Roma – Cultura

Il lavoro di Antonio Pennacchi come attore web

Il lavoro di Antonio Pennacchi come attore web. Il grande scrittore di Latina infatti ha recitato una parte della docu-serie “Paludi Pontine tra storia e identità”, un progetto di quattro scuole di Latina per ricostruire un’identità storica al territorio a cui Pennacchi era tanto legato personalmente e professionalmente. Il grande scrittore è stato proprio testimonial del progetto per il quale è stato creato anche un sito internet che trovate a questo link e sul cui canale Youtube è possibile trovare una presentazione del progetto raccontata dello stesso Pennacchi. L’identità è infatti un tema cruciale per un territorio come Latina, una città con meno di 100 anni è una rarità in Italia dove anche l’ultima frazione dell’ultimo paesino in mezzo al nulla ha una storia secolare. E così come lo è stato per il Pennacchi scrittore, lo è stato per il lavoro di Antonio Pennacchi come attore web. Sull’importanza della storia del suo territorio lo scrittore ha regalato grandi pagine di letteratura, ma anche dimostrato l’apertura a progetti innovativi come le scuole di Latina che coordinate dall’Istituto Vittorio Veneto – Salvemini hanno posto un piccolo grande mattone per la costruzione di una storia del territorio più incentrata sulla realtà dei fatti che alle sole interpretazioni politiche legate al ventennio fascista. E che ha lanciato una importante visione sull’approccio all’istruzione moderna con la creazione della prima lezione in 3 dimensioni sulla storia delle Paludi Pontine: grazie a una collaborazione con H-FARM infatti l’Istituto Vittorio Veneto – Salvemini ha avviato il primo laboratorio di realtà virtuale in una scuola pubblica italiana. Una ventina di Oculus, i visori 3D usati fin’ora soprattutto per giocare ai videogames più innovativi, serviranno invece per vivere in prima persona un’esperienza immersiva nella storia del territorio pontino. Un gesto di speranza per un territorio ancora molto legato all’agricoltura e in cui l’innovazione è spesso relegata all’iniziativa di aziende private (non è un caso che ci siano alcuni produttori di vaccini). E l’ultimo regalo di cultura e innovazione lasciato da Antonio Pennacchi al suo tanto amato agro pontino.    

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Paludi Pontine tra storia e identità

Paludi Pontine tra storia e identità. La Dirigente Scolastica dell’Istituto Vittorio Veneto – Salvemini di Latina, la Dott.ssa Marina Rossi presso il suo Istituto ha presentato alla stampa e alla cittadinanza l’evento conclusivo del Progetto “La Bonifica delle Paludi Pontine, tra storia e identità”: una vera e propria Serie in 4 Episodi (4 Corti) che raccontano le “Persone di Latina” tra Presente e Passato, e un sito paludipontine.it che racconta il progetto in modalità Social. Questo Progetto ha visto il coinvolgimento di Studenti e Docenti di 4 Scuole (IC Tasso, IC Giuliano, Liceo Manzoni e, naturalmente, l’Istituto Vittorio Veneto – Salvemini, Scuole della rete “Site-Lieu, Site Espace” di Latina) per dare vita ad un modo differente di imparare e trasmettere la Storia e l’Identità Culturale ed Emotiva del Territorio di Latina, legato fortemente alle vicende delle Bonifiche dell’Agro Pontino. Gli studenti (di Scuole diversi indirizzi) hanno potuto così seguire le proprie capacità e passioni, supportati da Docenti ed Esperti come il ricercatore-archeologo Francesco Moriconi (per i Laboratori Storiografici da cui sono stati identificati i momenti fondamentali della Storia dell’Agro Pontino) e Massimiliano Lanzidei per le nozioni di base della sceneggiatura del cortometraggio, a cui sono seguiti Laboratori di Scrittura Collettiva