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Fastweb, uno spiraglio per i 72 licenziati

Fastweb, uno spiraglio per i 72 licenziati. Il 25 giugno infatti i sindacati dovrebbero incontrare l’azienda per affrontare la situazione. Il trasferimento a Bari per molti equivarrebbe a un licenziamento di fatto: troppi i legami col territorio, i parenti e troppo difficile per chi è anche in gravidanza. Novecento chilometri sono troppi, dunque c’è uno spiraglio per i 72 licenziati. Fastweb in fondo è un’azienda che continua a investire, spende miliardi per nuove avventure e nuovi mercati finanziari. Dovrebbe poter trovare i fondi e i posti anche per queste persone, anche perché non si tratta di residenti in aree depresse del Paese. Anzi, per la maggior parte vivono tra Milano e Torino, due città in cui Fastweb ha una forte presenza. Per le famiglie di queste settanta due persone non resta che incrociare le dita e sperare, ma sicuramente è meglio avere uno spiraglio per i 72 licenziati di Fastweb.

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Fastweb, Di Maio ancora non si muove

Fastweb, Di Maio ancora non si muove. E nemmeno Matteo Melchiorri, il capo delle risorse umane di Fastweb (scusate Human Capital Officer), che pure per lavoro dovrebbe occuparsi di capitale umano, cioè di persone. Ma se da Giggino Di Maio ci si aspetta che non sappia dove mettere le mani, posto che conosca la situazione, non altrettanto ci si aspetta da uno come Matteo Melchiorri: è un grande manager, volto di un’azienda che si vende come moderna efficiente e in espansione con miliardi di euro di investimenti programmati. Non crediamo che uno come Melchiorri (e colleghi) non sappia trovare una soluzione alla crisi riguardante i 72 dipendenti reintegrati e ora costretti al trasferimento per conservare il posto di lavoro. Oggi riportiamo l’ennesimo appello, questa volta a parlare è Francesco, rivolto tanto al ministro del Lavoro quanto a un’azienda che non possiamo credere così fragile da essere messa in difficoltà da 72 stipendi. Per favore Fastweb, un passo indietro prima che sia troppo tardi.

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Appelli a Fastweb, Clemente: “Un passo indietro per favore”

Mentre il CEO di Fastweb in Italia Alberto Calcagno parla di 5 G e del piano di investimenti da 3 miliardi di euro su cui sta lavorando l’azienda, Fastweb non ha ancora compiuto un passo indietro. Ma un passo indietro è proprio quello che chiedono i dipendenti lasciati a casa e poi reintegrati dalla magistratura: Fastweb ha reagito all’imposizione delle toghe trasferendo tutti i reintegrati a Bari. Da Milano, dove in tanti erano arrivati proprio dal Sud per rifarsi una vita, a 900 chilometri di distanza. Se si è senza una famiglia è una scelta meno traumatica, ma quando si hanno figli, magari piccoli, è  già difficile cambiare quartiere. Fastweb però può decidere di tornare indietro, un piccolo passo per una società che spende miliardi per rimanere protagonista sul mercato. Oggi riportiamo l’appello di Clemente, una delle 72 persone il cui destino dipende dalla scelte di Calcagno. Uno dei tanti che stiamo riportando e che speriamo arrivino alle orecchie e al cuore dei dirigenti Fastweb come Calcagno.

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Fastweb, l’appello contro i licenziamenti continua

Continuano gli appelli dei lavoratori Fastweb contro la proposta dell’azienda di trasferire 72 persone a Bari. Per chi si è costruito una vita, magari provenendo proprio dal Sud, suono come una beffa essere costretti a ritornarci per non perdere il lavoro. Per chi invece ha da sempre radici sotto la Madonnina è impossibile lasciare tutto per andare a 900 chilometri di distanza. Insomma, sembrano licenziamenti mascherati. Intanto però Fastweb proprio a Milano ha lasciato migliaia di utenti senza internet in un giorno qualunque della settimana lavorativa. Nel nord di Milano in particolare le connessioni erano assenti. Eppure si pensa a licenziare. L’azienda non funziona, ma si manda a casa la forza lavoro. Sembra un controsenso. Perché invece Fastweb si decide a compiere un passo indietro? Sarebbe un grande passo avanti.  

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Per Fastweb e Di Maio un appello da Quarto Oggiaro

Per Fastweb e Di Maio un appello da Quarto Oggiaro: per favore ripensateci. Gli appelli all’azienda di telecomunicazioni e alla politica non cessano da parte di 72 lavoratori e delle loro famiglie: non vogliono essere trasferiti a Bari, uno spostamento che per loro equivale a un licenziamento e a un’allontanamento da tutta la loro vita. Un trauma anche economico a cui non possono sottoporsi perché spesso si tratta di situazione delicate. Lavorare a 900 chilometri di distanza non è uno scherzo quando si è giovani, quando si ha una famiglia si rischia di perderla. Ecco l’appello di Silvana a cui si spera che prestino orecchio sia Fastweb che Luigi Di Maio.

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Fastweb, per favore un passo indietro

Fastweb, per favore un passo indietro. L’appello dei 72 dipendenti Fastweb prosegue anche via Youtube sui giornali online, gli unici dove possa trovare agilmente spazio. Non vogliono smettere di lavorare: i dipendenti a cui l’azienda ha chiesto di trasferirsi a Bari non vogliono perdere il lavoro, ma neanche la loro vita. Il giudice gli ha dato ragione e Fastweb non può licenziarli, ma allo stesso tempo Fastweb può decidere di trasferirli a Bari, secondo un vecchio schema che spesso equivale a un licenziamento di fatto: non è infatti semplice per tutti lasciare casa, famiglia e affetti per andare a vivere a 900 chilometri di distanza. Specialmente per chi, come nel video che vi proponiamo oggi, ha già una volta compiuto il percorso in senso inverso. Arrivato a Milano, ha saputo costruirsi una vita all’ombra della Madonnina. Oggi, gli si prospetta di tornare in Meridione, perdendo tutto ciò che ha costruito. Forse Fastweb risponderà all’appello: per favore un passo indietro su una decisione che non può davvero essere determinante per un’azienda solida come questa.  

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