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De Corato: area pedonale in Buenos Aires de profundis per i commercianti

“La proposta dei municipi 1 e 3 di creare una maxizona pedonale da Castello a Loreto con Corso Venezia e corso Buenos Aires pedonali “car free” costituirebbe il De Profundis per le attività commerciali di tutta la zona. Produrrebbe, inoltre, un traffico insostenibile nelle vie limitrofe con tutti i gravi disagi che ne deriverebbero per i residenti”, commenta così, l’assessore di Regione Lombardia alla sicurezza stradale, Riccardo De Corato, l’ipotesi ventilata sulla creazione di un’area pedonale di 6 chilometri nel centro di Milano. “Un progetto di tale portata che prefigura l’area pedonale più vasta d’Europa è stato discusso con gli interlocutori coinvolti, ovvero residenti, commercianti, artigiani? O è la solita sparata da greenwashing della Giunta Sala?”, incalza l’assessore. “Come al solito – e tanto ormai siamo abituati-, il centrosinistra milanese partorisce idee strampalate e infattibili ammantandole di benefici “green” che, in realtà, esistono solo sulla carta. Nei fatti, è lo stesso centrosinistra che sta lasciando morire gli alberi piantati in città nell’ambito del progetto ForestaMi. Il green va bene quando si tratta di battere cassa e punire automobilisti e residenti o nel momento in cui si fanno annunci ai quattro venti, ma poi quando si tratta di portare avanti i progetti e le iniziative che hanno una reale importanza ce ne si dimentica?”, chiosa De Corato.

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Ennesimo incidente sulla pista ciclabile di Buenos Aires

Ennesimo incidente sulla pista ciclabile di Buenos Aires. L’ennesimo incidente con feriti sulla pista ciclabile di corso Buenos Aires è avvenuto proprio davanti alla sede di Fratelli d’Italia, come riportato da Deborah Dell’Acqua, candidata nel municipio 7 e assistente del coordinatore cittadino dei meloniani Stefano Maullu. “Protagonisti dell’episodio, un fattorino che stava scaricando merce per un negozio del corso è un ragazzo in monopattino che lo ha investito. – spiega la Dell’Acqua – Ad avere la peggio è stato il secondo che si è procurato una lieve ferita al piede e medicata dai sanitari del 118 intervenuti sul posto, senza fosse necessario il ricovero”. “In seguito all’incidente si è anche sfiorata la rissa fra i due – continua- che sono stati separati dai presenti, per poi andarsene ognuno per la propria strada senza che i vigili intervenissero per stabilire eventuali responsabilità nonostante fossero stati chiamati”. “Anche questa volta è andata bene – conclude la dell’Acqua – ma il rischio che prima o poi accada qualche cosa di grave permarrà fino a quando Sala e i suoi insisteranno a mantenere attive ciclabili realizzate senza senso come questa”. L’episodio è rilevante perché dimostra ancora una volta come una via commerciale quale è Buenos Aires mal si concilia con una pista ciclabile, specialmente se disegnata come quella in oggetto: le necessità di carico e scarico di un negozio o di un’attività commerciale in generale sono molto diverse da quelle di un quartiere principalmente residenziale. Basti pensare proprio all’episodio in oggetto: a essere travolto è stato un ragazzo che consegnava acqua, un bene preziosissimo soprattutto nel periodo estivo. Si tratta di un’attività che per forza di cose cozza con quella di una pista ciclabile. Se poi quest’ultima non è progettata adeguatamente, il rischio è che chi lavora venga investito da ciclisti o guidatori di monopattini elettrici come nel caso segnalato da Dell’Acqua. Eventualità che possono risolversi con qualche livido nel migliore dei casi, o con gravi danni alle persone, perché di morti per una (in teoria) semplice caduta per strada purtroppo a Milano ci sono stati. La guerra alla mobilità intrapresa dal Comune a guida Sala però non conosce tregua e non sembra considerare i rischi a cui sottopone gli stessi cittadini della cui sicurezza dovrebbe occuparsi.

