero si sono riuniti davanti alla sede della Prefettura di Milano per rivendicare i propri diritti durante l’emergenza sanitaria. Tre i punti fondamentali della protesta organizzata dai sindacati Confederazione unitaria di Base e S.I. Cobas: “Chiediamo prima di tutto che il blocco dei licenziamenti venga prorogato fino a fine anno – ha detto Roberto Firenze di S.I. Cobas – e che le aziende non abbiano deroghe per aggirare tale blocco. In secondo luogo, che la cassa integrazione copra almeno l’80% dello stipendio, mentre ora arriva a malapena al 50%”. “Rischiamo la fame” recita un cartello appeso al muro della prefettura. Infine, la questione degli appalti: “Sono mesi che organizziamo presidi – ha raccontato un’altra rappresentante dei Cobas – chiedendo a gran voce che il problema degli appalti venga risolto. È necessario costruire rapporti di lavoro stabili e assunzioni dirette perché la catena degli appalti è incontrollabile, come dimostra il caso dell’hotel Gallia, dove 80 lavoratori sono attualmente a casa perché a dicembre è stato ritirato l’appalto”. ANSA

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