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GIP conferma carcere per molestatore diciottenne

Deve rimanere in carcere Mahmoud Ibrahim, il 18enne fermato due giorni fa, assieme ad un 21enne torinese, nell’inchiesta milanese sulle aggressioni sessuali in piazza del Duomo nella notte di Capodanno. Lo ha deciso il gip di Milano Raffaella Mascarino che ha convalidato il fermo e disposto la misura cautelare per il giovane accusato di violenza sessuale di gruppo, rapina e lesioni nelle indagini della Squadra mobile, coordinate dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo. Mahmoud Ibrahim ha dimostrato “una chiara e consapevole adesione al progetto criminoso del gruppo di uomini che ha assalito” le vittime “con una carica di violenza così brutale che solo grazie all’intervento fortuito di alcuni soccorritori non è sfociato in conseguenze ulteriori e più gravi”. Lo scrive il gip Mascarino nell’ordinanza di custodia in carcere per il 18enne fermato due giorni fa nell’inchiesta sulle aggressioni di Capodanno a Milano. Per il giudice il giovane, che ha una “spiccata pericolosità”, ha agito “con modalità da ‘branco’” per soddisfare “le proprie pulsioni, in spregio a ogni forma di rispetto della persona”. ANSA

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In carcere due dei molestatori di capodanno

Ci sono due fermati nell’indagine coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla Squadra mobile sulle aggressioni e molestie avvenute la notte di Capodanno a Milano nei confronti di almeno nove ragazze. Ieri sono stati perquisiti 18 giovani ritenuti gli autori delle violenze. I due giovani fermati avrebbero compiuto “pesanti violenze sessuali quasi complete accompagnate da rapine di cellulari e borsette”: lo ha spiegato il procuratore milanese facente funzione Riccardo Targetti che ha reso noto il fermo dei due giovani, uno a Milano e uno a Torino di 21 e 18 anni, aggiungendo che entrambi sono “italiani di seconda generazione”. I provvedimenti sono stati eseguiti per un “consistente e concreto pericolo di fuga e gravi indizi”. I due, infatti, non sono stati ritracciati ieri durante le perquisizioni e stavano scappando. Nei provvedimenti di fermo, eseguiti uno a Milano e l’altro a Torino nell’inchiesta sulle aggressioni di Capodanno, a carico di due giovani, uno di 21 e l’altro di 18 anni, vengono contestate le accuse di “violenza sessuale di gruppo” e di “rapina”. Sono stati emessi dalla Procura per il “pericolo di fuga”, perché i due, stando alle indagini, stavano scappando e per la “gravità” degli indizi raccolti, basati sull’esito “delle perquisizioni e sulle indagini preliminari” sui video e le immagini delle violenze, sulle “chat”, il tutto “corroborato dalle audizioni delle vittime”. Lo ha spiegato il procuratore facente funzione di Milano Riccardo Targetti. I due fermi, nell’inchiesta dell’aggiunto Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo e condotta dalla Squadra mobile e dalla sezione di polizia giudiziaria della Procura, sono stati disposti perché i due – a differenza degli altri ragazzi perquisiti ieri – avrebbero tentato di fuggire e a loro carico ci sono gravi indizi “di presunte violenze sessuali quasi complete, accompagnate da rapine”.

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Terrorismo: un arresto per proselitismo in carcere

Per aver fatto proselitismo quando era nel carcere di Opera e aver cercato di reclutare nelle file dell’Isis un detenuto suo connazionale “al fine di commettere attentati in Siria, Libia ed anche in Italia, uccidendo, utilizzando bombe o armi da taglio” , un tunisino di 37 anni si è visto notificare una nuova ordinanza di custodia cautelare in cella a Siracusa dove è stato trasferito. Il provvedimento, firmato dal gip Anna Magelli, è stato chiesto dai pm Alberto Nobili ed Enrico Pavone. A scoprire l’attività di istigazione a delinquere finalizzata al terrorismo sono stati gli agenti di polizia penitenziaria del carcere milanese. ANSA

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Denis Verdini in carcere a Rebibbia

Denis Verdini in carcere a Rebibbia. L’ex parlamentare Denis Verdini si è costituito nel carcere di Rebibbia a Roma. Una scelta obbligata dopo la sentenza della Cassazione (ultimo grado di giudizio previsto in Italia). Per precisione la corte ha confermato la condanna a 6 anni e 6 mesi di reclusione per Denis Verdini. L’ex parlamentare di Forza Italia e poi di Ala è stato condannato per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino e ora con questa pronuncia rischia di andare in carcere. Secondo le accuse l’ex senatore 69enne avrebbe provocato il dissesto dell’istituto di credito fiorentino di cui è stato presidente per vent’anni mettendo in campo numerose operazioni “anomale”, realizzate con una gestione “ambiziosa quanto imprudente”. Estinta invece per prescrizione la parte della condanna pari a quattro mesi per la truffa sui fondi dell’editoria. Gli avvocati di Verdini si sono detti “profondamente delusi” dalla sentenza. Ma Denis Verdini in carcere a Rebibbia è una notizia perché l’uomo non è un politico qualsiasi: prima è stato uno dei più potenti sodali di Silvio Berlusconi, poi è diventato renziano e infine molto vicino a Matteo Salvini. Un uomo di potere a tutto tondo che ha rappresentato e rappresenta uno dei volti più noti della politica italiana, oltre che uno dei suoi gangli. L’ex macellaio diventato senatore ha concluso così la sua parabola, ma 6 anni sono pochi per gente con la scorsa dura come lui. Tra buona condotta o premi speciali potrebbe uscire molto presto e ricominciare a tessere le sue tele politiche. In fondo anche gli Stati Uniti sono contesi da due arzilli settantenni.

