8 Marzo 2021

Discorso del Sindaco Sala alla comemorazione di Tognoli

Caro Carlo, siamo qui intorno a te con il cuore pieno di tristezza all’idea di non vederti più in questo palazzo che è stato il tuo palazzo. Vedi, mi rendo conto sempre di più che il sindaco di Milano è eletto in un certo momento, in una data precisa, ma poi è come se dovesse farsi eleggere ogni giorno del suo mandato. Non fanno sconti le Milanesi e i Milanesi. Non ritengono l’essere sindaco un diritto o un privilegio, anzi. Essere sindaco a Milano significa semplicemente essere al servizio della città. “Uno che c’è sempre”, dicevano di te i Milanesi ed è probabilmente uno dei più bei complimenti rivolti a un sindaco di Milano. Sì, Carlo, tu c’eri sempre per tutti. Per chi aveva bisogno, per chi era senza lavoro, per chi aveva un problema, per chi voleva creare qualcosa, per gli industriali, per i tranvieri, per gli artisti e i teatranti. C’eri sempre per tutti, con la tua conoscenza della città e con quella capacità tutta tua di far muovere la macchina del Comune agendo sui suoi interpreti e sui suoi meccanismi più umili e dunque più preziosi. Tu sei stato la dimostrazione di quanto si riesce a fare se mossi da un vero ed effettivo amore per Milano. La tua presenza è sempre stata caratterizzata da una doppia visione, che coniugava l’azione quotidiana a favore dei Milanesi e dei loro problemi con una prospettiva storica, politica e strategica della vicenda della città. Milano ha saputo rialzarsi sempre dalle sue crisi perché ha trovato sulla sua strada persone come Carlo Tognoli. Tu non solo hai soccorso ogni giorno i problemi dei tuoi cittadini, non solo hai dato coraggio alla città per uscire dagli anni di piombo: tu hai anche diretto la città su alcune scelte fondamentali per il suo futuro. Penso all’attenzione che hai sempre rivolto alla cultura, allo spettacolo, ai teatri della città. E anche il sistema dei trasporti e dei metrò ha avuto da te un impareggiabile impulso. Se posso, tra tutte le tue scelte politiche quella che mi colpisce di più è quella ambientale: un’attenzione per il clima e l’habitat della città laica, decisa, senza eccessi. La spinta sulla metanizzazione, l’attenzione al verde, la scelta dell’inedita chiusura del centro alle auto, sostenuta anche dal clamoroso risultato del referendum del 1985, sono atti politici, amministrativi che avevano in sé anche qualcosa di profetico. Questa spinta al futuro è ben riassunta anche dall’immagine del più giovane sindaco della storia di Milano in giro in bicicletta per la città. Oggi forse stiamo arrivando a una vera cultura dei milanesi in materia di mobilità dolce, tu l’avevi intuito e praticato molti anni fa. Questa ripresa della città ha dato vita a una fase di effervescenza che sembrava aver fatto perdere a Milano il senso del suo limite, non certamente a te, ma a tanti che hanno visto in uno sviluppo senza freni e senza attenzione all’equità sociale il senso della Milano di quel momento storico. E non furono sufficienti i richiami del cardinal Martini e di quanti intuirono che in questo sbilanciamento Milano (e con lei il Paese) rischiava di perdere molta della sua identità. Così sono arrivati i nuovi anni bui di Milano, che hanno investito la politica. Mi piace ricordare con quanta dignità hai difeso il tuo operato pretendendo e offrendo da subito la massima chiarezza sui tuoi comportamenti. Il tempo e la giustizia hanno poi chiarito quanto e come la tua condotta sia stata estranea a tanti esempi negativi. Quanta sofferenza, sia pur in una carriera politica che è continuata sugli scranni del parlamento e negli incarichi governativi, ti è costata l’eclissi del socialismo e del partito che l’ha rappresentato! E ancora oggi la nostra città fa fatica ad affrontare con obiettività l’eredità socialista nella sua storia. Quello che però è certo è che questa esperienza ha prodotto uomini come te, veri maestri politici della storia di Milano. Tutto questo non può essere annegato nella pura contrapposizione a favore o contro i destini dei singoli. Bisogna invece avere il coraggio di ripensare al socialismo, forse di ripensare il socialismo. Non per dividersi negli steccati del noto, ma per capire quanto questa esperienza possa costruire nuove alternative democratiche, nuove visioni, nuove opportunità di un futuro che sappia unire in sé equità, sviluppo e rispetto dell’ambiente. Io credo che questo possa essere il modo migliore per rendere omaggio a persone come te e al tuo grande contributo al futuro di Milano. Grazie, Carlo, per quello che hai fatto per la città. Grazie per la lezione di dignità e di coraggio che la tua vita continuerà a dare a tutti noi. Grazie perché il tuo ricordo non smetterà mai di insegnarci ad “Amare Milano”. Ciao