e Sceneggiatura Condivisa, Laboratori Musicali di Ricerca Etnomusicologica (per la colonna sonora) e Laboratori di Ricerca dei Costumi Storici. I cortometraggi Gli studenti sono venuti in contatto quindi con tutti gli aspetti e le competenze necessarie per produrre un cortometraggio: dall’idea iniziale alla stesura delle sceneggiature, delle trame e dei dialoghi, alle riprese, al montaggio finale, cimentandosi con la ricerca e la creazione dei costumi storici. “La finalità è quella di sensibilizzare studentesse e studenti alla conoscenza di perso-naggi e passaggi memorabili della Storia nazionale e portarli ad interiorizzare i valori che tali episodi testimoniano, con l’accompagnamento ed il sostegno delle loro fami-glie…” spiegava nella conferenza di presentazione Piergiorgio Ensoli, professore di Lettere e coordinatore del progetto. Quattro i momenti selezionati per ripercorre la storia di una delle più imponenti bonifi-che dell’era moderna in Italia: i primi lavori di epoca romana, l’impegno di Leonardo da Vinci e dei Papi, i tentativi dell’Ottocento e l’ultima fase durante il ventennio fascista. Attraverso le mappe storiche e i materiali selezionati dalla scuola e dai suoi partners i ragazzi apprenderanno lo sviluppo del territorio in modo del tutto innovativo. Nel frattempo proseguono le riprese per la creazione di una mini serie video sulle Palu-di Pontine, cortometraggi che ripercorrono la storia del territorio e che vedranno tra gli attori protagonisti anche il Premio Strega Antonio Pennacchi che, per amore dalla sua Latina, è testimonial dell’evento. Realtà virtuale: il progetto cresce sempre di più grazie a H-FARM “La realtà virtuale rappresenta un nuovo veicolo per l’apprendimento per le giovani generazioni – spiega la dirigente scolastica Marina Rossi – abbiamo deciso di comple-tare il percorso del progetto “Paludi Pontine tra storia ed identità” in questo modo perché lo abbiamo già sviluppato su canali online e offline costruendo un sito internet e i profili social dove gli stessi studenti hanno elaborato e caricato i materiali. L’approdo della realtà virtuale non è limitato a questo progetto perché i visori ci per-metto di proiettarci su una serie di contenuti innovativi anche per altri campi del sa-pere”. Negli ultimi anni abbiamo investito molto in ricerca e sviluppo in ambito EduTech, es-sendo tra le poche realtà in Europa ad avere tutte le carte necessarie per giocare que-sta partita.” commenta Antonio Guarino, Head of Virtual K12 di H-FARM EDUCATION. “Sentiamo forte la responsabilità di portare un importante contributo tecnologico all’interno del mondo dell’education: poter collaborare con un istituto pubblico per velocizzarne la sua evoluzione digitale è per noi motivo di orgoglio, e ci fa ben sperare per il futuro.” Lo Scrittore Antonio Pennacchi, Premio Strega 2010, ha partecipato al progetto come testimonial dando la possibilità ai ragazzi di confrontarsi con la Generazione che ha fondato e iniziato a popolare Latina. Il Sindaco Damiano Coletta, intervenuto alla presentazione, ha sottolineato quanto progetti come questo siano fondamentali per una città “giovane“, la città è stata fondata nel 1932, e con una identità combattuta, tra oblio e necessità di ri-scoprirsi, come Latina. Un progetto didattico veramente ben riuscito: un modo innovativo per rendere gli studenti pro-attivi nell’apprendimento, che esce dal mero ambito scolastico avvicinando gli studenti ad una vera e propria attività professionale e che, grazie alla qualità dei 4 Corti/Episodi della “Web-Serie” e al Sito dedicato paludipontine.it andrà sicuramente ad avvicinare tutta la popolazione del territorio (NON SOLO GLI STUDENTI) a questi fatti storici.

