24 Agosto 2022

Rapinatore: datemi 5.000 euro per mantenere mio figlio

Era appena uscito dal carcere e quei soldi gli servivano per mantenere il figlio di 14 anni. Lo ha detto al direttore della filiale della banca popolare di Sondrio di via Farini, a Milano, quando gli ha chiesto cinquemila euro. Il direttore gliene ha dati tremila, spiegando di non poter prendere l’intera somma, e l’uomo, italiano e suoi 50 anni, se ne è andato afferrando anche una busta con delle monete per altri 54 euro. E’ accaduto ieri intorno alle 12.30: l’uomo, il volto coperto da una mascherina chirurgica, era entrato nella filiale dicendo di volere aprire un conto. Poi, una volta dentro l’ufficio del direttore, ha tirato fuori delle forbici e ha raccontato la sua storia, prima di fuggire lungo via Galli, in direzione via Valtellina. ANSA

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Né sindaco né parlamentare: la triste fine dell’eroico Albertini

Né sindaco né parlamentare: la triste fine dell’eroico Albertini. La politica meneghina è stata scossa da una piccola polemica per i giornali nazionali, ma grande per Milano e la sua civitas: Gabriele Albertini non sarà nelle liste di Azione. Carlo Calenda lo ha ignorato con i modi spicci che ne hanno delineato il personaggio politico: poche ruvide parole. Qualche articolo e poi via verso nuove battaglie su Twitter conscio come sempre di qualche limpida certezza ignota ai più. Ma a Milano ha sferrato un colpo al cuore pesante, almeno alla Milano che va completandosi con difficoltà dei palazzi scintillanti che oggi hanno ridefinito l’immagine della città: perché fu Albertini il primo a immaginare ciò che poi hanno portato avanti Letizia Moratti, Giuliano Pisapia e Giuseppe Sala. Tre sindaci che seguendo il solco tracciato da Albertini hanno costruito un esempio di “buon governo”, inteso come sapersi distinguere senza danneggiare il lavoro a favore dei cittadini. Ma il primo era stato lui. Infatti secondo molti era il vero candidato da opporre a Beppe Sala, ma dopo giorni e giorni di trattative Albertini non è riuscito a essere candidato. Persa quell’occasione poteva sembrare l’ennesimo pasticcio politico di Matteo Salvini, ma ora c’è un altro esempio pesante: Albertini viene scartato pure per il Parlamento. Uno dei pochissimi conosciuti in tutta la Regione non trova spazio nelle liste. E così né sindaco né parlamentare: la triste fine dell’eroico Albertini è una triste fine anche per un bel pezzo di politica milanese. Non è più il tempo degli uomini senza tessera. E il terzo polo milanese esisterà pure, ma è deboluccio: gli unici nomi considerati sono quelli degli ex Forza Italia. Gente di cui si vedrà il vero peso in termini di voti senza l’appoggio dell Grande Vecchio di Arcore. Alla fine Guido Della Frera ha dimostrato con la campagna per Luca Bernardo di poter raccogliere voti. Magari meno di Sala, ma comunque abbastanza. Ma niente, il restringimento della tavola imposto dalle riforme del Movimento Cinque Stelle hanno determinato un ritorno della politica perché per chi si tiene ai margini non c’è spazio. O si sollevano le bandiere, o si resta fuori dal giro. Persino se ha pensato e realizzato il rilancio di una città come Gabriele Albertini. Ma si consoli l’ex amministratore di condominio della città, insieme a lui ne usciranno altri e i posti di lavoro per i tecnici non mancano mai. Perché qualcuno poi il lavoro lo deve pure fare.

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Murale a Falcone e Borsellino vandalizzato: c’è ancora molto da fare

Murale a Falcone e Borsellino vandalizzato: c’è ancora molto da fare. E’ con grande sgomento, che si apprende che a Roma il murale dedicato alla memoria dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è stato imbrattato nelle scorse ore nei giardini di piazza Bologna. L’opera è stata vandalizzata da ignoti, macchiato di vernice rossa e scritte con spray nero contro l’Antimafia “l’Antimafia tortura” e “Alfredo libero, no al 41bis”. La cosa ancor più grave è che ad accompagnare lo scempio ci sia la firma della “A cerchiata” simbolo degli anarchici. Dice Stefano Paoloni, Segretario Generale del SAP: “E’ doloroso, non solo per noi, ma anche per i familiari di coloro che hanno immolato la propria vita nella ricerca della verità e della giustizia. Se ancora oggi, a trent’anni dalle stragi, accadono queste cose significa che c’è ancora molto da fare. – continua Paoloni – A questo punto sorge la necessità di ricominciare dalle scuole, dove la cultura della legalità deve Far parte dei programmi di insegnamento. Evidentemente, trascorsi trent’anni dalle strage di Capaci e via D’Amelio i giudici Falcone e Borsellino sono ancora scomodi, pertanto il solco da loro tracciato va fatto nostro e i valori tramandati non vanno dispersi. La legalità è un bene prezioso ed è alla base della ripresa economica”.

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