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L’hotel Michelangelo dona i giochi per il giardino dedicato ai bambini

Anche l’hotel Michelangelo del gruppo Finleonardo contribuirà alla riqualificazione di piazza Luigi di Savoia. Dopo aver messo a disposizione la struttura per ospitare malati covid e persone bisognose di isolamento durante la prima ondata della pandemia, la società in capo all’albergo ha deciso di donare i giochi che andranno ad allestire l’area dedicata ai più piccoli in corso di realizzazione sulla piazza antistante l’hotel. “Ringraziamo il Michelangelo per questo ulteriore atto di generosità nei confronti della città – ha dichiarato l’assessore all’Urbanistica e Verde Pierfrancesco Maran -. Vogliamo cambiare radicalmente il volto di piazza Luigi di Savoia, trasformandola da luogo di bivacco a zona sicura e protetta per tutti i bambini del quartiere. Vogliamo creare un luogo di alta qualità, che sia simbolo e tassello per il rilancio del quartiere, il cui perno è la Stazione Centrale”. La donazione comprende la fornitura e posa della pavimentazione antitrauma in gomma riciclata, di sei panchine in legno e di cinque giochi per bambini fino ai 12 anni: una piramide arrampicata con elemento centrale in legno, un’altalena con cesta inclusiva e struttura in legno naturale, un gioco di equilibrio in legno naturale, un gioco di attraversamento-agility in legno naturale, un bilico in legno massello da due posti. La realizzazione della nuova area dedicata ai bambini è frutto del percorso di ascolto e condivisione di “Cantiere Centrale” aperto dal Comune assieme a Grandi Stazioni Retail, alle associazioni e al Municipio 2. L’intervento è realizzato da Grandi Stazioni Retail e finanziato con 300mila euro di contributi aggiuntivi, così come previsto dalla convenzione per la realizzazione del Mercato Centrale negli spazi di piazza Quattro Novembre. I lavori sono in corso e termineranno in primavera.

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Nuova impennata Bitcoin

Nuova impennata Bitcoin. Da un paio di giorni sembra tornato il momento di un rally del Bitcoin. Un entusiasmo degli investitori che ha coinvolto tutte le altre crypto. L’Ether in particolare è arrivato quasi a 1,500 euro. Un bel balzo visto che era tornato a 1,200. Quanto durerò è sempre un mistero perché potrebbe toccare nuovi record nel momento in cui l’annuncio dell’intenzione di Netflix e altri colossi di investirci diventerà ufficiale e materiale. Oppure, come sempre, crollare di nuovo punendo l’avidità di milioni di speculatori del lunedì.

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Cosa abbiamo da festeggiare per l’8 marzo?

Cosa abbiamo da festeggiare per l’8 marzo? A porsi la domanda per prima è stata Deborah Giovanati in un’intervista a Carolina Pellegrini. I dati non sono i migliori possibili: le violenze sulle donne continuano. In tantissime parti del Paese le donne sono nelle stesse condizioni dell’800. Sottomesse dalla forza della Famiglia e dalla società che continua a vederle come incubatrici e come addette ai lavori di casa. Guadagnano meno, lavorano di più. Le donne sono prigioniere di blocchi sociali che ancora non le lasciano andare. Eppure qualcosa si muove. Il discorso pubblico ha compiuto passi da gigante negli ultimi anni e anche sui diritti si continua a procedere nella stessa direzione, magari a piccoli passi, ma si procede. L’Italia però ha ancora tanta strada davanti a sé perché i paesini alla Mulino Bianco che tanto piacciono alle pubblicità sono il principale ostacolo allo sviluppo sociale. In quegli 8mila comuni italiani almeno 7mila sono piccoli o piccolissimi, microcosmi da cui per vivere le donne dovrebbero fuggire. Perché nel paesini si conoscono tutti e difficilmente un poliziotto sposato applicherebbe davvero la legge contro il vicino di casa che ha tirato un ceffone alla moglie. Perché lì l’autorità è lui ed è un uomo sposato. Solidale con gli altri. In grandi città, dove il singolo poliziotto deve rispondere a una comunità più strutturata può succedere, ma l’agente infedele rischia moltissimo, perché socialmente non è il padrone del vapore. Allora forse per festeggiare al meglio i prossimi 8 marzo dovremmo abbandonare una certa idea di Italia, senza paura per i valori tradizionali. Perché a Sparta le donne erano le proprietarie di casa, per legge avevano il diritto di scegliere più amanti oltre al marito e godevano di tanti altri diritti di cui ancora oggi non c’è traccia. Eppure era Sparta, non Atene.