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A Latina il primo laboratorio di realtà virtuale in una scuola pubblica

A Latina il primo laboratorio di realtà virtuale in una scuola pubblica. Il liceo Vittorio Veneto – Salvemini crea la prima lezione in realtà virtuale sulla storia delle Paludi Pontine con la collaborazione di H-FARM. Una lezione creata per immergersi letteralmente nella storia della Paludi Pontine: il liceo Vittorio Veneto – Salvemini di Latina nell’ambito del progetto Paludi Pontine di cui è capofila avvia il primo laboratorio di realtà virtuale in una scuola pubblica: entro settembre sarà infatti pronta una lezione fruibile attraverso i visori 3D Oculus di cui la scuola ha deciso di dotarsi sia per questo progetto che per futuri nuovi sviluppi. Quattro i momenti selezionati per ripercorre la storia di una delle più imponenti bonifiche dell’era moderna in Italia: i primi lavori di epoca romana, l’impegno di Leonardo da Vinci e dei Papi, i tentativi dell’Ottocento e l’ultima fase durante il ventennio fascista. Attraverso le mappe storiche e i materiali selezionati dalla scuola e dai suoi partners i ragazzi apprenderanno lo sviluppo del territorio in modo del tutto innovativo. Nel frattempo proseguono le riprese per la creazione di una mini serie video sulle Paludi Pontine, cortometraggi che ripercorrono la storia del territorio e che vedranno tra gli attori protagonisti anche il Premio Strega Antonio Pennacchi che è anche testimoniale dell’evento. “La realtà virtuale rappresenta un nuovo veicolo per l’apprendimento per le giovani generazioni – spiega la dirigente scolastica Marina Rossi – abbiamo deciso di completare il percorso del progetto “Paludi Pontine tra storia ed identità” in questo modo perché lo abbiamo già sviluppato su canali online e offline costruendo un sito internet e i profili social dove gli stessi studenti hanno elaborato e caricato i materiali. L’approdo della realtà virtuale non è limitato a questo progetto perché i visori ci permetto di proiettarci su una serie di contenuti innovativi anche per altri campi del sapere”. L’iniziativa è stata possibile per la collaborazione con H-FARM, la più importante piattaforma di innovazione in Italia, che, nata nel 2005 come incubatore di start-up, oggi è l’unica realtà che unisce in un solo luogo investimenti, servizi per le imprese ed educazione, con un’offerta formativa che comprende H-FARM INTERNATIONAL SCHOOL, un network di 3 scuole internazionali, H-FARM MY SCHOOL, la prima scuola multicanale, H-FARM COLLEGE per la preparazione post-diploma e universitaria e BIGROCK, scuola di computer grafica, formando oltre 2000 studenti. “Negli ultimi anni abbiamo investito molto in ricerca e sviluppo in ambito EduTech, essendo tra le poche realtà in Europa ad avere tutte le carte necessarie per giocare questa partita.” Commenta Antonio Guarino, Head of Virtual K12 di H-FARM EDUCATION, “Sentiamo forte la responsabilità di portare un importante contributo tecnologico all’interno del mondo dell’education: poter collaborare con un istituto pubblico per velocizzarne la sua evoluzione digitale è per noi motivo di orgoglio, e ci fa ben sperare per il futuro.”    

