14 Settembre 2020

Coronavirus: 7.931 tamponi e 125 positivi

Si conferma il trend positivo dei guariti/dimessi (+64). A fronte di 7.931 tamponi realizzati, sono 125 i casi positivi per una percentuale pari all’1,57%. A Cremona, Lodi, Mantova, Pavia e Sondrio non si registra alcun contagio. Ricordiamo che l’incremento dei casi positivi, in Lombardia come nelle altre regioni, va sempre rapportato al numero dei tamponi effettuati. Senza mai dimenticare che, se si ragiona in termini di confronti assoluti, il numero degli abitanti della Lombardia è pari a 1/6 della popolazione nazionale. I dati di oggi: i tamponi effettuati: 7.931, totale complessivo: 1.830.924 i nuovi casi positivi: 125 (di cui 12 ‘debolmente positivi’ e 4 a seguito di test sierologico) i guariti/dimessi totale complessivo: 77.715 (+64), di cui 1.388 dimessi e 76.327 guariti in terapia intensiva: 28 (=) i ricoverati non in terapia intensiva: 262 (+10) i decessi, totale complessivo: 16.901 (+2) I nuovi casi per provincia: Milano: 44, di cui 21 a Milano città; Bergamo: 13; Brescia: 15; Como: 11; Cremona: 0; Lecco: 1; Lodi: 0; Mantova: 0; Monza e Brianza: 31; Pavia: 0; Sondrio: 0; Varese: 7.

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Scuola: a Milano solo sei classi in meno per primarie e medie

Scuola: a Milano solo sei classi in meno per primarie e medie. Un ottimo risultato dunque, anche se si parla di 120 bambini e ragazzini senza banco: in totale infatti ci sono 250 scuole elementari e medie a Milano e sono al momento solo sei sono le classi rimaste ‘fuori. Sono nel dettaglio la scuola elementare di via Graf che per oggi non riprendono dentro le aule. Domani e per tutta la settimana faranno lezione al parco vicino. E se pioverà o ci saranno altri problemi usufruiranno dei locali della parrocchia. Dal Comune fanno sapere che rientreranno nelle loro classi dopo il referendum. Un ottimo risultato dunque per Palazzo Marino che ha saputo dare un’ottima risposta all’emergenza degli spazi: i finanziamenti mancano ovunque o sono in ritardo, ma loro sono riusciti a creare posto per quasi tutti. E nei prossimi giorni si sta provvedendo anche per chi è rimasto fuori. L’obbiettivo cento per cento però non è lontano, a conferma di come solo una parte di Milano sia ancora sotto choc per la quarantena. La reazione della città si sta sentendo, con le attività che riaprono anche se con prudenza. Le scuole sono sulla stessa strada, proprio grazie a un’Amministrazione che non si è fermata di fronte alle difficoltà e invece di limitarsi a piangere si è rimboccata le maniche. Non è certo, ma probabile che Paolo Limonta, nominato poco tempo fa assessore con delega alla Scuola sia uno dei motivi per cui i bambini milanesi hanno potuto trovare un banco su cui sedersi viste le sue qualità di organizzatore: era lui l’animatore dei comitati per Pisapia che spinsero il principe rosso a Palazzo Marino.

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Anche Fontana vota no al Referendum

Anche Fontana vota no al Referendum. Il presidente della Lombardia Attilio Fontana si schiera dunque per il No. Il motivo lo spiega lui stesso all’Ansa: “La nostra Costituzione è importante perché è equilibrata, ha una serie di pesi e contrappesi che fanno in modo che tutto stia in piedi. Io sono preoccupato quando si fanno delle modifiche costituzionali con degli strappi, perché si rischia poi di creare un vulnus in un’altra parte della Costituzione” ha motivato il governatore della Lega “Se l’unica proposta che viene avanzata in questo momento è quella di andare verso un proporzionale puro, non mi sembra la strada giusta. Credo che per cambiare la Costituzione lo si debba fare in maniera assolutamente seria”, ha concluso. Ognuno ha i suoi motivi, ma la scelta verso la quale sembra orientato Fontana riporta il tema di come questo Referendum abbia spaccato i gruppi politici: il più importante governatore leghista non è un leghista qualsiasi. Come non lo è Giancarlo Giorgetti, il numero due dei salviniani, anche lui deciso per il No. Una spaccatura presente tanto nella Lega quanto negli altri partiti, perché la domanda se toccare la Costituzione e il Parlamento è trasversale: chi riesce a mettersi a favore della politica di questi tempi? La parola è ormai sinonimo solo di privilegi, ruberie e ogni nefandezza umana. La vicenda dei rimborsi richiesti dai parlamentari è stata fatta esplodere in questo periodo proprio per questo: soffiare sul fuoco dei forconi. E permettere a Di Maio di raggiungere una vittoria politica dopo una serie di schiaffoni senza precedenti. Ma se anche Fontana vota no al Referendum non pare sia per una spaccatura interna al partito, quanto come per gli altri partiti la strategia sembra questa: votiamo sia sì ufficialmente, che no ufficiosamente. Così in ogni caso la vittoria è assicurata. L’unico che può perdere è proprio Di Maio e i 5 Stelle.