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Solo insieme alle donne l’uomo uscirà da questa notte oscura

Solo insieme alle donne l’uomo uscirà da questa notte oscura. L’ 8 marzo è la data dedicata alle donne, al loro festeggiamento. Sarebbe bello per le donne poter ringraziare , con cuore gioioso, di essere destinatarie della dedica di una giornata in cui esse sono festeggiate. Ma potrebbe essere solamente retorico, potrebbe essere un semplice ringraziamento fine a se stesso. E’ bello essere donne! Solo le donne possono esserne consapevoli pienamente! Quanta ricchezza reca con sé l’identità femminile, che trova il suo culmine nella maternità, che è il dono più prezioso che la vita ha fatto alle donne. La maternità delle donne non è solo quella di mettere al mondo la vita umana, che è l’atto creativo per eccellenza. La maternità delle donne – come è ben noto a tutti – rimanda al loro universo spirituale, umano, intellettuale e, soprattutto, alla sacralità della loro identità femminile. E’ su tale sacralità che vorrei soffermarmi , perché essa è spesso umiliata, derisa e, come la cronaca giornaliera attesta tragicamente, annientata con la violenza più efferata che, molto spesso, toglie loro la vita. Non bastano le manifestazioni con le scarpe rosse. Sembrano quasi deridere e banalizzare tale efferata violenza. Cambiamo percorso, Vi prego, care difenditrici delle donne! Il vero problema è l’assenza delle leggi che tutelino realmente le donne. Esiste un vuoto legislativo nei confronti delle donne, che concerne, non solo e prioritariamente, la propria sicurezza personale e, pertanto, la propria vita, ma la propria vita lavorativa, la propria vita di madre, la propria affermazione sociale, la propria dignità, tanto umiliata e ridicolizzata, in ogni ambito dell’esistenza. Festa delle donne? Cosa significa, allora, tale denominazione? Regalare un fiore alle donne in un preciso giorno dell’anno, ossia l’otto marzo, per caso? Sfugge, certo sfugge, che le donne hanno un’anima! E’ molto triste prendere atto che, ancor oggi, sfugga tale imprescindibile verità. Avere un’anima significa essere un soggetto che pensa, che osserva la vita e sente il suono delle sue magnifiche manifestazioni e ne vive le conseguenti emozioni, partecipando ad esse attivamente, come protagonista. E dico, con fermezza, anzi lo ribadisco, con maggior fermezza, come protagoniste! Sfugge, ancora oggi, bisogna amaramente riconoscerlo, se è vero che vogliamo operare una svolta radicale a favore dell’affermazione delle donne, che essere donna significa, inesorabilmente, essere un soggetto pensante e non un oggetto, con scarsa o senza capacità cognitiva. Ancor oggi, si verifica una strana verità, ossia che ad una donna si possa perdonare tutto, tranne di essere intelligente. E’ con questa verità assurda che bisogni fare i conti! E lo ribadisco e non smetto di ribadirlo, fino all’ossessione, fino a quando non entra nelle coscienze non solo degli uomini, ma anche di tante, troppe donne. Purtroppo anche di troppe donne, che non sono certamente innocenti creature. Anche ad esse è rivolto il presente messaggio! Le donne sono portatrici di ineffabile bellezza intellettiva. Da questa certezza indiscutibile occorre prendere le mosse, se veramente vogliamo operare quella svolta decisiva e rivoluzionaria a favore delle donne, perché esse divengano veramente protagoniste della vita e non vittime! Sono trascorsi secoli di storia, ma poco è cambiato a favore dell’affermazione del valore reale delle donne. Parole, tante parole e solo parole! Solo il riconoscimento del valore intellettivo delle donne, del loro valore intellettuale, del loro valore morale, umano, sociale, economico, spirituale e materno porterà definitivamente al capovolgimento della condizione femminile e renderà le donne partecipi e protagoniste della storia umana, sia sul versante della conoscenza scientifica, sia sul versante della vita economica, sia sul versante della vita sociale, della vita educativa, della vita giuridica, dell’umanizzazione di tutti quegli ambiti in cui domina la violenza e la barbarie, di cui non solo la donna è vittima, ma anche l’intera umanità. Il cammino della civiltà riparte dalla partecipazione, negli ambiti decisionali, delle donne innamorate della vita, della cultura umana, della pedagogia dell’amore, dell’umanizzazione della vita economica, che fa rivivere le terre depresse ed annienta tanta efferata violenza. Il cammino della civiltà che riparte dalle donne permetterà che esse acquisiscano quel potere decisionale per cui si possa seminare la cultura dell’amore, rendendo gli uomini meno avidi di potere, ma innamorati del potere della vita e dell’amore. Quest’uomo solitario, assiso sul trono del potere, tanto ambito, senza avere accanto a sé una donna, che gli additi i percorsi della vera emancipazione dell’esistenza, non potrà che sbagliare, perché avrà interpretato la vita solo attraverso i suoi occhi, le sue esigenze. Quest’uomo assiso sul trono del potere ha bisogno dello sguardo delle donne, degli occhi umanizzanti delle donne, ora più che mai, perché quest’uomo solitario assiso sul trono del potere ha fallito. E’ vero, ha fallito drammaticamente! Lo dimostra la devastazione creata dalla pandemia. La speranza che le donne nutrono è che possano sedere accanto agli uomini per determinare, con cuore e cultura materna, la ricostruzione dell’esistenza umana. Accogliamo, dunque, il pensiero ed il sorriso materno delle donne negli ambiti decisionali e ovunque palpita il bisogno di rinascere. Quel giorno in cui ciò si verificherà potrà essere definito “La Festa delle Donne”, in quanto le donne festeggeranno il proprio esserci negli ambiti in cui si decide il percorso della vita umana. di Biagio Maimone