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Cybersecurity Competence Centre: la rotta europea valorizza il partenariato pubblico-privato

Cybersecurity Competence Centre: la rotta europea valorizza il partenariato pubblico-privato di Davide Maniscalco, coordinatore regionale Aidr per la Sicilia, Head of public affairs di Swascan – Tinexta Group Mentre in Italia è stato annunciato un imminente DL che istituirà e disciplinerà la nuova Agenzia nazionale per la Cybersecurity, il Parlamento Europeo, nella giornata di mercoledì scorso ha dato il proprio sostegno al nuovo cyber competence centre europeo che rientra nel pacchetto di misure normative ed iniziative sulla cybersicurezza adottate dalla Commissione Europea il 13 settembre 2017 e protese a migliorare ulteriormente la resilienza informatica, la deterrenza e la difesa dell’UE. Vengono così adottati i piani per rafforzare la preparazione e la resilienza dell’Europa contro gli attacchi informatici, creando un pool per l’innovazione e le competenze, coerentemente con quanto deciso nel vertice di Tallinn sul digitale del settembre 2017, laddove i capi di Stato e di governo invitavano l’Unione Europea a diventare “un leader mondiale della cybersicurezza entro il 2025, al fine di garantire la fiducia, la sicurezza e la tutela dei cittadini europei, dei consumatori e delle imprese europee online e di far sì che Internet sia libero e regolamentato“. La configurazione del nuovo centro di competenza cyber con una relativa rete di centri nazionali di coordinamento è stata disegnata dalla Commissione Europea il 12 settembre 2018 nell’ambito di una proposta di regolamento che mira a migliorare e rafforzare la capacità di cybersicurezza dell’UE, stimolando l’ecosistema tecnologico e industriale della cybersecurity europea attraverso un’attività di coordinamento di tutte le risorse in campo al fine di: – aumentare la capacità di resilienza dell’Europa contro le minacce informatiche – stimolare l’innovazione tra le piccole imprese e le start-up Il nuovo centro di competenza europeo, con sede a Bucarest, riunirà le comunità europea delle competenze sulla ricerca in materia di cybersicurezza. Inoltre, fornirà sostegno finanziario attraverso i programmi Orizzonte Europa ed Europa digitale a progetti innovativi di start-up e PMI, nell’ambito del quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Va detto che la legislazione adottata si basa essenzialmente sul partenariato pubblico-privato contrattuale sulla sicurezza informatica creato nel 2016 che diventa ancora più strategico nel nuovo ecosistema digitale in cui diventa sempre più importante garantire alti livelli di innovazione nell’area della sicurezza informatica. Del resto, una compromissione delle reti e dei sistemi informativi può ripercuotersi su singoli Stati membri e su tutta l’Unione Europea ed è per questo che rafforzare la cybersecurity è essenziale per l’armonioso funzionamento del mercato interno specialmente in un momento storico in cui l’Unione Europea dipende ancora da fornitori di sicurezza informatica non europei. Eppure, l’Unione Europea vanta grandi competenze ed esperienza nello sviluppo industriale, nella tecnologia e nella ricerca sulla cybersecurity, ma gli sforzi delle comunità dell’industria e della ricerca hanno mostrato frammentazione e disallinamento, risultando spesso privi di una progettualità comune. Per tale ragione la competitività nel settore cyber ha evidentemente subito un rallentamento penalizzante. Ecco perché con il nuovo regolamento l’obiettivo prioritario è quello di far convergere gli sforzi e le competenze verso una aggregazione virtuosa che li colleghi in rete al fine di impiegarli in modo efficiente per consolidare e integrare le attuali capacità tecnologiche, industriali e di ricerca a livello nazionale e di Unione Europea. La nuova istituenda struttura intercetterà così le più autorevoli competenze di rilievo europeo, da ricercarsi nell’ambito degli istituti di ricerca piuttosto che nell’universo delle PMI e delle start-up, oltre che tra le ONG e nella cosìddetta “comunità delle competenze”, per includerle nel processo di decisione delle priorità di ricerca europee. Ed infatti, coerentemente con l’esigenza di un sempre più forte partenariato pubblico-privato, tra i principali obiettivi e funzioni della missione disegnata per il nuovo competence centre rientra senz’altro quello di potenziare le sinergie tra le dimensioni civile e di difesa della cybersicurezza in relazione al Fondo europeo per la difesa, attraverso, tra l’altro, l’attività di consulenza e la condivisione di conoscenze, nonché la promozione della collaborazione fra i portatori di interessi. In tale scenario i Competence centres nazionali agiranno specularmente da punti di contatto a livello nazionale per la comunità delle competenze in materia di cybersicurezza creando sinergie con attività pertinenti a livello nazionale e regionale. In tal senso, la comunità delle competenze in materia di cybersicurezza, contribuirà alla missione del Centro di competenza, consolidando e divulgando le competenze in tema di sicurezza informatica in tutta l’Unione. Allo stesso tempo, tutti gli Stati membri saranno chiamati ad investire collettivamente ed in misura maggiore, anche mettendo in comune le risorse, per rafforzare il settore cyber ritenuto cruciale nel nuovo e sempre più pervasivo scenario di minaccia polimorfa e transnazionale. Al di là della configurazione dell’Agenzia Cyber nazionale, di cui in questi giorni si fa un gran parlare,  va detto che il regolatore europeo ha colto ancora una volta l’esigenza di rispondere ad incidenti informatici critici, in modo unificato e coordinato, anche attraverso i partners del settore privato, che laddove particolarmente virtuosi per livello di proattività, prevenzione e predittività, possono rappresentare un autentico fattore di successo nella protezione dell’economia e della sicurezza nazionale.

