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Vandalismo politico a Roma e sgomberi a Milano: tra scritte anonime e tensioni istituzionali, la democrazia sotto assedio.

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Nella capitale, la sede di Forza Italia a Montesacro subisce il quarto attacco consecutivo, mentre a Milano lo sgombero del Leoncavallo scatena nuovi scontri. Dietro le quinte, DIGOS e servizi segreti in allerta: chi vuole davvero spezzare il confronto democratico? La scritta “Fuori i fascisti da Montesacro” imbrattata sulla facciata della sede di Forza Italia in via Adamello, nel III Municipio di Roma, è l’ultimo di una serie di attacchi che la segreteria romana ha definito “vili e codardi”. A rendere evidente la gravità del gesto è il fatto che si tratta del quarto episodio consecutivo con telecamere sfondate, bandiere strappate e decorazioni vandalizzate. “Questi gesti non ci intimidiranno”, ha dichiarato Luisa Regimenti. “Chi opera nell’oscurità ricordi che la libertà trionfa sempre”. La reazione non si limita alle dichiarazioni. La Digos romana ha aperto un’inchiesta, intensificando i controlli su ambienti anarchici e antagonisti del territorio. Ma l’intreccio con le tensioni nazionali è evidente: pochi giorni prima, a Milano, lo sgombero del centro sociale Leoncavallo, dopo oltre trent’anni di occupazione, ha fatto esplodere un clima politico già incandescente. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha definito lo sgombero “la fine di una lunga stagione di illegalità” e difeso la linea della “tolleranza zero” con le occupazioni abusive. Concetto rilanciato anche dalla premier Giorgia Meloni: “…in uno Stato di diritto non possono esistere zone franche…”. A Milano, però, il sindaco Giuseppe Sala ha replicato indignato: “…non sono stato avvisato, il Leoncavallo aveva un valore culturale…”, denunciando una gestione politica unilaterale della Prefettura.

Questa escalation, vandalismo politico a Roma e sgomberi forzati a Milano, assume contorni inquietanti. I servizi segreti interni (già SISDE oggi A.I.S.I.) sono chiamati a monitorare non solo i gruppi più radicali, ma anche possibili strategie orchestrate per minare la libertà di associazione e il confronto politico nelle sue forme più visibili. Il rischio è l’indebolimento delle istituzioni democratiche, sostituite con atti simbolici di intimidazione e sgombero. Nel contesto romano, la scritta non è una protesta sfrenata: è una sfida diretta all’identità stessa del partito. In parallelo, lo sgombero del Leoncavallo, storico centro alternativo, assume un valore simbolico: si inviano messaggi politici a tutta la galassia antagonista e con conseguenze concrete sul terreno dei conflitti urbani. Dichiarazioni provocatorie punteggiano il dibattito: Matteo Salvini ha parlato di “decenni di illegalità tollerata dalla sinistra”, citando il suo passato da frequentatore del centro. Dal fronte antagonista, l’occupazione vissuta come presidio culturale assume valore simbolico, mentre gli sgomberi diventano terreni di scontro tra legalità istituzionale e memoria politica. Un utente su Reddit osservava, con testo diverso, ma stesso spirito, che imbrattare un simbolo politico “non porta alcun vantaggio alla causa”, invitando piuttosto a cambiare le cose con azioni di massa concrete (si tratta di un sito web di social media/forum dove gli utenti possono pubblicare domande e risposte, discussioni, esperienze personali, e molto altro). Il cuore della provocazione resta la domanda: qual è il confine tra dissenso legittimo e delegittimazione politica? La Digos ha il compito di sorvegliare le scritte, i movimenti notturni, nonché le connessioni politiche tra gli atti. I servizi segreti, da parte loro, sono chiamati a vigilare su discorsi di tensione premeditata o strategie di destabilizzazione invisibile. E la politica? Qualunque sia l’ideologia di chi scrive, occorre chiedersi: si alimenta confronto o si agita caos? Questa non è cronaca, è un momento di riflessione su quanto fragili siano oggi i simboli, le sedi e le storie. Roma e Milano offrono due facce di un’Europa urbana spaccata, una città imbrattata e l’altra svuotata. Ed in mezzo, la Legge e la Politica rischiano di restare schiacciate tra vernice messa bene e quella colata male.

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