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Femminicidio Caivano: il mostro non è solo Michele Gagliano

Femminicidio Caivano: il mostro non è solo Antonio Michele Gagliano. Sicuramente ha ucciso la sorella Maria Paola mandando fuori strada la moto su cui viaggiava con la propria fidanzata. E poi si è pure fermato per pestare a sangue l’amore della vita della sorella. La colpa da scontare? Aver contaminato Maria Paola. Eh perché la sorella si era innamorata non solo di una donna, ma di un trans. Qualcosa che secondo Antonio Michele infetta. Come non è dato sapere, ma tant’è: tutti nel paese ne parlano male e gettano su di te ombre e sospetti. Questa sì una vera infezione. Ma nei posti piccoli c’è gente piccola. Chi ha visto sempre le stesse vie, sempre le stesse persone e fatto le stesse cose per tutta la vita vive come uno sconvogilmento anche solo se cambia un vicino di casa. Pure se è bianco e della zona. Se passa uno vestito in un modo diverso scatta subito il fastidio. Se uno vive a modo suo e non secondo le regole del paesino, scattano le male parole. E se poi se ne frega proprio, scattano le ritorsioni fisiche. Perché il sottofondo di queste reazioni è sempre la rabbia per qualsiasi nota stonata. Note che è facilissimo sentire se si ascolta sempre e solo la stessa musica. Se invece di si abitua che il mondo è più grande di quattro case e due capanni odiare è più difficile. Per questo sul femminicidio a Caivano il mostro non è solo Antonio Michele Gagliano. Lui è il prodotto della retorica del paesino Barilla, con la madre in cucina, gli uomini nei campi e la persona più vicina a venti ettari più in là. Lui come i “bravi ragazzi” di Colleferro. Noti ruttatori e molestatori seriali delle vite altrui a quanto si dice. Alla fine anche loro sono stati gonfiati più dall’odio e dal senso di oppressione diffuso dei paesini in cui vivevano che dalle flessioni. E pure loro sono diventati omicidi.  Come Antonio Michele. La sua vita era rovinata ben prima di uccidere in modo così brutale la sorella: la sua testa era talmente piena delle parole delle persone che vivevano intorno a lui da farlo scoppiare. Gli sguardi. I pensieri medi dei paesini. Una cultura della comunità composta di guardiani della conservazione costante e senza idee se non uccidere tutto quello che discosta dalla solita musichetta. Guardiani senza pietà contro cui i ragazzi di Colleferro e di Caivano non hanno scudi. E alla fine diventano omicidi. Aumentando il bilancio delle persone perse in queste due tragedie.

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Coronavirus, De Palma (Nursing Up): «Pericolosa emoraggia di infermieri nella sanità privata”