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Nuovo Atlante delle Arti – Tre. Progetto Artistico Internazionale ideato e diretto dal Prof. Carlo Franza

Nuovo Atlante delle Arti – Tre. Progetto Artistico Internazionale ideato e diretto dal Prof. Carlo Franza. La mostra dal titolo “L’istante e la sua luce” dell’artista ROBERTO ROSSO che rientra in un progetto artistico internazionale, “NUOVO ATLANTE DELLE ARTI”, ideato e diretto dal Prof. Carlo Franza (Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea e Critico de IL Giornale fondato da Indro Montanelli) per la FONDAZIONE ATM di MILANO, istituzione attestata internazionalmente, che focalizza l’attenzione su talune figure in progress della nuova stagione artistica europea. L’esposizione curata dal Prof. Carlo Franza, illustre Storico dell’Arte di piano internazionale, che firma anche il testo, riunisce un certo numero di opere che compongono una vera e propria installazione, capace di campionare il percorso singolare di questo illustre artista fotografo italiano. All’inaugurazione ci saranno i saluti del Presidente e una prolusione del Prof. Carlo Franza, curatore della mostra, unitamente alla partecipazione di intellettuali italiani e stranieri e di numerosi collezionisti. Scrive Carlo Franza: Il tentativo di leggere fenomenologicamente la fotografia conduce inevitabilmente all’ammissione dello scacco che essa genera, mostrando l’impossibilità di una rappresentazione sincera del reale. L’obiettivo è sempre intenzionalmente rivolto a un lato dell’evento che “prende di mira” una “parte” che non soltanto non è l’intero, ma che non può neanche rappresentarlo. Questa impotenza della fotografia, che la rende statutariamente inadeguata e imprecisa rispetto al reale, è anche alla base della sua potenza. La fotografia rimarrà sempre una traccia, un accenno, una sfida dello sguardo a colmare il vuoto dell’invisibile, a superare l’assenza dell’osservatore con un’azione di costruzione – di creazione dell’immaginario – da parte di quest’ultimo. La leggibilità dell’immagine fotografica, che permette l’azione decodificante, coinvolge totalmente il fruitore, non soltanto perché questi necessita della sua esperienza passata e del suo bagaglio concettuale come pre-dato necessario per poter disambiguare la fotografia nel presente, a cui essa è consegnata, ma anche perché lo spinge sempre, come ben sostiene Didi-Huberman, a un atto di immaginazione: “immaginare ciò che non è nella memoria dell’osservatore o immaginare il momento vissuto, oggettivato nella foto, con un movimento di distacco, di spoliazione, di estrazione dalla propria soggettività. È proprio questa immaginazione che innesca il processo conoscitivo poiché «per sapere occorre immaginare”. L’immagine può essere la rappresentazione di qualcosa o di qualcuno, anche raffigurazione realistica o astratta oppure visione rassomigliante alla realtà; non è mai fisica, poiché è sempre una percezione visiva e, potendo essere anche mentale, non necessita di un supporto materiale. Ineliminabile affinché si possa cogliere un’immagine è invece la necessità di una mente che la pensi, prima ancora che due occhi che la vedano. Quello che viviamo è infatti il tempo della visual culture in cui è preminente l’immagine tecnica, la cui potenza consiste nel calamitare l’attenzione dell’osservatore, dirigendone o condizionandone la decodifica. La seduzione dell’immagine, infatti, ha un tale effetto sull’uomo da “adescarlo” nella morsa della sua rete illusoria. Ne