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Tre punti sensati per rifondare la Polizia locale di Milano

Tre punti sensati per rifondare la Polizia locale di Milano. Negli ultimi anni, la polizia locale di Milano è stata sottoposta a una vera e propria “restaurazione”, nel senso storico del termine. Da moderni agenti della polizia locale, i Ghisa sono tornati a essere i vecchi vigili urbani degli anni ’70! Un percorso, quello della Giunta Sala, intriso di quella ideologia egualitaria, che considera tutti identici, con stessi diritti e doveri, indipendentemente dalle funzioni svolte che, per contratto, norme, e attività, sono diverse. Tutti impiegati comunali, per la gioia e il sollazzo di amministratori incompetenti e sindacati conniventi! Come si fa a non capire che un impiegato dell’anagrafe che lavora dalle 9 alle 16, sabati, domeniche e festivi esclusi, non fa le stesse cose di un “Ghisa”, comandato 24 ore su 24, sabati, domeniche e feste incluse? Come si fa a non comprendere che funzioni e responsabilità sono diverse e maggiori, disciplinarmente, amministrativamente e penalmente? Forse è proprio per questa concezione totalizzante e livellante delle funzioni, che i Ghisa, durante la prima fase della pandemia, sono stati costretti dall’assessore alla sicurezza Scavuzzo a “stare in panchina”, come gli altri dipendenti comunali. Tradotto in soldoni, obbligati a rimanere a casa in ferie forzate o in smartworking. Trasformando i poliziotti locali in dipendenti comunali, la Giunta Sala ha ridotto, nei fatti, la “potenza di fuoco dei Ghisa”, con ripercussioni che sono sotto gli occhi di tutti. Distrarre dai propri compiti istituzionali la polizia locale, limitarne le funzioni, non assumere nuovi operatori in numero congruo, non formare quelli in servizio, non dotarli di tutti gli strumenti di lavoro, diminuire drasticamente i servizi, diminuire gli investimenti sulla sicurezza, e molto altro ancora, ha contribuito con certezza matematica a rendere Milano meno sicura, meno attraente, meno inclusiva… Basti solo pensare che i pochi Ghisa assunti non hanno nemmeno il tesserino di riconoscimento. Un pezzo di carta plastificato. Questo è puro disinteresse verso chi lavora, sciatteria. Non si era mai vista una cosa del genere in quasi 170 anni di storia del Corpo! I risultati di queste scelte si sono riverberati negativamente su gran parte di quel personale che ha sempre dato più del dovuto e che, nato per fare uno specifico mestiere, si è trovato a farne un altro, con evidenti ricadute sulla motivazione. Se chiedete oggi a un qualsiasi agente della polizia locale di Milano cosa pensa del proprio lavoro, vi risponderà che ha perso la passione, che il Corpo al quale appartiene è appiattito, che non è governato da logiche meritocratiche, che da parte dell’attuale amministrazione non vi è alcuna attenzione nei confronti di chi lavora in strada e rischia salute e vita, se non quella di sfruttare la polizia locale quando si vuole fare propaganda politica. Come cambiare rotta? Indipendentemente dall’approvazione della legge chimera (quella di riforma delle Polizie locali), alla quale io stesso lavoro da anni in prima persona, tema che deve essere affrontato dal Governo in carica, proprio per eliminare equivoci e storture, su Milano provo ad anticipare tre azioni concrete che possono contribuire a migliorare l’assetto attuale del