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Buenos Aires, disabile discriminata nel negozio Fastweb

Buenos Aires, disabile discriminata nel negozio Fastweb. A raccontare l’increscioso episodio è la donna stessa: “Questa mattina mi sono recata presso il centro Fastweb di Milano in Corso Buenos Aires, 14 con la mia accompagnatrice (sono nata con una #sordità bilaterale di entità gravissima) – ha spiegato Ilaria – Giunto il mio turno, ho cercato di spiegare allo steward che avrei necessitato della presenza della mia accompagnatrice (con tanto di certificato della L. 104 alla mano), in quanto, causa mascherine, non sarei riuscita a leggere il labiale. Quest’ultimo e la dipendente si sono rifiutati di ascoltarci e di venirci incontro, nonostante l’Ordinanza regionale (n. 714 del 04/03/2021, art. 1 punto 8) fosse dalla nostra parte. Mentre andavamo via amareggiate, lo steward mi derideva dicendo: “Se ti faccio due segni tu capisci lo stesso.” Oggi è stata forse la prima volta in cui mi sono vergognata di essere sorda, disabile. Il #Covid ha limitato in maniera esponenziale l’indipendenza che tanto mi ero guadagnata negli ultimi anni. Mi rendo perfettamente conto di ciò che stanno vivendo i commercianti in questo periodo. Tuttavia, ciò non giustifica assolutamente la #discriminazione, soprattutto da parte di un’azienda come Fastweb molto attenta alla Diversity & Inclusion. Spero che i diretti interessati leggano questo post e provvedano ad intervenire con le giuste misure”. Una scena inconcepibile nel 2021 e che infatti ha subito raccolto le scuse dell’azienda: “Chiunque lavori in prima linea nel contatto con i clienti – al call center, in un negozio, nelle relazioni di ogni ordine e grado – rappresenta Fastweb e i suoi valori. Uno di questi valori è il “care”: il nostro impegno costante a prenderci cura dei clienti, dei colleghi, dei partner, a favorire l’inclusione e costruire contesti in cui ognuno sia benvenuto, rispettato e supportato. Ieri qualcosa è andato molto storto. Le nostre policy COVID prevedono l’accesso in negozio di una persona per volta ma, nelle circostanze descritte dalla signora Ilaria Ettorre, consentire l’accesso con l’accompagnatore era assolutamente dovuto. C’è stato evidentemente un grave errore di interpretazione delle regole da parte di chi controllava gli ingressi al negozio, aggravato da commenti fuori luogo ed in conflitto con tutto quello in cui noi di Fastweb crediamo. Ma la responsabilità di un errore del genere è a tutti i livelli e ce la assumiamo pienamente. Per questo stiamo prendendo provvedimenti per essere sicuri che episodi come questo non si ripetano mai più. Non mi resta che chiedere scusa ad Ilaria, cosa che ho fatto già personalmente anche in privato, e assicurarle che faremo tesoro di qualunque feedback voglia darci per migliorare”.

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Sul corteo violento di Milano l’allarme “al fascista” cancella la notizia