era consapevole anche Feuerbach. Roland Barthes suppone che, sebbene nella fotografia il messaggio sia all’apparenza senza codice, in realtà anche in essa esista un livello connotativo che non esaurisce l’informazione analogica mostrata dal suo lato denotativo in modo evidente. La connotazione nella fotografia è dunque un’ulteriore scrittura, una retorica della fotografia, un codice che limita le possibili interpretazioni dell’osservatore, che la imprigiona entro dei confini di senso, che controlla il processo di significazione. Barthes ritiene che la lettura della fotografia sia sempre “storica” ovvero condizionata dalla situazione culturale, sociale e politica dell’interpretante. Sono dunque due le direzioni della decifrazione: quella “imposta” dal cifrante attraverso le tecniche e quella seguita dal decifrante a partire dalle sue categorizzazioni. Il filosofo francese inoltre individua tre possibili livelli di connotazione: percettiva, cognitiva e ideologica o etica. La prima è determinata dal modo naturale dell’individuo di leggere un’immagine: “Non vi è percezione senza categorizzazione immediata, la fotografia viene verbalizzata nel momento stesso in cui è percepita; o meglio: non viene percepita se non verbalizzata”. La seconda dipende dalla cultura e dalla conoscenza dell’interpretante che coglie nei dettagli dell’immagine un significato aggiuntivo che altrimenti non coglierebbe. La terza, quella ideologica, è la più infida poiché “introduce ragioni o valori nella lettura dell’immagine”. È chiaro che si suppone un effetto depotenziato di qualsiasi connotazione se si dà per scontata la capacità critica del soggetto interpretante. Il punto che qui però si vuole sottolineare è che, allo stato attuale, non è più possibile un’affermazione siffatta. L’ingombro dell’immagine tecnica è tale che ha vinto il suo apparente lato denotativo che la fa apparire valorialmente indifferente e indifferenziata. L’osservatore è oggi uno spettatore e un consumatore prima ancora che un interpretante e per prima cosa “consuma” -o se si vuole, “divora” senza più riconoscerne il sapore che è rientrato nell’ovvio – messaggi ideologici ed eticamente svuotati con cui vengono cifrate le immagini mediate dallo spettacolo e potenziate dall’aspetto ludico. “Vedere non è credere ma interpretare”, infatti. Un’altra caratteristica della percezione è che guardare non è sufficiente per vedere: occorre anche sapere che cosa cercare, oltre che prestare attenzione a ciò che si guarda. Occorre dunque anche imparare a vedere. Questo dimostra l’importanza di una cultura della visione. Flusser ritiene che l’umanità sia giunta in quest’epoca a un nuovo paradigma ermeneutico a cui corrisponde una nuova forma di pensiero. Una fase in cui imperano le immagini tecniche che diventano superfici “piene di dèi”. Il fotografo non asservito si dovrà sforzare di produrre informazioni impreviste, di estrarre, cioè, qualcosa dall’apparecchio e di mettere in immagine ciò che non figura nel suo programma. Una filosofia della fotografia è necessaria affinché il fotografo recuperi la sua coscienza critica e trovi il suo spazio di libertà “lottando” contro le possibilità dell’apparecchio, per fotografare l’improbabile, l’imprevisto che sfugge alla manipolazione dell’oligarchia che controlla la decodificazione del simbolo attraverso la programmazione. In tal modo, per dirla con Flusser, si avrà una fotografia informativa e non ridondante. Si avrà una fotografia e non una semplice immagine tecnica. La fotografia infatti è l’impegno dello sguardo che cerca di cogliere il senso dello spazio e dei suoi oggetti, il loro segreto letteralmente indicibile e tuttavia osservabile, immaginabile. In tal senso

