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Il potere di Israele in Europa: lobby, relazioni politiche e influenza istituzionale

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Nel contesto europeo contemporaneo, caratterizzato da dinamiche geopolitiche sempre più complesse, emerge con chiarezza il ruolo cruciale esercitato da Israele attraverso una rete ben strutturata di gruppi di pressione. La domanda, spesso silenziosa ma diffusa nell’opinione pubblica, su quanto effettivamente lo Stato di Israele influenzi le politiche e le istituzioni dell’Unione Europea, trova una risposta documentata nei fatti, ben al di là delle teorie del complotto. A partire dagli anni 2000, Israele ha consolidato in Europa una strategia già sperimentata con successo nei contesti anglosassoni. È in questo quadro che si inserisce l’attività dell’AJC Transatlantic Institute (TAI), ufficio europeo dell’American Jewish Committee, una delle più influenti organizzazioni ebraiche americane. Il TAI, attivo a Bruxelles dal 2005 e regolarmente registrato come gruppo di lobby presso le istituzioni europee, dispone di risorse finanziarie considerevoli, circa 700mila euri annui, provenienti dallo stesso AJC, il cui patrimonio supera i 250 milioni di dollari, con entrate annuali pari a 80 milioni. La missione del TAI è dichiaratamente politica: rafforzare i legami tra Europa, Israele e Stati Uniti, combattere l’antisemitismo e consolidare valori democratici condivisi. Diretto oggi da Benedetta Buttiglione, figlia dello storico esponente democristiano Rocco Buttiglione, il TAI agisce attraverso iniziative parlamentari, eventi istituzionali e attività di advocacy. Presidente dell’organismo è Michael Tichnor, imprenditore di Boston con lunga militanza nei ranghi dell’AJC. Uno degli strumenti più efficaci di questa influenza è la rete dei Transatlantic Friends of Israel (TFI), gruppo interparlamentare trasversale che conta oggi 148 membri, di cui ben 33 italiani. Lanciata nel 2009 al Parlamento Europeo e presente dal 2023 anche con una sezione italiana, la TFI è attivamente sostenuta da esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, Partito Democratico, Italia Viva e Azione. Tra i nomi di spicco vi sono il senatore Marco Scurria (FdI), presidente della sezione italiana, Mariastella Gelmini (Azione), Giulio Terzi di Sant’Agata (FdI), Stefania Craxi (FI), Enrico Borghi (IV), Piero Fassino (PD) e Paolo Formentini (Lega). Gli eventi organizzati dalla TFI, come la tavola rotonda al Senato del febbraio 2024 per celebrare i 75 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Israele, avvengono anche in contesti internazionali delicati, come l’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza. Ciò non ha impedito a numerosi parlamentari italiani di celebrare pubblicamente i rapporti bilaterali, rafforzando così l’immagine di una solidarietà strutturale e trasversale a livello politico. Fulvio Martusciello, europarlamentare di Forza Italia, è un altro attore chiave della sfera pro-Israele. Presidente per quasi un decennio del Comitato UE-Israele, è stato coinvolto nel 2014 in una controversa collaborazione con Nuno Whanon Martins, lobbista dell’European Jewish Congress, successivamente indagato per presunta corruzione legata a pressioni in favore di una big-tech extra-europea. Martusciello è stato comunque confermato nel 2024 capo-delegazione di Forza Italia al Parlamento Europeo, grazie a oltre 100mila preferenze personali. Un ulteriore esempio della pervasività della presenza israeliana nel tessuto istituzionale europeo è rappresentato dall’attuale Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Già nel 2007, secondo uno studio dell’Università di Bath, figurava nel direttivo della European Friends of Israel (EFI), gruppo di pressione affiliato alla Federazione Sionista del Regno Unito. L’EFI, oggi meno visibile, vantava nel 2012 oltre mille parlamentari europei aderenti. L’on. Tajani ha contribuito in modo significativo all’integrazione industriale e tecnologica tra Europa e Israele. Da Commissario europeo, ha promosso scambi economici che hanno portato le importazioni UE da Israele a più che raddoppiare tra il 2000 e il 2011, fino a raggiungere i 17,6 miliardi di euro. Ha inoltre incoraggiato la partecipazione israeliana a programmi strategici europei, come Copernicus per la navigazione satellitare, e al programma europeo per la “ricerca sulla sicurezza”, nel quale Israele è il partecipante non europeo più attivo. Visite ufficiali in Israele, conferenze, missioni economiche e cooperazione nel settore della difesa e dell’innovazione tecnologica hanno consolidato un asse operativo tra Bruxelles, Roma e Tel Aviv. Un caso emblematico è rappresentato dalla conferenza Go4Europe del 2011, dove Tajani intervenne a fianco di esponenti del governo israeliano e del mondo finanziario, incluso il fondo Catalyst, specializzato in investimenti ad alto contenuto tecnologico. In questo scenario, l’attività delle lobby filo-israeliane appare ben più di un fenomeno marginale o secondario: è parte integrante delle dinamiche politiche e diplomatiche europee, profondamente radicata nelle relazioni interparlamentari, nell’economia e nella strategia internazionale dell’Unione. Il sostegno a Israele, nella narrativa ufficiale, si fonda sulla comunanza di valori democratici e sull’alleanza contro minacce condivise, ma è evidente anche la convergenza di interessi economici e tecnologici. È quindi legittimo e necessario interrogarsi, non in chiave complottistica, ma con spirito critico, su quanto questa rete di relazioni influenzi le scelte delle istituzioni europee e nazionali, in particolare in frangenti di crisi internazionale. La trasparenza è garantita dalle registrazioni ufficiali dei gruppi di pressione e dalle attività pubbliche, ma la sostanza politica di questa influenza merita una riflessione più ampia. Il potere di Israele in Europa, costruito in decenni di relazioni diplomatiche, lobby legittime e cooperazione industriale, è un dato strutturale. E proprio per questo richiede un’analisi lucida e informata, al di là delle semplificazioni ideologiche.

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Cronaca · Europa · Medio Oriente · Politica

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