Coronavirus, De Palma (Nursing Up): «Pericolosa emoraggia di infermieri nella sanità privata”. Il pericoloso aumento dei contagi e la difficile situazione della sanità pubblica con gli infermieri costantemente e legittimamente sul piede di guerra, pronti a “impugnare la spada” per far valere i propri diritti, non rappresentano le uniche problematiche contro cui dover fare i conti. Anche la situazione della sanità privata e in particolare delle Rsa non attraversa, da tempo, un momento felice. Il Presidente del Nursing Up, Sindacato Infermieri Italiani, Antonio De Palma, a capo di un soggetto vicino, da sempre, anche alle esigenze dei colleghi che lavorano nel contesto privato, denuncia e solleva la questione della delicata emorragia di infermieri che si registra negli ultimi mesi in tali strutture e in particolare nei presidi dove sono ricoverati anziani. «Come sindacato, esordisce De Palma, facciamo notare come da mesi riceviamo telefonate di colleghi che ci chiedono di tornare nella sanità pubblica. Con il miraggio poi di un contratto continuativo, salvo accorgersi che forse, vista la situazione attuale, stavano meglio prima. Insomma se da un lato la coperta è davvero corta, sia da una parte che dall’altra, registriamo, denuncia De Palma, una pericolosa situazione di allarme tra gli infermieri, che vogliono andar via, in particolare i colleghi delle Rsa. Sorvegliate speciali sono il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna ecc… La situazione della sanità privata è delicatissima: si attende da tempo immemore un rinnovo contrattuale che ancora non arriva, quando invece andrebbe finalmente ricreata quella serenità atta a dare impulso ad un settore fondamentale dell’assistenza sanitaria italiana. Non possiamo non pensare al particolare frangente in cui ci troviamo: con gli anziani costantemente a rischio, per il pericoloso e graduale ritorno del Covid. I datori di lavoro comprendano, una volta per tutte, che anche nella sanità privata senza gli infermieri si rischia il crollo inesorabile su tutti i fronti. Gli operatori di supporto, che troppo spesso si pensa di poter utilizzare con pericolose ed illegittime surroghe, non possiedono i requisiti professionali di legge “che invece sono indispensabili per offrire prestazioni sanitarie infermieristiche agli anziani”, quindi una assistenza qualificata ed autonoma a 360 gradi. Le persone fragili della nostra società vanno tutelate e protette, particolarmente in un periodo come questo, funestato dalla presenza del Covid 19, chiosa De Palma: laddove mancasse, nella sanità privata e nelle RSA, quel presidio assistenziale h24 incentrato ineludibilmente sulla responsabilità e sulla competenza professionale degli infermieri, rischierebbe di venir meno quel dispiegamento di professionisti che possiedono conoscenze e competenze per individuare e segnalare i primi segni della presenza del Covid 19. Nessuno sottovaluti questo aspetto, perchè quando si parla di competenze infermieristiche ci riferiamo a leve particolari e non fungibili da parte di chi non possiede analoga preparazione e qualificazione, che devono essere attivate per contrastare in maniera adeguata la malattia quando ancora è possibile farlo, quindi al primo verificarsi di condizioni sospette, allertando i servizi della ASL competenti e mettendo in campo tutte le prescrizioni previste dai protocolli. E’ solo con strategie di questo tipo che sarà possibile preservare e salvare numerose vite umane, conclude De Palma, ed è per questo che la nostra competenza professionale non può in nessun modo essere surrogata, se si desidera spezzare sul nascere le catene di contagio anche nella sanità privata e nelle RSA oggi più di ieri, visto che tutti siamo impegnati a combattere contro un agente biologico pericoloso e pervasivo come il Covid 19, conclude De Palma.

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Quei 35 tuffi vietati all’Idroscalo dai sommozzatori

Quei 35 tuffi vietati all’Idroscalo dai sommozzatori. Sono stati oltre cinquanta gli interventi del Nucleo Sommozzatori della Polizia locale all’Idroscalo di Milano durante la stagione estiva. Ben 35 sono stati per vietare la balneazione e i tuffi di ragazzi dai ponti che collegano l’isola. Un’estate senza tuffi è l’immagine della nostra società, per questo ne parliamo. Non certo per sminuire il lavoro dei sommozzatori, anzi: 4 interventi con assistenza di primo soccorso per persone infortunate, 8 recuperi di canoisti in difficoltà a causa del rovesciamento delle proprie imbarcazioni, 3 assistenze a velisti a causa del forte vento, un recupero in acqua di un cane che stava rischiando di annegare, la messa in sicurezza di un pontile non sono poca cosa. Ma quei 35 tuffi vietati all’Idroscalo dai sommozzatori sono invece l’immagine di una società in ginocchio: tutti vogliamo una vita più sicura possibile, ma arrivare a vietare i tuffi per i rischi che si corrono è un suicidio. L’unico stile di vita certo, per altro non al cento per cento, è stare seduti in poltrona. Appena si mette un piede fuori si rischia qualcosa. Anche di farsi male o di non tornare, ma è necessario per vivere. La vita stessa è un rischio. Come l’utilizzo degli spazi pubblici, ma chiuderli per preservarli è un’idiozia. Come non camminare perché se no le scarpe si consumano. Eppure siamo arrivati a questo: a vietare i tuffi ai ragazzi da un pontile. Non da un grattacielo, da un pontile o trampolini appositi. Perché poi c’è il rischio che la famiglia intenti causa contro la struttura? E non esistono assicurazioni apposite? Forse dovrebbero, perché i tuffi sono importanti. Sono un gesto semplice e liberatorio. Uno di quelli di cui abbiamo compreso l’importanza durante la quarantena. Quei 35 tuffi vietati all’Idroscalo dai sommozzatori sono una resa. Non dell’Idroscalo e basta, ma di tutti perché chi mai potrebbe sostenere il diritto al rischio? Una posizione tanto impopolare da essere al limite della legalità di questo inizio secolo.

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