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Raffaello in pillole: 8 posti a Roma dove ammirare le sue opere

Raffaello in pillole: 8 posti a Roma dove ammirare le sue opere. Cari romani, se avete perso l’attesissima mostra evento Raffaello 1520-1483 (2 giugno-30 agosto) ospitata presso la cornice romana delle Scuderie del Quirinale, non disperate. La vostra città vi regala un patrimonio inestimabile, che conta una quantità di opere vastissima dello straordinario artista urbinate — fra cui alcune delle opere presenti in mostra — che a Roma trascorse gli anni più floridi della sua carriera. L’immane valanga di oggetti e chincaglierie pop che gridano all’orrore (sparse ahimè in moltissime case), su cui sono state brutalmente stampigliate le sue più famose serie di Madonne, hanno portato spesso a identificare nell’immaginario collettivo Raffaello come un pittore un po’ “snob”, distaccato, freddo e poco emotivo. Niente di più sbagliato. Raffaello fu un artista in grado di incarnare genio, impulsività, spirito di imprenditorialità e grande modernità (curiosità: è proprio con Raffaello che nasce il concetto moderno di tutela dei beni culturali). Raffaello è passionalità, seduzione, colore, vita. Dopo un’infanzia d’oro trascorsa ad Urbino e i primi soggiorni fra Perugia, Città di Castello e Firenze, il giovane Sanzio, all’età di circa 25 anni, giunge a Roma in seguito alla chiamata diretta di papa Giulio II della Rovere (1443-1513) per partecipare alla seconda grande impresa pittorica del suo pontificato (dopo quella della Volta Sistina di Michelangelo, per intenderci): le Stanze Vaticane. Raffaello resterà a Roma fino alla sua morte, avvenuta il 6 aprile 1520 in seguito a una febbre acuta, un evento drammatico che rappresentò una cesura importante per l’ambiente artistico romano e non solo. A testimonianza di quanto l’artista fu amato e stimato in vita, gli fu concesso l’onore di essere sepolto nel Pantheon — luogo dal quale parte a ritroso il percorso espositivo della mostra al Quirinale, con una ricostruzione in scala 3D del sepolcro— che avete la fortuna di poter ammirare dal vero e gratuitamente nella Capitale. Il Pantheon rappresenta pertanto l’ultima tappa legata a questo straordinario artista, che a Roma trascorrerà oltre un decennio (dal 1508 al 1520), lasciandoci opere di straordinaria bellezza che costituiscono un vanto per la nostra città, ma troppo spesso sconosciute dalla maggior parte dei suoi abitanti, che ignari passano davanti ai capolavori della nostra identità storica e culturale. Da oggi non avete più scuse, perché saprete dove trovarli. Allora, siete pronti a scoprire quante meraviglie dell’artista urbinate si celano fra le mura di chiese, palazzi e musei romani? Iniziamo! 1. MUSEI VATICANI Il primo luogo che vi consiglio di visitare è senz’altro il complesso dei Musei Vaticani, che ospita alcune fra le più celebri opere di Raffaello: le Stanze Vaticane, le Logge (purtroppo chiuse al pubblico) e il gruppo di opere mobili presenti in Pinacoteca. Le Stanze Vaticane rappresentano l’impresa artistica più impegnativa realizzata da Raffaello, sia per la loro estensione pittorica che per la durata del progetto (1508-1524). Infatti, la loro elaborazione si protrasse anche dopo la morte dell’artista urbinate, grazie ai progetti