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Ostaggio in Duomo il sequestratore resta in carcere

Solo farneticazioni davanti al gip da parte di Mahmoud Elhosary, il 26enne egiziano che due giorni fa ha tenuto in ostaggio con un coltello un vigilante nel Duomo di Milano. Interrogato a San Vittore ha iniziato a pronunciare frasi sconclusionate come “mi hanno drogato” e gli è stato consigliato, anche dal suo legale, l’avvocato Costanza Pedrotti, di avvalersi della facoltà di non rispondere. Nelle indagini condotte dalla Digos e coordinate dal capo del pool antiterrorismo Alberto Nobili, presente all’interrogatorio, sarà necessaria una perizia psichiatrica per valutare la capacità di intendere e di volere del giovane. E’ emerso che il 26enne, dopo un arresto nel 2016 per una tentata rapina all’aeroporto di Malpensa, era tornato in Egitto dove aveva seguito un percorso di cure per ansie, psicosi e depressione, ma poi, rientrato in Italia, non ha voluto più essere curato. Il GIP Raffaella Mascarino, che ha convalidato l’arresto e disposto la misura cautelare come chiesto dal pool antiterrorismo guidato dal pm Alberto Nobili, ha quindi deciso che dovrà restare in carcere. “Sono musulmano, ma non vado in moschea e dei terroristi, dell’Isis non so proprio nulla“, ha detto in sostanza il giovane che oggi è stato sentito a San Vittore e formalmente si è avvalso della facoltà di non rispondere. “Stavo meglio quando venivo curato“, ha detto ancora il 26enne, che per un anno aveva seguito un percorso terapeutico per problemi psichici in Egitto. Dagli atti delle indagini emerge anche che almeno dal 25 luglio l’egiziano dormiva in strada dopo che tra giugno e luglio era stato ospitato da alcuni conoscenti e dallo zio. La custodia in carcere è stata decisa in particolare per il pericolo di reiterazione del reato (il giovane non avrebbe nemmeno una casa dove stare ai domiciliari). A San Vittore verrà seguito dal punto di vista psichiatrico e poi, sulla base delle relazioni del carcere, verrà disposta una perizia psichiatrica sulla capacità di intendere e di volere.

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Carcere, M5S: “A San Vittore poche soluzioni positive”

Carcere, M5S: “A San Vittore poche soluzioni positive”. Il Movimento in questi giorni ha sollevato la questione delle condizioni dei detenuti italiani, in particolare quelli del carcere meneghino di San Vittore dove si è recata per una visita la senatrice lombarda del M5S Alessandra Riccardi. Un sopralluogo spinto da un progetto più ampio che lo Stato sta portando avanti a livello nazionale, come spiega la stessa senatrice: “In Commissione Giustizia al Senato abbiamo da poco avviato un affare assegnato sulla situazione carceri: vogliamo fare un lavoro approfondito perché siamo convinti che sia indispensabile coniugare il principio della certezza della pena con quello della finalità rieducativa e con il rispetto della dignità umana. Oggi ho visitato il reparto La Nave del carcere di San Vittore a Milano. La Nave è un particolare reparto nato nel 2002 per attuare un progetto di recupero dei soggetti che hanno problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti e/o alcool, oltre che da comportamenti quali il gioco d’azzardo. Dentro il reparto opera l’associazione L’Oblò: uno degli argomenti trattati dalla loro redazione è la normativa che regolamenta il regime delle telefonate. Salvo casi particolari ai detenuti è concesso un colloquio telefonico una volta a settimana per una durata di dieci minuti.  Questo non permette loro di mantenere rapporti stabili con le proprie famiglie, aggravando il senso di isolamento.  Dobbiamo studiare una soluzione positiva, i programmi di laboratorio o di recupero sono ancora troppo pochi rispetto alla popolazione carceraria e questo può influire sui livelli di recidiva”. Lavorare dunque, lavorare per evitare che le condizioni di ristrettezza siano un viatico per tornare a delinquere più di prima. Un tema che sottolinea uno dei non pochi aspetti su cui la Milano sfavillante di questo periodo potrebbe migliore ancora. E secondo il rapporto della senatrice Cinque Stelle, nemmeno di poco.  

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