banner

Scontri a Milano: tensione nei pressi della Stazione Centrale, polemiche e accuse. Governo unito nella condanna, ma i sindacati gettano benzina sul fuoco.

Written by

È degenerata in violenza la manifestazione pro-Palestina tenutasi ieri nei pressi della stazione centrale di Milano. Un corteo partito con intenti dichiaratamente pacifici si è trasformato in una vera e propria guerriglia urbana. Il bilancio parla chiaro con oltre 10 manifestanti fermati, 60 agenti delle Forze dell’Ordine feriti, danni a infrastrutture pubbliche con pesanti disagi nel trasporto ferroviario e locale. Una scena che ha lasciato sgomento il Paese e scatenato immediate reazioni politiche. Le immagini di scontri e devastazioni sono rimbalzate sui media nazionali, suscitando la ferma condanna del premier Giorgia Meloni asserendo: “Quanto accaduto a Milano è indegno di un Paese civile. Nessuna causa giustifica la violenza. Mi aspetto una condanna unanime”. Il vicepremier Antonio Tajani ha parlato di “violenza deprecabile” e ha sottolineato che “strumentalizzare il conflitto in Medio Oriente per attaccare le istituzioni italiane è irresponsabile e pericoloso”. Anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha denunciato la “preparazione deliberata di un attacco contro la Polizia”, ipotizzando una regìa organizzata dietro i disordini. Il vicepremier Matteo Salvini è andato oltre, proponendo una misura drastica: “D’ora in poi chi organizza cortei dovrà versare una cauzione. Basta tollerare che pochi delinquenti mettano a ferro e fuoco le città”. Dalle prime ricostruzioni, pare che parte dei manifestanti più violenti sia riconducibile a realtà antagoniste ben note sul territorio milanese, in particolare al centro sociale Leoncavallo, da anni crocevia di frange estremiste ed incubatore di proteste radicalizzate. Peraltro, non è la prima volta che simili ambienti fungono da base logistica ed ideologica per manifestazioni sfociate in scontri con le Forze dell’Ordine. Il clima che si respira attorno a queste realtà è tutt’altro che pacifico, e spesso agisce da detonatore per tensioni premeditate. Anche il confronto con quanto avvenuto in altre città d’Italia negli ultimi giorni evidenzia il carattere eccezionalmente violento del caso milanese. A Roma, Bologna, Torino e Napoli, infatti, le manifestazioni pro-Palestina si sono svolte con toni accesi ma, salvo episodi isolati, senza degenerare in scontri organizzati. Anche nei casi di blocchi stradali e contestazioni pubbliche, il dialogo con le Forze dell’Ordine ha evitato l’escalation, dimostrando che è possibile manifestare senza trasformare le città in campi di battaglia. Milano, al contrario, è diventata il simbolo di un degrado militante che prende in ostaggio le piazze per obiettivi politici oscuri, ben lontani da qualunque istanza di solidarietà internazionale. Dal centrosinistra, la segretaria del PD Elly Schlein ha preso le distanze dalla violenza, dichiarando che “…i fatti di Milano sono gravi e mai giustificabili…”, ma le reazioni dell’opposizione non sono bastate a smorzare le polemiche, soprattutto dopo le dichiarazioni ambigue del Movimento 5 Stelle: “Noi stiamo dalla parte di chi è sceso in piazza”, ha dichiarato un esponente grillino, scatenando un’ondata di critiche. Nel caos del dibattito, emerge anche la posizione discutibile di alcuni sindacati, in particolare l’USB, che nelle ore successive agli scontri ha difeso i manifestanti, accusando il Governo di “repressione autoritaria”. Una presa di posizione che richiama vecchie retoriche e crea un clima pericolosamente simile a quello alimentato storicamente dai sindacati della cosiddetta “triplice”, oggi apparentemente più silenziosi, ma già pronti, secondo alcuni osservatori dell’Intelligence e della Digos, a cavalcare l’onda del dissenso per scopi politici. Le critiche verso l’esecutivo sembrano, infatti, più mirate a destabilizzare l’attuale maggioranza che a difendere i diritti concreti. In un momento in cui servirebbe responsabilità e moderazione, alcuni sindacati preferiscono gettare benzina sul fuoco. Secondo me, siamo lontani dall’essere un atto isolato e quello di Milano sembra inserirsi in una strategia più ampia di pressione contro il Governo, fatta di tensioni create ad arte, rivendicazioni pretestuose ed una narrazione tossica. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, pur vicino a certe istanze, ha preso le distanze dagli eccessi: “Il vandalismo non aiuta la causa palestinese e chi trasforma le piazze in teatri di scontro danneggia tutti”. Nel frattempo, i cittadini hanno pagato il prezzo più alto con i trasporti pubblici paralizzati, i treni in ritardo o cancellati ed una città nel caos. È il momento che Istituzioni, forze politiche e sociali, ma soprattutto i sindacati, facciano un passo indietro e restituiscano alla protesta il suo valore autentico, lontano da derive violente e strumentalizzazioni.

Comments are closed.