da lui lasciati. Consistono in quattro ampi ambienti, concepiti come stanze private del pontefice, ciascuno interamente decorato ad affresco da Raffaello e la sua bottega. La decorazione di ciascuna stanza coincide con la sua originaria funzione, ancora oggi non del tutto definite. Ad esempio, la Stanza della Segnatura (1508-1511) probabilmente ospitò in origine la biblioteca privata del pontefice Giulio II, come suggeriscono i moltissimi libri raffigurati in ciascuna scena, ma soprattutto la scelta tematica degli episodi sulle pareti e sulla volta, che corrispondono alle sezioni delle antiche biblioteche: la Teologia, la Filosofia (raffigurata dalla celebre Scuola di Atene), la Poesia, e la Legge. Gli ambienti successivi, eseguiti sempre più grazie all’aiuto della bottega, sono la Stanza di Eliodoro (1511-1514), la Stanza dell’incendio di Borgo (1514-1517), e la Sala di Costantino (1517-1524). Quest’ultima, compiuta dopo la morte di Raffaello seguendo fedelmente i cartoni lasciati dal maestro, è da qualche mese di nuovo visibile al pubblico dopo un lungo restauro, che ha riportato alla luce, oltre gli splendidi colori originali, anche due figure ad olio: la Comitas e la Iustitia, attribuite dagli studiosi proprio alla mano del maestro Raffaello. Camminare lungo questi ambienti (che oggi avete la fortuna di visitare in tutta tranquillità, rispetto al flusso incontrollato di turisti del passato, vista la capienza ridotta in seguito alle norme anti-Covid) vi offre un’intera panoramica sull’evoluzione artistica di Raffaello, che muta di Stanza in Stanza il suo linguaggio stilistico, maturando, assumendo una consapevolezza di sé sempre maggiore e assorbendo gli stimoli degli artisti presenti a Roma — primo fra tutti Michelangelo— creando uno stile unico. Sempre all’interno del grande complesso dei Musei Vaticani, nella Pinacoteca, potrete ammirare un’intera sala dedicata all’artista urbinate, che comprende tre grandi pale d’altare, ovvero la Pala Oddi (1502-1504), la Madonna di Foligno (1511-1512), e la Trasfigurazione (1518-1520). Questa serie di opere, collocate fisicamente in maniera ravvicinata, si situano in tre periodi diversi della carriera di Raffaello e consentono pertanto di coglierne il suo sviluppo stilistico, dapprima legato ai modi del maestro Perugino e poi sempre più personale, fino a giungere alla Trasfigurazione, l’ultima opera ad essere eseguita in vita dall’artista e nota per essere stata posta sul suo letto di morte. Altre opere presenti in Pinacoteca sono la predella della Pala Baglioni (1507) — opera conservata presso la Galleria Borghese di Roma —, e la serie degli Arazzi Vaticani (1515-20 circa), voluti da papa Leone X e un tempo collocati nella cappella Sistina, nella fascia inferiore, dove oggi appaiono i finti arazzi dipinti. 2. GALLERIA BORGHESE La Galleria Borghese, in cui si concentra una quantità smisurata di capolavori dell’arte di tutti i secoli, ospita la bellissima Dama con Liocorno (1506), eseguita da Raffaello prima dell’arrivo a Roma, durante il soggiorno fiorentino. Questo dipinto è stato oggetto di un vero e proprio giallo. Infatti, originariamente non si conoscevano né il committente, né il soggetto e nemmeno il suo autore, identificato successivamente con Raffaello grazie ad una intuizione di Roberto Longhi. La giovane donna, chiaramente ispirata al modello leonardesco della Gioconda, vi incanterà con il suo sguardo penetrante dagli occhi di ghiaccio

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