Terzo mandato M5S approvato

Terzo mandato M5S approvato. Nel panorama politico italiano, la notizia Terzo mandato M5S approvato è ormai un leitmotiv ripetuto dal Movimento 5 Stelle per sottolineare la portata del cambiamento statutario. Le modifiche approvate tra il 21 e il 23 giugno 2025 con una partecipazione pari al 50,13 % degli iscritti (49.769 votanti su 99.274 aventi diritto) hanno segnato una svolta significativa: l’introduzione del terzo mandato parlamentare e amministrativo, la valorizzazione del Comitato di Garanzia, e una normativa più strutturata per le cariche interne.

Il Terzo mandato M5S approvato porta con sé una riorganizzazione interna del Movimento. Per la prima volta si gettano le basi per una leadership con continuità, che rifugge dagli ideali di turnover perpetuo degli esordi e opta per una prospettiva di lungo periodo. Pur restando una forza politica nata sull’onda dell’innovazione e dell’anti-casta, oggi il M5S dimostra di voler consolidare la propria presenza istituzionale in Parlamento e nelle amministrazioni locali.

Questa esigenza di stabilità si accompagna al potenziamento del Comitato di Garanzia, ora dotato di poteri reali: può annullare votazioni, intervenire su candidature non consentite, e convocare assemblee degli iscritti in autonomia . Parallelamente, ruoli come tesoriere e presidente vengono incardinati in regole precise: eletti tra gli iscritti, con legami diretti alla base, e soggetti a max due mandati consecutivi.

Ecco un riepilogo dei cambiamenti:

Aspetto Regola precedente Nuova regola
Mandati parlamentari 2 3 (con pausa o ruolo diverso)
Pause fra mandati Inesistenti 5 anni dopo due mandati
Mandati locali Sempre conteggiati “Mandato zero” per cariche minori
Comitato di Garanzia Solo consultivo Piena autorità su votazioni e candidature
Tesoriere · Presidente Regole vaghe Elezione base, max 2 mandati

Sul fronte politico e comunicativo, il Terzo mandato M5S approvato rappresenta un messaggio chiaro: si privilegia l’esperienza e la memoria partitica. Con questa svolta, Giuseppe Conte rafforza la leadership interna e mette in sicurezza il gruppo dirigente.

Resta però il nodo ideologico: questo mutamento rischia di allontanare parte della base storica, nostalgica di quell’imprinting radicale e antielitario che ha contraddistinto il Movimento nelle sue fasi embrionali. La tensione tra stabilità e partecipazione diretta continua dunque a essere al centro del dibattito interno.