Sul corteo violento di Milano l’allarme “al fascista” cancella la notizia. L’allarme sul ritorno del fascismo è ancora uno di quei temi che unisce moltissimi italiani, riflesso tipico di un Paese ormai senza valori e idee. Però la sua riproposizione a ripetizione causa non pochi problemi, come la perdita del contatto con la realtà nel caso del corteo violento di Milano e i suoi partecipanti: infatti sul corteo violento di Milano l’allarme “al fascista” cancella la notizia. Anche se qualcuno l’aveva riportata: “La vera novità di ieri sera sono i più giovani, nordafricani di seconda o terza generazione che comunicavano in arabo, si davano la carica a vicenda in perfetto milanese e cantavano in gruppo slogan francesi tipici delle banlieue – ha scritto l’Ansa – Per molti di loro era la prima manifestazione, non sapevano neppure distinguere i lacrimogeni dallo spray al peperoncino. Eppure è stata la parte più attiva, violenta e pericolosa perché davvero imprevedibile”. Sfortunatamente nei giorni successivi il racconto generale invece ha parlato solo di: fascisti, commercianti a favore o contro le proteste, il poco appassionante dibattito su “c’erano o no i commercianti in strada”, eccetera. Non una parola su quella che l’Ansa stessa reputa giustamente la notizia: la novità è la diversa composizione sociale dei manifestanti perché è il sintomo di come si stia evolvendo la società italiana e milanese. Poco tempo fa un centro studi milanese ha realizzato uno studio su come si stesse modificando la geografia abitativa della provincia milanese e il risultato era semplice: si sta concretizzando un rischio banlieue, nel senso che nelle zone periferiche si stanno concentrando gli immigrati. In parte per questioni di costo, in parte perché non hanno l’esigenza di vivere nel capoluogo. Ma il risultato è lo stesso: si sta rischiando uno schema alla francese, con Parigi circondata da paesini in cui si concentrano immigrati e le fasce più deboli della popolazione. Persone che poi si sono riversate in massa a mettere a ferro e fuoco la capitale francese rendendo noto a livello mondiale il termine banlieue. Oggi Milano rischia lo stesso effetto e come dimostra la manifestazione violenta dell’altro giorno il processo è già in atto. Con le stesse dinamiche. Però tutti preferiscono pensare alla minaccia fascista. E intanto ci si perde il presente.

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La fase Pollock della politica milanese

La fase Pollock della politica milanese. Ne siamo immersi, al punto da non pensarci nemmeno, ma negli ultimi anni la politica meneghina ha preso una certa piega, diciamo cromatica. L’ultimo caso è quello della statua dedicata a Indro Montanelli: un gruppo di ragazzi di un collettivo studentesco, aizzato politicamente da una parte della sinistra meneghina, ha gettato una secchiata di vernice rosa sull’opera per contestare la figura del grande giornalista. Il motivo è la contestazione per un personaggio storico che raccontò con leggerezza nel 2000 di come si era adattato alle abitudini africane. Allora ecco la secchiata. Ma essendo giovani hanno solo svolto la funzione di spugne, perché c’è chi ha capito che con quattro secchi di vernice si può fare. E loro hanno seguito l’esempio. Fare è il verbo essenziale, dimenticato da chi lancia appelli, proclami, eccetera. Con la vernice si fa, invece di parlare. Un maestro in questo senso è Pierfrancesco Maran. Virtuoso della secchiata politica: una volta ha iniziato la battaglia per cambiare le strisce pedonali, allargando a dismisura quelle a pagamento grazie all’espansione della metropolitana. Il codice infatti prevede che per ogni striscia blu ci siano alcune strisce bianche, tranne che nelle aree di alto interesse urbanistico. E indovina un po’ cosa sono le aree vicine alle metropolitane? E così con qualche secchiata di vernice ha recuperato fondi per il Comune e cambiato le abitudini dei milanesi. Poi con il collega Granelli ha pensato di copiare (se fatto bene è un’ottima idea) l’urbanistica tattica, cioè con qualche secchiata di vernice e due vasi ha creato piazze temporanee. Piazze che a molti milanesi sono piaciute ed essendo temporanee per farle c’è voluto poco tempo e poche autorizzazioni. Riecco il verbo fare: le piazze le hanno proprio fatte. E hanno cambiato le abitudini dei milanesi. Poi, sempre il Pierfrancesco “Pollock” Marana, ha lanciato la pista ciclabile che attraversa la città passando per corso Buenos Aires e corso Venezia. Ne è uscito un putiferio. Denunce, gente investita, malmenata e per poco si incrinava questa strana alleanza rosso verde che si va tessendo in punta dei piedi: il sindaco Giuseppe Sala ha avvisato il governatore lombardo Attilio Fontana che visti gli esposti contro la pista era finita la fase di buoni rapporti tra Comune e Regione. E stranamente Fontana ha subito scaricato il suo assessore Riccardo De Corato, autore dell’esposto. Surreale, ma vero: nelle scorse settimane le opposizioni chiedevano il commissariamento di Regione, ma evidentemente quello andava bene. Ma la fase Pollock della politica milanese si vede ovunque. Proprio Fontana è stato al centro del dibattito per un murales con la scritta “Fontana assassino”. Si sarebbe potuto derubricare il tutto agli ennesimi giovani che non avendo un lavoro compiono una sciocchezza, invece il Prefetto di Varese (uomo che deve essere parecchio impressionabile) ha addirittura assegnato una scorta al governatore lombardo. Assurdo, forse, ma è successo. Ancora una volta con quattro secchiate di vernice si è fatto qualcosa. E prima ancora nel Municipio 9 c’è stata una lunga discussione sul murale “Niguarda Antifascista”, opera pagata con soldi pubblici e poi fatta e rifatta. Ci sono anche progetti che non impongono cambiamenti di abitudini così decisivi come le strisce, le piazze e le strade: poco tempo fa è stato lanciato il progetto panchine rosa/azzurre nei pressi di asili e aree giochi di dieci, parchi e giardini, sulle quali apporre una targhetta in ottone riportante i contatti per i servizi di tutela dei minori. Ha avuto le solite difficoltà burocratiche di chi non chiede soldi pubblici o non li controlla come il Comune, ma è sempre parte di questa fase Pollock della politica milanese. L’aspetto più interessante è come siamo ormai talmente fermi come società, terrorizzati da qualunque cambiamento che alteri gli equilibri da esserci ridotti ad andare in palla per la vernice. Vernice che per definizione si cancella e sparisce col tempo, come probabilmente succederà a questa fase politica e sociale: sarà dimenticata e offuscata dal tempo.

