Nel 2025, a Roma, il tema dell’abitare non è più solo una questione sociale: è una vera e propria emergenza. La crisi abitativa che attraversa la Capitale è ormai strutturale e coinvolge migliaia di cittadini, in particolare coloro che si collocano nelle fasce di reddito medio-basso. L’accesso a una casa dignitosa è diventato sempre più difficile, sia in affitto che in acquisto. A pagarne il prezzo sono lavoratori precari, giovani, famiglie numerose, anziani, studenti fuorisede e migranti. Tutti accomunati da un’unica realtà: la casa sta diventando un lusso. Il mercato immobiliare romano è segnato da un paradosso evidente: altissima domanda, ma offerta scarsa e spesso inadatta. Il costo medio degli affitti ha superato ormai soglie insostenibili: per molti nuclei familiari, l’affitto mensile assorbe anche oltre la metà del reddito, in certi casi fino a due terzi. L’acquisto di una casa, invece, è un sogno irrealizzabile per chi non ha accesso a mutui agevolati o garanzie solide. In questo contesto, l’edilizia residenziale pubblica (ERP) dovrebbe rappresentare una via d’uscita. Ma la realtà è ben diversa: liste d’attesa interminabili, procedure burocratiche opache e lente, offerta largamente insufficiente rispetto al fabbisogno. E anche quando si riesce ad accedere a un alloggio popolare, si tratta spesso di case fatiscenti, localizzate in periferie scollegate, con servizi essenziali carenti e condizioni abitative minime. A peggiorare ulteriormente la situazione, contribuiscono due dinamiche ormai fuori controllo, la prima è la speculazione immobiliare, che continua a favorire chi acquista case non per viverci, ma per affittarle o rivenderle a prezzi gonfiati e la seconda è la trasformazione degli appartamenti in affitti brevi, pensati per il turismo (Airbnb e simili), che erode il mercato dell’affitto a lungo termine e contribuisce alla gentrificazione di interi quartieri popolari, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazione. A Trastevere, San Lorenzo, Testaccio, Pigneto e Monti, la metamorfosi è già in corso, molte famiglie residenti da generazioni sono spesso costrette ad andarsene, sostituite da flussi turistici temporanei. Trasformando Roma in una città vetrina, ma sempre meno vivibile per chi la abita davvero. Questa dinamica spietata genera un modello urbano basato sulla rendita, non sull’inclusione. Roma, così, si trasforma lentamente in una città dove chi non possiede è condannato a spostarsi sempre più ai margini. Dove il centro e i quartieri semicentrali si svuotano della loro identità popolare e si riempiono di appartamenti per turisti, studentati privati, residenze di lusso, mentre le classi medie e popolari si ritrovano relegate in zone sempre più lontane, scollegate e dimenticate. Le conseguenze sociali sono pesantissime con l’isolamento, il pendolarismo forzato, l’esclusione dai servizi, una frattura tra centro e periferia con tensioni abitative, e con l’aumento delle occupazioni. Il diritto alla casa non è un optional. È un diritto costituzionale e un diritto umano fondamentale, essenziale per la dignità, la sicurezza e l’inclusione sociale. Non avere un alloggio stabile significa non poter accedere pienamente al lavoro, allo studio e curare la propria salute. Significa vivere in una precarietà costante, che colpisce non solo chi è povero, ma anche chi è semplicemente “non ricco”. Da quanto sopra descritto, invece, si tende a colpevolizzare il cittadino: “devi guadagnare di più”, “spostati dove costa meno”, “adatta le tue aspettative”. Perciò è lo Stato, nelle sue varie articolazioni, Comune, Regione, Governo, a dover garantire le condizioni minime per un’esistenza dignitosa. La crisi abitativa non si risolve con bonus-tampone o bandi straordinari. Serve una politica strutturale e coordinata, che metta al centro la casa come bene comune e non come semplice asset finanziario. Alcune misure fondamentali del tipo di costruzioni e ristrutturazioni di alloggi pubblici e sociali, con tempi certi e standard dignitosi; il blocco e la regolamentazione degli affitti brevi, per restituire alloggi al mercato residenziale; gli sgravi ed incentivi per l’affitto calmierato; un censimento e un recupero del patrimonio immobiliare pubblico inutilizzato; uno snellimento delle procedure per l’accesso all’edilizia popolare ed infine, una presenza dei servizi nei quartieri periferici, per evitare ghettizzazione e abbandono. Inoltre, occorre, anche, un cambio culturale e tornare a considerare la casa non come merce, ma come spazio di vita, di relazione e di comunità. Nel 2025, Roma si trova di fronte ad un bivio: continuare a essere una città sempre più diseguale, che espelle chi non può pagare o ritrovare il senso della giustizia sociale attraverso politiche abitative serie, coraggiose ed inclusive. Non basta costruire nuovi grattacieli, studentati o boutique-hotel. Serve un piano concreto per garantire ad ogni cittadino il diritto di vivere dignitosamente nella propria città. Perché la casa non è solo un tetto, ma è il primo passo per costruire una Società più equa, solidale ed umana.
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