Corpo 1°) ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE DI INCHIESTA CONSIGLIARE che faccia il punto proprio sulla modifica dell’assetto della polizia locale di Milano, che verifichi le condizioni di lavoro alle quali è stato relegato il Corpo che, tempo addietro, era considerato il più efficiente d’Italia. Poi si deve fare luce su alcune vicende scottanti, perché da queste occorre ripartire per rifondare un Corpo che ha perso la guida e la visione del proprio operare. Si deve affrontare il tema degli scandali giudiziario mediatici che hanno coinvolto i Ghisa in questi ultimi due anni (quello del nucleo antidroga portato alla ribalta da un servizio delle IENE; quello del nucleo anticovid sorpreso a festeggiare senza mascherine e distanziamento, mentre i cittadini erano costretti in casa dagli obblighi determinati dai vari DPCM; quello dei sindacalisti che cancellavano multe agli amici degli amici; quello degli agenti che si davano alla fuga dopo avere investito un pedone con l’auto di servizio; quello dell’intervento anomalo del comandante della polizia locale nell’incidente mortale causato dalla figlia di due noti magistrati milanesi, etc.). Occorre anche che la commissione d’inchiesta apra uno specifico capitolo sul suicidio di quattro donne in divisa in meno di due anni, in questo caso avvalendosi di psicologi e sociologi, per provare a dare risposta nel merito del disagio evidente della categoria. Negare che esista un problema di disaffezione nell’appartenenza o di controllo della struttura, a mio modesto parere, è parte fondante della causa stessa. 2) SELEZIONARE UN NUOVO REPARTO INVESTIGATIVO INTERNO: in questi anni si è assistito troppe volte all’apertura di “indagini interne” da parte di agenti e ufficiali contro altri agenti e ufficiali, a volte condotte in modo cialtronesco e dilettantistico, su fatti spesso inesistenti o insussistenti, a volte motivati addirittura da rivalità politiche e sindacali, tanto da dare l’idea che alcune di queste “indagini” fossero state utilizzate per intimidire, per neutralizzare “avversari” o persone scomode, pertanto, come strumenti di repressione, di controllo. Il dubbio sovviene perché mentre si svolgevano indagini farsa contro i “nemici interni”, di contro, gli stessi “investigatori” parevano non accorgersi di nullafacenti travestiti da dirigenti sindacali che, sfrontati, impuniti, beandosi tronfi dei propri privilegi, commettevano le peggiori nefandezze, come cancellare multe agli amici o usare permessi per farsi gli affaracci propri! Occorre fare pulizia, eliminando queste pericolose deviazioni. Se all’interno del Corpo è giusto che ci sia un organismo che indaghi sugli eventuali comportamenti scorretti da parte degli operatori, una sezione investigativa interna, occorre che questa struttura garantisca però il principio che chi viene indagato deve avere la certezza che i colleghi che lo mettono sotto inchiesta siano i più capaci, i più neutrali, i più trasparenti possibili, e non i più sindacalizzati, i più raccomandati e i più inclini a fare favori ai potenti di turno. Rifondare l’investigativa interna è essenziale e non più procrastinabile. 3) ABOLIRE IL BADGE: nonostante la pervicacia dell’amministrazione Sala, la verità è che l’esperimento dell’adozione di questo sistema di controllo delle presenze è fallito

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