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La ciclabile di Maran: il nuovo ingorgo della viabilità politica

La ciclabile di Maran: il nuovo ingorgo della viabilità politica. Proviamo a ricapitolare: appena si sono riaperti i primi cancelli del lockdown l’assessore comunale Pierfrancesco Maran, con il suo collega Marco Granelli, annuncia l’avvio di una pista ciclabile che attraverserà la città seguendo il percorso della Metropolitana 1. Una pista in gran parte costituita da segnaletica orizzontale, cioè viene disegnata sulla carreggiata per auto di corso Buenos Aires. L’idea si rivela subito dirompente, nonostante di per sè si tratti di qualche secchiata di vernice: polemiche, incidenti e commenti di tutti si sprecano. Gli errori del disegno, tra cui una fermata dell’autobus che si è stati costretti a spostare, diventano il bersaglio del centro destra. E gli stessi commercianti di Buenos Aires hanno posizione discordanti sul tema. Fino a ieri poteva essere una normale disputa tra chi sostiene la libertà di muoversi come si preferisce e la giunta Sala, da sempre convinta di dover imporre le bici come mezzo principale per spostarsi in città: invece ieri Riccardo De Corato, assessore alla Sicurezza di Regione Lombardia, annuncia di aver depositato un esposto in Procura contro la ciclabile. A questo punto il sindaco Giuseppe Sala, forse per la condanna rimediata nel processo su Expo 2015, perde le staffe e attacca direttamente il governatore lombardo Attilio Fontana: “Oggi un Assessore di Regione Lombardia ha reso noto di aver presentato alla Procura della Repubblica di Milano un esposto sulla pista ciclabile di corso Venezia e corso Buenos Aires. Suppongo che prima di agire con una modalità così anomala abbia avvisato il presidente Fontana. Se siamo arrivati a questo punto ne prendo atto, ma è evidente che ciò rappresenta una svolta profondamente negativa nella relazione fra Regione e Comune”. Una dichiarazione di guerra politica in piena regola a cui Fontana reagisce scaricando il suo assessore: “Regione Lombardia, in merito alla presentazione di un esposto sulla nuova pista ciclabile nel centro di Milano, precisa in una nota “che l’iniziativa non è frutto della Giunta regionale e del suo presidente Attilio Fontana”. “Tale azione dunque – conclude la nota – va ricondotta a un atto di carattere puramente personale”. Ba-boom. Chi avrebbe mai detto che con due secchi di vernice si sarebbe causato un delirio simile?

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