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Rosario Livatino: il coraggio della giustizia e la forza della fede

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Nel ricordo di Rosario Livatino, giovane magistrato assassinato dalla mafia a soli 38 anni, risuona ancora forte il messaggio di una vita vissuta nella piena coerenza tra fede, legalità e servizio allo Stato. Nato a Canicattì, in provincia di Agrigento, Livatino ha incarnato una visione della giustizia profondamente umana, capace di andare oltre la mera applicazione della legge per toccare le radici etiche e spirituali dell’agire quotidiano. Il 21 settembre del 1990, mentre si recava senza scorta al tribunale di Agrigento, veniva barbaramente ucciso da un commando mafioso della Stidda. Un delitto vile che voleva spegnere una voce scomoda, un esempio limpido ed una coscienza incorruttibile, ma la vita di Rosario Livatino non si è fermata quel giorno. Peraltro, il suo sacrificio ha aperto uno squarcio di luce nella storia del nostro Paese, dimostrando che il coraggio e la fede possono davvero essere più forti della violenza. Infatti, non è un caso che la Chiesa abbia riconosciuto la sua testimonianza con la beatificazione, avvenuta il 9 maggio del 2021. È una scelta significativa, che colloca Livatino tra i martiri della giustizia, ucciso “in odio alla fede”. Con una figura che, pur immersa nel mondo laico delle Istituzioni, ha saputo rendere la sua professione un autentico servizio al prossimo, guidato da una fede profonda e mai esibita, ma vissuta nella discrezione e nella coerenza. La sua agenda personale, ritrovata dopo la morte, custodiva una frase emblematica: “Alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili.” In queste parole si riassume l’essenza della sua missione di come essere un uomo giusto, prima ancora che un giudice. E, tuttavia, giusto lo è stato, nella lotta silenziosa e determinata contro la corruzione, nel rigore morale con cui affrontava le indagini, nel rispetto delle persone ed anche quando si trattava di imputati. Livatino non cercava notorietà, non voleva ergersi ad eroe, ma semplicemente faceva il suo dovere, con umiltà e grandezza d’animo. In ogni anniversario della sua morte, la figura di Rosario Livatino torna a interpellarci in un’epoca in cui la giustizia viene spesso tirata da una parte o dall’altra, strumentalizzata o svilita, e con il suo esempio ci invita a recuperare il senso alto delle istituzioni, il valore della legalità come bene comune, e la necessità di un impegno personale e collettivo contro ogni forma di prevaricazione. Livatino non ci ha lasciato solo un ricordo, ma un cammino da percorrere sempre a testa alta. Un sentiero di giustizia, di silenzioso eroismo quotidiano e di profonda umanità. Riflettere sulla sua vita significa rimettere al centro la dignità della persona, la responsabilità delle proprie azioni, ed il dovere morale di scegliere il bene, anche quando costa caro. La mafia lo ha voluto cancellare, ma ha fallito perchè il nome di Rosario Livatino oggi vive nella memoria civile, nei tribunali, nelle scuole e nella coscienza di un Paese che vuole ancora credere nella giustizia. Ed in quella luce che, grazie a lui, non si è mai spenta.

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Cronaca · Economia e Diritto · Editoriali · Politica · Storico

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